Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19723 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 19723 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA

sul ricorso 14834-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

ERCOLINO VINCENZO;
– intimato –

sul ricorso 18849-2007 proposto da:
ERCOLINO VINCENZO, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA BUCCARI 3, presso lo studio dell’avvocato ACONE

Data pubblicazione: 28/08/2013

MARIA TERESA, rappresentato e difeso dall’avvocato
ACONE MODESTINO giusta delega a margine;
-controrícorrente e ricorrente incidentale contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

avverso

la

sentenza

n.

Intimato

87/2006

della

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di SALERNO, depositata il
04/04/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/02/2013 dal Consigliere Dott. MARIO
CIGNA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale, assorbito il ricorso
incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
In seguito a p.v.c. della Polizia Tributaria 18-8-82 l’Agenzia delle Entrate di Avellino emetteva nei confronti
di Ercolino Vincenzo, esercente attività di costruzione edifici, avviso di rettifica ai fini IVA per l’anno 1997,
contestando, ai sensi dell’art. 51, comma 2, dpr 633/72, l’omessa fatturazione di operazioni attive per lire
2.647.439.734, pari agli accreditamenti bancari non giustificati, nonché l’omessa regolarizzazione di
operazioni di acquisto per lire 1.368.037.395, pari all’ammontare dei prelevamenti non giustificati;

La CTP di Avellino accoglieva il ricorso proposto dal contribuente avverso detto avviso, ritenendo l’indagine
carente di elementi probatori.
Con sentenza 87/4/06, depositata il 4-4-2006, la CTR di Napoli, sez. distaccata di Salerno, rigettava l’appello
dell’Ufficio; in particolare la CTR respingeva innanzitutto le eccezioni pregiudiziali riproposte dal
contribuente in secondo grado; nel merito, precisava, in primo luogo, che, ai fini dell’IVA, i risultati delle
verifiche dei conti bancari, non presenti nei libri contabili dell’imprenditore, costituivano una presunzione a
favore del fisco ed erano pertanto utilizzabili per la formazione del reddito, salvo prova contraria; ciò posto,
evidenziava tuttavia che nel pvc erano contenute diverse univoche dichiarazioni di soggetti che, essendo in
difficoltà finanziarie, avevano riferito di avere fatto ricorso ad Ercolino Vincenzo per prestiti senza interesse,
e che l’Ufficio non aveva verificato se questi “prestiti-debiti” erano effettivamente frutto dell’attività
imprenditoriale o costituivano operazioni non imponibili; riteneva, di conseguenza, che non vi fosse prova
dell’inerenza delle operazioni in questione all’attività imprenditoriale.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia, affidato ad un solo motivo; resisteva
con controricorso il contribuente, che presentava anche ricorso incidentale condizionato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico articolato motivo di ricorso principale l’Agenzia deduceva — ex artt. 360, comma 1, nn. 3,4,e 5, ed
art. 62, comma 1°, d.lgs 546/92- violazione e falsa applicazione degli artt. 51, comma 2° n. 2 dpr 633/1972,
2727 e 2728, comma 2°, cc e 115 cpc nonché omesso, insufficiente e contradditorio esame di fatti
controversi e decisivi della controversia; al riguardo sosteneva che la CTR, in sostanza, aveva ritenuto che,
per superare la presunzione di legge, fosse sufficiente addurre semplici giustificazioni verbali, non
suffragate da fatti ed elementi concreti; rilevava inoltre, che, in ogni modo, la CTR aveva omesso di
compiere qualsiasi valutazione (richiesta, invece, dall’Ufficio nell’appello) sulla intrinseca attendibilità delle
generiche ed inverosimili dichiarazioni in questione (le pretese operazioni di prestito sarebbero state
concluse a titolo fiduciario e senza interessi ed il contribuente avrebbe cumulato la veste di soggetto
finanziatore e soggetto finanziato), senza considerare che lo stesso contribuente nel rico o a va

determinava, di conseguenza, un maggior debito IVA di lire 568.132.000 ed irrogava le relative sanzioni.

ammesso la mancanza di “pertinenti prove concrete e materiali”; concludeva ponendo alla Corte il
seguente quesito: “se possa ritenersi superata la presunzione stabilita dall’art. 51, comma 2, dpr 633/72, e
se gravi conseguentemente sull’Ufficio l’onere di dimostrare l’imponibilità ai fini IVA delle operazioni
risultanti dai c/c bancari intestati al contribuente che non trovino corrispondenza nella contabilità
dell’impresa, nel caso in cui il contribuente adduca giustificazioni non supportate da elementi obiettivi e
faccia riferimento a generiche dichiarazioni dei terzi contraenti, anch’esse prive di riscontri probatori”.

cpc- violazione e falsa applicazione dell’art. 43 dpr 600/73 nonché omessa, insufficiente e contradditoria
motivazione su di un punto decisivo; al riguardo riproponeva la preliminare eccezione di nullità dell’avviso,
in quanto non sottoscritto dal titolare dell’Ufficio o da altro funzionario da questi precedentemente e
formalmente delegato; eccezione sulla quale la CTR, con motivazione apparente, aveva apoditticamente
affermato che l’accertamento era stato sottoscritto da funzionario munito di potere.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale condizionato il contribuente deduceva —ex artt. 360 nn. 3,4 e 5
cpc- violazione e falsa applicazione degli artt. 51, comma 2, n. 2, 52 e 63 dpr 600/73 nonché omessa,
insufficiente e contradditoria motivazione su di un punto decisivo; al riguardo riproponeva la preliminare
eccezione di illegittimità delle modalità attuate per l’acquisizione dei dati; eccezione sulla quale la CTR
aveva apoditticamente affermato che la G. di F. era stata autorizzata “da chi di dovere”, senza considerare
che nel caso era necessaria l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria.
Il motivo di ricorso principale è inammissibile sotto diversi profili.
In primo luogo, in quanto con lo stesso si denunziano contemporaneamente vizi di violazione di legge e vizi
motivazionali, senza però che il motivo medesimo si concluda con una pluralità di quesiti, ciascuno dei quali
contenga un rinvio all’altro, al fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto
di motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del fatto (conf. Cass. sez. unite 770/2009), e
senza che il dedotto vizio di motivazione si concluda con il necessario momento di sintesi (tra le tante, da
ultimo: Cass. 24255/2011 e Cass. 12248/2013.
Il motivo appare, inoltre, anche privo del necessario requisito dell’autosufficienza (art. 366, comma 1 n. 6
cpc), in quanto fondato sulla valutazione di alcune dichiarazioni, non riportate tuttavia nell’esposizione del
motivo medesimo.
Il motivo, per come riassunto nel formulato quesito di diritto, è, infine, inammissibile, in quanto con lo
stesso si cerca di censurare l’apprezzamento discrezionale del giudice di merito.
Nel caso di specie la CTR, invero, nel valutare la “prova contraria” addotta dal contribuente per supe
presunzione (in favore del Fisco) costituita -per l’IVA- dai risultati delle verifiche dei c/c bancari non pre

Con il primo motivo di ricorso incidentale condizionato il contribuente deduceva —ex artt. 360 nn. 3,4 e 5

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nei libri contabili dell’imprenditore, ha valutato le risultanze delle dichiarazioni rese da soggetti entrati per
difficoltà finanziarie in rapporti con Ercolino Vincenzo, ritenendo le stesse univoche e denotanti operazioni
non in collegamento con attività imprenditoriali.
Orbene, per costante e condiviso principio di questa Corte, non è consentito censurare la complessiva
valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa
una diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli

possono pertanto risolversi nella sollecitazione di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella
operata dal giudice di merito, o investire la ricostruzione della fattispecie concreta, o riflettere un
apprezzamento dei fatti e delle prove difforme da quello dato dal giudice di merito (in senso conf., tra le
tante, Cass. 7972/2007).
In conclusione, pertanto, va rigettato il ricorso principale.
Siffatto rigetto comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito quello incidentale; condanna l’Agenzia al pagamento
delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 10.000,00,
di cui euro 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma in data 28-2-2013 nella Camera di Consiglio della sez. tributaria.

accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito; le censure poste a fondamento del ricorso non

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