Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19719 del 03/10/2016

Cassazione civile sez. II, 03/10/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 03/10/2016), n.19719

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7159-2012 proposto da:

B.M., BR.EN., elettivamente domiciliati in ROMA,

P.ZZA CAPRANICA 78, presso lo studio dell’avvocato MAZZETTI

FEDERICO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

BONGIORNO GALLEGRA ANTONINO;

– ricorrenti –

contro

S.A., D.A., S.E., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268-A, presso lo studio

dell’avvocato ALESSIO PETRETTI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato RENATO MOTTOLA;

– controricorrenti –

e contro

BR.RE.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 88/2011 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 24/01/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2016 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;

udito l’Avvocato BONGIORNO GALLEGRA Antonino, difensore dei

ricorrenti che si riporta;

udito l’Avvocato MOTTOLA Renato, difensore dei resistenti che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del primo motivo e del

terzo, accoglimento del secondo motivo assorbito il quarto, il

quinto e il sesto motivo del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 Con separati atti notificati il 28 febbraio e 17 luglio 2000, Br.En. e B.M. convennero davanti al Tribunale di Chiavari i confinanti En. e St.Al. nonchè D.A. per far dichiarare l’inesistenza di una servitù di passaggio su un terreno d loro proprietà in (OMISSIS) e per ottenere l’arretramento di una baracca realizzata a distanza illegale dal confine.

I convenuti si opposero alla domanda chiedendo in via riconvenzionale l’accertamento della esistenza di una servitù di passaggio costituita per scrittura privata del 25.2.1982 e in subordine per usucapione ventennale. Analoga domanda riconvenzionale spiegarono in relazione alla costruzione della baracca a distanza illegale, richiamando altra scrittura del 27.3.1982.

I convenuti chiamarono in garanzia anche Br.Re..

2 Dopo avere disposto la riunione dei procedimenti il Tribunale di Chiavari con sentenza 18.7.2003, in ordine alla questione della inesistenza della servitù di passaggio rigettò la domanda della Br. e accolse quella del B.; rigettò altresì le domande riguardanti la violazione delle distanze ritenendo che i convenuti avevano acquistato la relativa servitù per intervenuta usucapione.

La Corte d’Appello di Genova, con sentenza 24.1.2011, in parziale riforma della sentenza di primo grado e in accoglimento dell’appello incidentale, ha accertato, per quanto interessa, che gli S. e la D. sono titolari della servitù di passaggio sui fondi Br. e B. e hanno diritto di tenere la baracca in prossimità del confine, in virtù di acquisti per usucapione.

3 Il B. e la Br. ricorrono per cassazione con sette motivi a cui resistono con controricorso En. e S.A. nonchè D.A..

Br.Re. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

I ricorrenti e i controricorrenti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 Con un primo motivo, si denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 nullità della sentenza per vizio di ultrapetizione (art. 112 c.p.c.), per avere la Corte d’Appello, a fronte di una domanda riconvenzionale di acquisto della servitù di passaggio per usucapione abbreviata ex art. 1159 bis c.c., dichiarato invece l’intervenuto acquisto in virtù di usucapione ordinaria ex art. 1158 c.c..

Il motivo è privo di fondamento.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte cui il Collegio intende dare continuità – la proprietà e gli altri diritti reali di godimento appartengono alla categoria dei c.d. diritti autodeterminati, individuati in base alla sola indicazione del loro contenuto, sicchè nelle relative azioni la “causa petendi” si identifica con il diritto e non con il titolo che ne costituisce la fonte; pertanto, una volta introdotto il giudizio per il riconoscimento dell’usucapione abbreviata di cui all’art. 1159-bis c.c., il giudice, ove ne sussistano i presupposti, può accogliere la domanda di usucapione ordinaria senza incorrere nel vizio di extrapetizione, nè tale domanda può ritenersi inammissibile ove sia proposta per la prima volta in grado di appello, se il decorso del più ampio termine sia stato oggetto di specifiche allegazioni e prove ufficialmente introdotte in causa (v. tra le varie, Sez. 2, Sentenza n. 12607 del 24/05/2010 Rv. 613297; v. altresì Sez. 2, Sentenza n. 11293 del 16/05/2007 Rv. 596689).

Sulla scorta di tale principio discende che nel caso di specie la Corte d’Appello non ha violato la norma dell’art. 112 c.p.c. perchè il decorso del termine più ampio era stato oggetto di specifiche allegazioni e prove ufficialmente introdotte in causa: la sentenza infatti riporta le dichiarazioni dei testi su un passaggio da epoca anteriore al 1980 avente ad oggetto lo sterrato corrispondente al tracciato della strada e sull’esistenza di una baracca realizzata da oltre venti anni (v. pagg. 5 e 6). Il rilievo dei ricorrenti sulla data di costruzione della strada (1982) indicata dagli originari convenuti non coglie pertanto nel segno avendo la Corte d’Appello dato atto, sulla scorta di quanto emerso dall’istruttoria, di una pratica di passaggio esercitata sul medesimo tracciato da epoca precedente (anteriore al 1980).

Del resto, come riporta la stessa sentenza impugnata a pag. 5, i capitoli di prova articolati dagli stessi attori tendevano a provare un mancato utilizzo della strada “fino al 1999”.

Circa la data di realizzazione della baracca, inoltre, la comparsa di costituzione indica il gennaio 1980 e dunque, la data coincide temporalmente col ventennio anteriore alla proposizione della domanda (28 febbraio 2000).

2. Col secondo motivo si deduce violazione degli artt. 115 116 e 184 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 nonchè violazione dell’art. 345 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: si sostiene che la Corte d’Appello, con l’ordinanza 19.1.2005 abbia errato nell’ammettere i capitoli di prova nn. 10,13 e 15 della memoria 29.3.2001 perchè articolati dopo la scadenza del termine decadenziale dell’art. 184 c.p.c. fissato dal giudice istruttore per il 3.3.2001, giusta ordinanza del 2.2.2001. Il termine ulteriore del 3.4.2001 era infatti previsto solo per le repliche. Rilevano che – contrariamente a quanto affermato dai convenuti – non si trattava di capitoli di prova contraria, ma di capitoli di prova diretta.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza. Qualora con il ricorso per cassazione venga censurata l’ammissione, da parte del giudice del merito, di una prova in seguito regolarmente espletata è necessario che il ricorrente indichi le ragioni del carattere decisivo di tale mezzo istruttorio in ordine alla risoluzione della controversia giacchè, per il principio di autosufficienza del ricorso, il controllo della decisività della prova che si assume illegittimamente ammessa ed assunta deve essere consentito alla Corte sulla base delle deduzioni contenute nell’atto impugnatorio, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative (Sez. 1, Sentenza n. 2201 del 31/01/2007 Rv. 594921; Sez. L, Sentenza n. 8998 del 03/07/2001 Rv. 547873).

Nel caso di specie, il ricorso non solo omette la trascrizione dei capitoli che si assumono relativi a prova diretta piuttosto che a prova contraria, ma tace del tutto anche sulla decisività degli stessi.

3-4-5 Col terzo motivo si deduce errata applicazione dell’art. 183 c.p.c. criticandosi il giudizio di tardività delle eccezioni di annullabilità delle scritture del (OMISSIS) stipulate dal tutore senza l’osservanza delle disposizioni di cui agli artt. 375 e 376 c.c. in relazione all’art. 377 c.c..

Col quarto motivo si deduce omessa applicazione dell’art. 1442 c.c., violazione degli artt. 112 e 329 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 rilevandosi che, in mancanza di specifico motivo di appello, si era ormai formato il giudicato sull’affermazione del giudice di primo grado circa la proponibilità ex art. 1442 c.c. dell’eccezione di annullabilità anche oltre il termine di prescrizione dell’azione in quanto proveniente dalla parte convenuta per l’esecuzione del contatto.

Col quinto motivo si denunzia omessa applicazione degli artt. 377 e 1442 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: la Corte d’Appello, in mancanza di appello incidentale sulla statuizione del primo giudice circa la proponibilità dell’eccezione ai sensi dell’art. 1442 c.c., avrebbe dovuto esaminarla ed accoglierla annullando conseguentemente le scritture private del (OMISSIS) con le quali il tutore aveva costituito servitù sui beni immobili della pupilla senza l’autorizzazione del giudice tutelare.

Le tre censure, per il comune riferimento alla validità degli atti costitutivi di servitù, possono essere esaminate simultaneamente e vanno dichiarate tutte inammissibili per difetto di interesse (art. 100 c.p.c.): la ratio principale e del tutto autonoma utilizzata dalla Corte d’Appello per giustificare l’accoglimento della tesi difensiva dei convenuti appellati sta nel riconoscimento di servitù costituita per usucapione, sia in merito al passaggio sia in merito al diritto di tenere la costruzione a distanza illegale (v. sentenza impugnata a pag. 6) e pertanto non si riesce a comprendere perchè mai i ricorrenti abbiano ancora a dolersi del mancato accoglimento della domanda di annullamento delle scritture private del (OMISSIS) che – lo si ripete – non hanno avuto peso nella soluzione della lite. Il silenzio assoluto del ricorso su tale peculiare aspetto rende inevitabile l’inammissibilità.

6-7. Col sesto motivo si deduce errata applicazione dell’art. 1158 c.c., omessa applicazione dell’art. 1061 cc e carenza di motivazione. Ancora, si lamenta omessa applicazione degli artt. 1165 e 2944 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Affermano i ricorrenti che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’Appello, i convenuti avevano opposto l’usucapione speciale di cui all’art. 1159 bis c.cv. come dimostra la tempistica tra la data di inizio del dedotto possesso della strada (1982) e la data delle domande introduttive (28.2.2000 per Br. e 17.7.2000 per B.). Contestano inoltre l’accertamento sulla data di inizio del possesso, perchè prima della costruzione della strada, vi era uno sterrato e quindi si sarebbe trattato di servitù non apparente. Inoltre, rilevano che solo dalla data della costituzione della servitù può decorrere il tempo necessario a prescrivere. Lo stesso discorso doveva valere anche per la installazione della baracca a distanza inferiore a quella legale. La Corte inoltre non avrebbe considerato che anche le trattative per comporre bonariamente una vertenza comportano l’interruzione della prescrizione soprattutto quando una parte rinunzia all’esercizio di un diritto.

Col settimo ed ultimo motivo si deduce infine motivazione insufficiente e contraddittoria in relazione alla presunta durata del possesso utile ai fini dell’usucapione. Violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

I ricorrenti contestano le conclusioni che la Corte d’Appello ha tratto dalle deposizioni dei testi sull’epoca di installazione della baracca e procedono ad analizzare le deposizioni dei testi Ro. e C.. Evidenziano poi l’omesso esame di una serie di elementi ai fini di una corretta decisione, rilevando che il mancato esame delle deposizioni e dei documenti nel loro complesso costituisce all’evidenza difetto di motivazione su un fatto controverso per il giudizio (la data di inizio del possesso utile all’usucapione).

I due motivi, ben suscettibili di esame congiunto, sono infondati.

Il comune riferimento al vizio di motivazione rende opportuno ricordare che secondo il costante orientamento di questa Corte, anche a sezioni unite – ed oggi ribadito – la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione (v. tra le tante, Sez. 3, Sentenza n. 17477 del 09/08/2007 Rv. 598953; Sez. U, Sentenza n. 13045 del 27/12/1997 Rv. 511208; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 91 del 07/01/2014 Rv. 629382).

Orbene, nel caso di specie, si è certamente fuori da tale ipotesi estrema. La Corte d’Appello (pagg. 5 e 6) ha accertato. (sulla scorta delle dichiarazioni dei testi) che l’esercizio del passaggio sul tracciato in contestazione risale ad epoca anteriore al 1980 e pertanto ha concluso affermando che il possesso risale ad epoca anteriore al ventennio antecedente l’introduzione del giudizio. Trattasi di tipico accertamento in fatto congruamente motivato sia sul dies a quo del possesso sia sull’apparenza della servitù, cioè sulle caratteristiche fisiche della sede di esercizio del transito (sterrato che corrispondeva al tracciato attuale della strada interpoderalels) e pertanto insindacabile in questa sede (v. sotto quest’ultimo profilo, tra le varie, Sez. 2, Sentenza n. 1043 del 25/01/2001 Rv. 543448).

Quanto alla baracca a distanza illegale, la Corte di merito ha altresì accertato l’esistenza della servitù, sempre per usucapione, fondando anche tale giudizio sulla deposizione dei testi di cui ha sintetizzato il contenuto (pagg. 5 e ss) precisando che la scrittura del (OMISSIS) non era idonea ad interromperne il corso dell’usucapione perchè con essa gli usucapienti non avevano affatto riconosciuto il diritto dei proprietari confinanti alla rimozione della baracca, mentre al contrario, Br.Re. aveva riconosciuto l’esistenza della baracca in prossimità del confine rinunciando a contestare la situazione di fatto St.Ag..

In conclusione, la d’Appello appare adeguata e priva di vizi logici e pertanto sottrae alla critica dei motivazione adottata dalla Corte e priva di vizi logici e pertanto si ricorrenti, che invece si risolve in una alternativa ricostruzione di risultanze processuali attraverso la proposizione di censure in fatto, spesso anche prive di autosufficienza (laddove si richiamano deposizioni e documenti neppure integralmente trascritti), in contrasto con la natura del giudizio di cassazione che – è bene precisarlo – non è un ennesimo giudizio di merito, ma un giudizio di legittimità a critica vincolata.

Il ricorso va pertanto respinto e i ricorrenti, per il principio della soccombenza, vanno condannati in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2016

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