Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19718 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 19718 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE ZANCHE CATERINA e DE ZANCHE ALESSANDRO

elettivamente domiciliati in Roma, viale Parioli n.43
presso lo studio dell’Avv.Francesco D’Ayala Valva dal
quale sono rappresentati e difesi.
– ricorrenti contro
Agenzia delle Entrate,in

persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via
dei Portoghesi n.12 è elettivamente domiciliata.
-controricorrente-

avverso la

sentenza n.38/34/06

della

Commissione

Data pubblicazione: 28/08/2013

Tributaria Regionale del Veneto, depositata in data
8.6.2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14.2.2013 dal Consigliere Dott.Roberta
Crucitti;
udito per i ricorrenti l’Avv.Francesco D’Ayala Valva;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott.Sergio Del Core, che ha concluso per
l’accoglimento del quinto motivo del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Gli odierni ricorrenti, unitamente alla loro dante
causa Tonolo Annamaria(successivamente deceduta),
presentavano distinti ricorsi avverso i provvedimenti
con i quali l’Ufficio di Padova aveva negato loro il
rimborso dell’IRPEF assertivamente versata in eccedenza
per l’anno 2000 relativamente alla plusvalenza
derivante dalla vendita di un terreno sito nel Comune
di Cadoneghe.
A sostegno dei ricorsi i contribuenti esponevano che il
terreno,

loro pervenuto per successione, alla data
non era suscettibile di

della successiva cessione

utilizzazione edificatoria in quanto l’approvazione e
l’esecuzione del Piano particolareggiato da parte del
Comune, quale strumento attuativo del P.R.G., erano
avvenute solo diverso tempo dopo la vendita del

2

1.

terreno, onde mancavano i presupposti di cui all’art.81
del TUIR.
La Commissione Tributaria Provinciale rigettava i
ricorsi.
Anche l’appello proposto dar De Zanche Caterina e De

di Tonolo Annamaria, veniva rigettato dalla Commissione
Tributaria Regionale del Veneto, con la sentenza
indicata in epigrafe.
In particolare, i Giudici territoriali ritenevano che
con

l’espressione

“terreni

suscettibili

di

utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti
urbanistici vigenti” l’art.81 del TUIR si riferisse a
strumenti urbanistici già completati con l’approvazione
regionale del Piano Regolatore adottato dal Comune, nel
senso che non era “sufficiente che i terreni di una
determinata zona siano inseriti in una variante che ne
preveda l’edificabilità, essendo necessario che l’iter
procedurale risulti concluso con l’approvazione del
piano urbanistico da parte della Regione”. Argomentava,
ancora la C.T.R. veneta che “da tale momento la zona
interessata assume il carattere della destinazione
edificatoria,

non essendo del resto prospettabils

in via normale l’ipotesi di una regressione della
medesima A*edificabile ad agricola.

3

Zanche Alessandro, in proprio e nella qualità di eredi

Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per
cassazione De Zanche Caterina e De Zanche Alessandro
affidandosi a sei motivi.
Ha resistito con controricorso Agenzia delle Entrate.
MOTIVI DELLA DECISIONE.

n.5

dell’art.360

c.p.c.,

contradditorietà

della

motivazione. In particolare, secondo la prospettazione
difensiva, la sentenza impugnata recherebbe una grave
contraddizione

nella

motivazione

in

punto

di

definizione del concetto di destinazione edificatoria
ai sensi dell’art.81 lett b. del d.pr. n.917/1986.
1.1. Il motivo è infondato.
Non si ravvisa, invero, alcuna contraddittorietà della
motivazione, laddove la decisione impugnata, seppur con
argomentazione involuta, ha statuito che la zona nella
quale erano compresi i terreni degli appellanti avesse
assunto il carattere della destinazione edificatoria,
non in base alla mera adozione della variante da parte
del Comune ma solo a seguito dell’approvazione della
stessa da parte della Regione (circostanza, questa,
realizzatasi, per come è pacifico, prima della cessione
del terreno de quo).
2.Con

il

dell’art.360

secondo
n.3

motivo

si
la

c.p.c.,

4

deduce,
violazione

ai

sensi

o

falsa

1.Con il primo motivo di ricorso si deduce, ai sensi

applicazione degli att.76 d.p.r. n.591/1973 e 81 comma
1 lett.b. d.p.r. n.917/1986 anche in relazione agli
artt.3 e 53 Cost. ed all’obbligo dell’interpretazione
cosiddetta adeguatrice nonché, in relazione agli
art.360 n. 3,4, e 5 c.p.c., omessa o insufficiente

Secondo la prospettazione difensiva la sentenza
impugnata violerebbe le norme indicate in rubrica, in
quanto la C.T.R., pur avendo riconosciuto la non
edificabilità del terreno avrebbe, comunque, ritenuto
che il procedimento di attribuzione della destinazione
edificatoria, non ancora concluso ed esperito,
attribuirebbe al terreno un maggior valore di mercato,
realizzando, così, la fattispecie impositiva.
3. Con il terzo motivo -rubricato

“violazione o falsa

applicazione degli artt.76 d.p.r. n.597/1973 e 81,
comma 1,1ett.b d.p.r. n.917/1986 anche in relazione
agli artt.3 e 53 Cost ed all’obbligo della
interpretazione cd adeguatrice nonché in relazione al
sopravvenuto art. 36, coma 2 d.l. n.223/2006
convertito

in

1.n.248/2006,

nient’affatto

di

interpretazione autentica, anche in relazione
all’art.1, coma 1 e 2 1.n.212/2000 ed all’obbligo
divenuto prassi costituzionale, di deroga espressa allo
statuto considerato il difetto del caso eccezionale e

5

motivazione su un punto decisivo della controversia.

della espressa autoqualificazione della norma come di
interpretazione autentica- e comunque la violazione del
principio secondo il quale, in mancanza di
edificabilità immediata ed effettiva, comunque, il
valore del cespite immobiliare deve essere determinato

caso di edificabilità tout court- in relazione
all’art.360 nn.3 e 5 c.p.c.- i ricorrenti deducono che
la Commissione avrebbe dovuto escludere, nella specie,
il presupposto dell’edificabilità o della destinazione
edificatoria, sopravvenuto solo anni dopo la cessione
del terreno e, per l’effetto, ritenuta l’insussistenza
di una plusvalenza tassabile e, comunque, la non
debenza dell’Irpef, ivi compresa quella versata in
acconto e in autotassazione dai contribuenti, avrebbe
dovuto riformare la sentenza dei primi Giudici,
annullare il diniego di rimborso e condannare l’Agenzia
delle Entrate alla restituzione di quanto ricevuto e
non dovuto, con interessi ed accessori come per legge.

Contestano, altresì, i ricorrenti che la sopravvenuta
disciplina di cui al richiamato art.36, comma 2,
– poSigg costituire norma di interpretazione autentica
ai fini reddituali e, tanto meno, ai fini della
tassazione della plusvalenza reddituale da cessione
immobiliare, e comunque per la mancanza di una

6

secondo un criterio differente da quello proprio del

specifica disciplina utile a far valere quel criterio
peculiare e “differente” di valutazione indispensabile
come ritenuto da questa stessa Corte con la sentenza a
S.U. 30.11.2006 n.25506.
4.Con il quarto motivo, formulato in via gradata,

del combinato disposto degli art.81 comma 1 lett b) del
TUIR e 36 comma 2 d.l. n.223/2006, in relazione agli
artt.3, 23 e 53 Cost.
5. I motivi, che possono essere trattati congiuntamente
attenendo alla medesima questione, sono infondati.
5.1.In fatto è pacifico che il terreno oggetto di
cessione, determinante la plusvalenza per cui è
controversia, già nell’anno 1995 era inserito nella
zona industriale, di cui alla variante di ampliamento,
approvata con proposta di modifica della Giunta
Regionale nel successivo anno 1997; mentre solo
successivamente alla data di vendita (avvenuta il
10.11.2000) e precisamente, con delibera del 3.6.2002,
la Giunta Comunale adottava il piano particolareggiato.
5.2. Per il d.p.r. n.917/1986, art.81, comma 1, lett.b)
“sono

redditi

diversi,

se

non

sono

conseguiti

nell’esercizio di arti e professioni o di imprese
commerciali o da società in nome collettivo e in
accomandita semplice, né in relazione alla qualità di

7

ricorrenti eccepiscono l’illegittimità costituzionale

lavoratore

dipendente_le

plusvalenze

realizzate

mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili
acquistati o costruiti da non più di cinque anni,
esclusi quelli acquisiti o costruiti da non più di
cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione o

maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o
la costruzione e la cessione sono state adibite ad
abitazione principale del cedente o dei suoi
familiari”. La legge 30.12.1991, n.413, art.11, comma
1, come noto, con la lettera f) ha aggiunto a tale
norma le seguenti parole “nonché in ogni caso le
plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo
oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione
edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti
al momento della cessione”.
5.2.Secondo la prospettazione difensiva, ribadita in
tutti i gradi del giudizio, la suscettibilità
edificatoria di cui alla norma si realizza solo nel
momento in cui il proprietario del terreno può ottenere
il rilascio della relativa concessione edilizia e,
comunque, “non fin tanto che il terreno non venga
compreso in un piano di attuazione particolareggiato di
attuazione ovvero in una valida convenzione di
lottizzazione predisposta dai Comuni”.

8

donazione e le unità immobiliari urbane che per la

5.3.Sennonché,

successivamente

al

deposito

della

sentenza oggi impugnata, il d.l. 4 luglio 2006 n.223
art.36, coma 2 (convertito in legge 4 agosto 2006
n.248) ha disposto: “ai fini dell’applicazione del
d.p.r. 26.10.1972 n.633, del d.p.r. 22 dicembre 1986

considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo
edificatorio

in base

allo

strumento urbanistico

generale adottato dal comune, indipendentemente
dall’approvazione della regione e dall’adozione di
strumenti attuativi del medesimo”.
In base a tale novella legislativa, le sezioni unite di
questa Corte dopo aver distinto lo ius edificandi (“non
si può costruire se prima non sono definite tutte le
procedure di riferimento”) dallo ius valutandi
può valutare un

( “si

suolo considerato a vocazione

edificatoria anche prima del completamento delle
relative procedure”) hanno statuito, con le sentenze
nn.22505 e 25506, depositate il 30.11.2006, concernenti
le imposte di registro e comunale sugli immobili che, a
seguito di tale norma “interpretativa” del d.p.r.
22.12.1986, n.917, ai fini fiscali “un’area è da
considerare fabbricabile se utilizzabile allo scopo
edificatorio in base allo strumento urbanistico
generale

adottato

Comune

dal

9

indipendentemente

n.917, e del d.lgs. 30.12.1992 n.504, un’area è da

dall’approvazione della Regione e dall’adozione degli
strumenti attuativi del medesimo” perché “già l’avvio
della procedura per la formazione del P.R.G. determina
un’impennata di valore, pur con tutti i necessari
distinguo riferiti alle zone ed alla necessità di

Si è, quindi, consolidato il principio secondo cui “in
tema di imposte sui redditi le plusvalenze realizzate
mediante cessione a titolo oneroso di terreni
suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli
strumenti urbanistici vigenti al momento della
cessione,

che

concorrono

a

formare

il

reddito

imponibile secondo il d.p.r. 22.12.1986 n.917, vanno
individuate sulla base dell’interpretazione fornita
dall’art.36

comma

2

del

d.l.

4.7.2006,

n.223.

convertito con modificazioni dalla legge 4.8.2006 n.248
secondo cui un’area è da considerare fabbricabile se
utilizzabile

a

scopo edificatorio

in base allo

strumento urbanistico generale adottato dal Comune,
indipendentemente dall’approvazione della Regione e
dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo (Cfr.
Cass.n.15282/2008 sopra riportata; id n.7329/2011).
5.3.Ciò appare sufficiente per il rigetto del secondo
motivo di ricorso essendosi la C.T.R., seppur con
motivazione in parte ermetica, mossa secondo tali linee

10

ulteriori passaggi procedurali” (così S.U. n.25505/06).

interpretative.
5.4.11

quadro

interpretazione

legislativo

e

la

giurisprudenziale,

susseguente
come

sopra

illustrata ed alla quale il Collegio ritiene di dare
continuità, palesa l’infondatezza anche del terzo

Ed invero -oltre a non essere condivisibile la lettura
fornita dal ricorrente del pronunciamento di questa
Corte a Sezioni Unite, il quale lungi dal dettare una
regola applicabile solo in materia di ICI afferma un
principio generale interpretativo della normativa di
riferimento con specifico riferimento anche al
T.U.I.R.- le ragioni esposte in seno al motivo non
appaiono, altresì, idonee a contrastare il
pronunciamento delle S.U. secondo cui la norma di
all’art.36,

comma 2 del d.l.

4.7.2006 n.223 è a

“carattere interpretativo” e, come tale suscettibile di
applicazione retroattiva; anche, quindi, al caso in
specie; carattere della norma in questione ribadito non
solo da questa Corte (Cass. n. 15282/08 cit.;
Cass.n.11217/07) ma anche dalla Corte Costituzionale
(ord.n.394/2008; nn.266 e 41/2008).
5.5.

Né,

infine,

ancora

si

apprezza

l’eccepita

incostituzionalità del combinato disposto delle norme
di riferimento (art.81 TUIR ed art.36 d.l. n.223/06)

11

motivo di ricorso.

cosiccome interpretate,

avendo la stessa Corte

Costituzionale reiteratemante dichiarato la manifesta
infondatezza delle questioni di legittimità
costituzionale dell’art.36 d.l. n.223/06 (ord.394/2008
cit.; ord.n.266 e 41/2008) affermando che “la

da strumenti urbanistici solo in itinere o ancora
inattuati, costituisce notoriamente un elemento
oggettivo idoneo ad influenzare il valore del terreno
e, pertanto, rappresenta un indice di capacità
contributiva adeguato, ai sensi dell’art.53 Cost in
quanto espressivo di una specifica posizione di
vantaggio economicamente rilevante”.
6. E’, invece, fondato il quinto motivo -rubricato
violazione o falsa applicazione dell’art.15 e 36 d.lgs.
n.546/1992 -error in procedendo e violazione del
principio di chiesto e pronunciato in relazione ad un
punto decisivo della controversia, qual è la domanda
subordinata di riforma della sentenza di primo grado e
di annullamento del diniego di rimborso con ricalcalo
dell’imposta dovuta.
Con tale mezzo i ricorrenti lamentano che la C.T.R.
veneta, pur avendo riconosciuto la sussistenza
dell’obbligo di ricalcolare la plusvalenza tassabile in
base al differenziale scaturito dal pronunciato della

12

potenzialità edificatoria dell’area, anche se prevista

Corte Costituzionale sull’art.82 T.U.I.R., abbiano del
tutto omesso in dispositivo l’esplicito accoglimento
della subordinata domanda di appello e di parziale
annullamento del diniego di rimborso impugnato dai
contribuenti.

Il principio secondo il quale la portata precettiva di
una pronunzia giurisdizionale va individuata tenendo
conto non soltanto del dispositivo, ma anche della
motivazione, trova applicazione soltanto quando il
dispositivo contenga comunque una pronuncia di
accertamento o di condanna e, in quanto di contenuto
precettivo indeterminato o incompleto, si presti ad
integrazione, ma non quando il dispositivo manchi del
tutto, giacché in tal caso ricorre un irrimediabile
vizio di omessa pronuncia su una domanda o un capo di
domanda denunciabile ai sensi dell’art. 112 cod. proc.
civ., non potendo la relativa decisione, con il
conseguente giudicato, desumersi da affermazioni
contenute nella sola parte motiva (orientamento
costante: tra le più recenti Cass.n.16152/2010; Ord n.
10747/2012).
6.2.Nella specie, a fronte della domanda subordinata
nel ricorso introduttivo e ribadita in appello (come
riportate in ossequio al principio di autosufficienza

13

6.1 Il motivo è fondato.

in ricorso), i Giudici di appello -pur riconoscendo la
fondatezza della domanda in motivazione statuendo
“l’obbligo a carico dell’Ufficio di

espressamente
ricalcolare

la

plusvalenza

corretta

facendo

applicazione della normativa di riferimento e cioè

sentenza n.328/2002 della Corte Costituzionale”dispositivo hanno così disposto:gconferma

in

la sentenza

impugnata, respinge l’appello del contribuenti”.
Appare, pertanto, palese, alla luce dei principi sopra
illustrati, il vizio di omessa pronuncia cui sono
incorsi i Giudici di appello i quali, coerentemente
alla

motivazione,

avrebbero

dovuto

accogliere

parzialmente l’appello e riformare la sentenza di primo
grado.
6.3.Su tale capo, pertanto, la sentenza impugnata va
cassata e va disposto il rinvio al Giudice del merito
affinché si pronunci sul motivo subordinato di riforma
della sentenza di primo grado sopra esposto.
7.L’accoglimento del quinto mezzo, con cassazione della
sentenza impugnata con rinvio, comporta l’assorbimento
del sesto motivo, con il quale si è dedotta un’erronea
regolamentazione delle

spese processuale,

dovendo

provvedere a ciò il Giudice del rinvio.
8. In conclusione, rigettati i primi quattro motivi,

14

dell’art.82, comma 2, TUIR, così come modificato dalla

accolto il quinto ed assorbito il sesto, la sentenza
impugnata va cassata con rinvio alla Commissione
Tributaria Regionale del Veneto, in diversa
composizione, la quale provvederà a pronunciare sul
motivo di appello subordinato indicato sub 6), oltre

P.Q.M.

La Corte, in accoglimento del quinto motivo di ricorso,
assorbito il sesto e rigettati gli altri, cassa la
sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla
Commissione Tributaria Regionale del Veneto in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, il 14.2.2013.

che al regolamento delle spese processuali.

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