Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19716 del 21/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/09/2020, (ud. 16/07/2020, dep. 21/09/2020), n.19716

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31184-2018 proposto da:

COMUNE DI ROCCAFORZATA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA ADRIANA 5, presso lo

studio dell’avvocato MARCO LEONI, rappresentato e difeso

dall’avvocato DARIO LUPO;

– ricorrente –

contro

D.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARIA LUCIA VENNERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 341/2018 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

Sezione distaccata di TARANTO, depositata il 26/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CIRILLO

FRANCESCO MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. D.S. convenne in giudizio il Comune di Roccaforzata, davanti al Tribunale di Taranto, chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni da lui patiti in conseguenza della sua caduta dalla moto, avvenuta a causa della presenza di un dosso rallentatore esistente su di una strada comunale, non segnalato, privo di manutenzione e più alto del dovuto.

Si costituì il Comune convenuto, contestando la ricostruzione dei fatti compiuta dall’attore e chiedendo il rigetto della domanda.

Espletata l’istruttoria con prova per interpello e per testi e svolgimento di una c.t.u., il Tribunale accolse la domanda ai sensi dell’art. 2051 c.c. e, riconosciuta l’integrale responsabilità del Comune nella determinazione del sinistro, lo condannò al risarcimento dei danni liquidati nella somma di Euro 138.962, oltre rivalutazione, interessi e con il carico delle spese di giudizio.

2. La pronuncia è stata appellata dal Comune soccombente e la Corte d’appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 26 luglio 2018, ha rigettato l’appello, ha confermato l’impugnata sentenza e ha condannato l’appellante alla rifusione delle ulteriori spese del grado.

Ha osservato la Corte di merito, richiamati alcuni principi giurisprudenziali sulla responsabilità di cui all’art. 2051 c.c., che il danneggiato aveva dimostrato l’esistenza del danno, il nesso di causalità e le condizioni di dissesto del bene demaniale, mentre il Comune non aveva provato l’esistenza del caso fortuito.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Lecce, s.d. Taranto, ricorre il Comune di Roccaforzata con atto affidato a due motivi.

Resiste D.S. con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli artt. 2043,2051 e 2697 c.c., dell’art. 115c.p.c., dell’art. 116c.p.c., comma 2, dell’art. 163c.p.c., n. 4) e dell’art. 183 c.p.c., nonchè mancato esame di circostanze decisive acquisite nel processo in contraddittorio delle parti.

Il ricorrente osserva che la sentenza non avrebbe tenuto in considerazione il materiale probatorio esistente; non sarebbe stato spiegato quale ruolo abbia avuto la circostanza per cui il dosso artificiale era stato in parte divelto, anche perchè, se esso era mancante in parte, non si comprende come il motociclista abbia potuto scontrarsi col dosso medesimo. I giudici, poi, non avrebbero in alcun modo esaminato le fotografie scattate sul luogo dell’incidente.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., per mancanza assoluta della motivazione in relazione a quasi tutte le censure poste con l’atto di appello.

Lamenta il ricorrente che la sentenza impugnata, a fronte di sei gruppi diversi di doglianze proposti con l’impugnazione, abbia risposto soltanto al primo motivo. La Corte di merito nulla avrebbe detto circa il percorso effettivamente seguito dalla moto della vittima, non avrebbe esaminato il comportamento dalla stessa tenuto anche ai fini di un eventuale concorso di colpa, nè avrebbe dato conto in alcun modo dei criteri seguiti per il risarcimento del danno. Sussisterebbe, perciò, un radicale vizio di omessa motivazione sull’intera controversia.

3. I motivi sono fondati nei sensi che si vanno ad indicare.

3.1. Rileva innanzitutto il Collegio che la costante giurisprudenza di questa Corte sull’art. 2051 c.c. cit. insegna che il danneggiato deve comunque dimostrare l’esistenza del fatto dannoso, il nesso di causalità e il danno, rimanendo a carico del custode l’obbligo di dimostrazione del fortuito.

Ciò premesso, giova ricordare che questa Corte, sottoponendo a revisione i principi sull’obbligo di obbligo di custodia, ha stabilito, con le ordinanze 1 febbraio 2018, nn. 2480, 2481, 2482 e 2483, che in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.. Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.

E’ stato anche chiarito nelle menzionate pronunce che l’espressione “fatto colposo” che compare nell’art. 1227 c.c. non va intesa come riferita all’elemento psicologico della colpa, che ha rilevanza esclusivamente ai fini di una affermazione di responsabilità, la quale presuppone l’imputabilità, ma deve intendersi come sinonimo di comportamento oggettivamente in contrasto con una regola di condotta, stabilita da norme positive e/o dettata dalla comune prudenza.

3.2. Nel caso in esame la Corte territoriale non ha fatto buon governo di tali principi.

La motivazione della sentenza, infatti, consta di una prima parte nella quale vengono richiamati (parzialmente e in modo incompleto) i principi enunciati da questa Corte in argomento, indicando quali fossero gli oneri probatori a carico delle rispettive parti. Dopo di che segue una brevissima motivazione, di poche righe, nella quale la Corte d’appello si limita ad osservare, senza ulteriori spiegazioni, che il danneggiato avrebbe assolto l’onere della prova su di lui gravante, mentre il Comune non avrebbe dimostrato l’esistenza del caso fortuito, specificando solo che il medesimo sarebbe incorso in una grave omissione nella manutenzione del bene demaniale. Dopo di che si passa alla liquidazione del danno.

Ora, pur essendo pacifico che il vizio di motivazione, alla luce del testo vigente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), è riconosciuto come motivo di ricorso per cassazione in termini assai più limitati che in passato, è pur vero che la motivazione non può risolversi in una serie stringata di affermazioni tautologiche (v. Sezioni Unite, sentenza 3 novembre 2016, n. 22232), com’è avvenuto nel caso di specie.

La Corte di merito, infatti, nonostante la specifica formulazione di articolate censure, da parte del Comune appellante, alla decisione del Tribunale, si è limitata a rispondere al solo primo motivo di appello, senza nulla dire degli altri; così facendo, peraltro, non ha ricostruito in alcun modo l’effettiva dinamica dell’incidente, anche alla luce dell’accertamento tecnico preventivo che era stato esperito, nè ha illustrato quale fosse lo stato dei luoghi; la sentenza nulla ha detto sul comportamento della vittima, anche in ordine alla velocità tenuta, rilevante eventualmente ai fini dell’art. 1227 c.c., come dalla suindicata giurisprudenza. La motivazione, che non riporta nemmeno la valutazione della prova orale espletata, si risolve, in definitiva, in un’affermazione del tutto indimostrata e puramente assertiva, tale da dover essere considerata come affatto inesistente e da imporre, di conseguenza, un nuovo esame del merito in sede di rinvio.

4. Il ricorso, pertanto, è accolto e la sentenza impugnata è cassata.

Il giudizio è rinviato alla Corte d’appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione personale, affinchè proceda ad un effettivo esame dei motivi d’appello, del tutto trascurati nell’impugnata sentenza, alla luce della giurisprudenza indicata nella presente motivazione.

Al giudice di rinvio è rimesso anche il compito della liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione personale, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 16 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2020

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