Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19711 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 19711 Anno 2013
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: GRECO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SATTARI SALU4 e CHEN QUIAOSHWG, rappresentati e difesi dall’avv.

Eugenio Pietro Barlassina e dall’avv. Guido Ferdinando Ceserani
ed elettivamente domiciliati in Roma presso l’avv. Pietro Mórrone
in piazza Bainsizza n. 10;

ricorrenti

contro
AGZIA DELLE ENTRATE,

in persona del Direttore pro

tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
presso la quale è domiciliata in Roma in via dei Portoghesi n.
12;

controricorrente

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
della Lombardia n. 125/40/05, depositata il 2 dicembre 2005;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza dell’8 febbraio 2013 dal Relatore Cons. Antonio Greco;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Tommaso Basile, che ha concluso per
l’inammissibilità ed in subordine per il rigetto del ricorso.

mulnamm DEL PRCCESSO

Data pubblicazione: 28/08/2013

Imposte dirette dichiarazione
congiunta
dei
coniugi – cartella
di pagamento

Salita Sattari e Chen Cuiaosheng, coniugi, propongono
ricorso per cassazione, affidato ad un unico complesso motivo,
nei confronti della sentenza della Commissione tributaria
regionale della Lombardia che, accogliendo l’appello dell’Agenzia
delle entrate, ha dichiarato inammissibile il ricorso
introduttivo dei contribuenti avverso le cartelle di pagamento
conseguenti ad un avviso di accertamento relativo ad IRPEF per
l’anno 1996, in quanto, essendo divenuto tale ultimo atto
potuto essere impugnati solo per vizi propri, ipotesi non
ricorrente nella specie.
Inoltre, secondo il giudice d’appello, la motivazione a
sostegno del parziale accoglimento del ricorso addotta in primo
grado – secondo cui “si deve pertanto ritenere che una condotta
più avveduta della stessa originaria difesa del ricorrente
avrebbe probabilmente portato all’impugnazione dell’atto
fondamentale riguardante la stessa pretesa tributaria e che, in
definitiva si possa riconoscere al sig. Sattari il beneficio
della buona fede ed una certa dose di sfortuna” – si appalesava,
oltre che apodittica e infondata, priva di ogni giuridica
rilevanza.
L’Agenzia delle entrate non ha svolto attività difensiva
nella presente sede.
MOTIVI DEMIADECISIME

Con l’unico, complesso motivo i ricorrenti, denunciando
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 17 della legge 13
aprile 1977, n. 114, degli artt. 2, 23, 53 e 97 Cost., e degli
artt. 7 e 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212, assumono che
“l’ufficio, dopo aver accertato un reddito diverso e maggiore
rispetto a quello dichiarato dagli odierni ricorrenti, provvedeva
a notificare congiuntamente al signor Sattari ed alla signora
Chen avviso di accertamento n.R1S1000299” diretto al recupero del
maggior reddito, sulla base del quale venivano calcolate, in
oltre euro 37.000, le sanzioni complessivamente applicate ai due
contribuenti, aveva notificato ad essi coniugi due distinte
cartelle di pagamento, con le quali ingiungeva a ciascuno di essi
il versamento di un importo pari alle maggiori imposte dovute,
nonché alle dette sanzioni pecuniarie, con interessi, per un

definitivo per mancata impugnazione, ruolo e cartelle avrebbero

nENTF. DA REGISTRAZIONE
í,E.NS’i DEL D.P….2.119*6

N.131TAB.ALL. S.- N.5
MATE.RIA TRIBUTAVA
totale di euro 86.758,78 pro capite, duplicando così l’importo
complessivamente dovuto, laddove avrebbe dovuto ingiungere il
pagamento della somma indicata in via solidale ad entrambi i
coniugi. Il giudice d’appello aveva perciò violato il principio
di solidarietà fissato dalla prima norma in rubrica, quelli di
Chiarezza, buona fede e correttezza fissati dallo statuto del
contribuente, nonché le norme costituzionali indicate, non avendo
rilevato, anche d’ufficio, la nullità da cui erano affetti i due
atti impugnati, atteso che “la definitività dell’accertamento è

subordinata per legge all’esaurimento dei mezzi di tutela
giurisdizionale”.
Il motivo va disatteso.
Il giudice di merito ha infatti dichiarato inammissibile il
ricorso introduttivo in quanto, “stante l’intervenuta
definitività dell’accertamento_ per mancata impugnazione e stante
che ruolo e cartelle di pagamento possono essere impugnati solo
per vizi propri, ipotesi nel caso in esame non ricorrente né
comunque dedotta in causa”, sicché non poteva essere posto in
discussione, con l’impugnazione delle cartelle l’an ed il quantum
della pretesa impositiva.
A fronte di tale affermazione i contribuenti pongono
nondimeno in discussione la definitività dell’accertamento, pur
non contestando la sua mancata impugnazione, e svolgono censure,
pervero non del tutto perspicue, prive di specificità e di
autosufficienza, anche in ordine al quantum del tributo e delle
sanzioni.
Il ricorso va pertanto rigettato.
La peculiarità della vicenda processuale consente di
dichiarare compensate fra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.

DEPOSMATIDUCANCELLERA

2. 8 A60. 2013

La Corte rigetta il ricorso.
Dichiara compensate fra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in Roma 1’8 febbraio 2013.

Il riutzio
Marcii

OONA

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