Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19711 del 08/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 08/08/2017, (ud. 06/06/2017, dep.08/08/2017),  n. 19711

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8035/2016 proposto da:

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA A FAVORE DEI DOTTORI

COMMERCIALISTI (CNPADC), in persona del Presidente, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 47, presso lo studio

dell’avvocato ANGELO PANDOLFO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato SILVIA LUCANTONI;

– ricorrente –

contro

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RICASOLI 7,

presso lo studio dell’avvocato EMANUELE RICCI, rappresentato e

difeso dagli avv.ti ANNA CAMPILI E FRANCESCO PAOLO RAGOZZINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 669/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/06/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza del 23 marzo 2015, la Corte di Appello di Napoli confermava la decisione del primo giudice di accoglimento della domanda proposta da G.G. nei confronti della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei dottori commercialisti (d’ora in avanti, Cassa) e dichiarava la illegittimità delle trattenute operate sulla pensione del ricorrente dalla Cassa condannandola al pagamento delle somme trattenute a titolo di contributo di solidarietà dal 1.1.2004 oltre accessori;

che per la cassazione di tale decisione propone ricorso la Cassa affidato a sei motivi cui resiste il G. con controricorso;

che è stata depositata la proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il G. ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., in cui si insiste per la condanna della ricorrente Cassa alle spese di lite; che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il presente ricorso è di contenuto analogo ad altro già deciso da questa Corte con sentenza n. 12338 del 15 giugno 2016 di rigetto e sulla scorta di principi di diritto cui il si ritiene di dare continuità non essendo stati prospettati argomenti diversi e di gravità tale da esonerare il Collegio dal dovere di fedeltà ai propri precedenti, sul quale si fonda, per larga parte, l’assolvimento della funzione, di rilevanza costituzionale, di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge;

che in questa sede, va richiamata, quindi, la motivazione della menzionata pronuncia n. 12338/2016 che, come la presente causa, concerne il contributo di solidarietà relativo al periodo 2009 -2013;

che in detto precedente i primi cinque motivi del ricorso sono stati ritenuti infondati sulla scorta del rilievo che il principio già affermato secondo cui “una volta maturato il diritto alla pensione d’anzianità, l’ente previdenziale debitore non può con atto unilaterale, regolamentare o negoziale, ridurne l’importo, tanto meno adducendo generiche ragioni finanziarie, poichè ciò lederebbe l’affidamento del pensionato, tutelato dal capoverso dell’art. 3 Cost., nella consistenza economica del proprio diritto soggettivo” (cfr., fra le molte, Cass. n. 11792/2005; n. 25029/2009; n. 25212/2009; n. 20235/2010; n. 8847/2011; n. 13067/2012; n. 13141/2014)” al quale si era sostanzialmente attenuta la Corte di Appello non risultava intaccato dallo ius superveniens, di cui alla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 763, siccome modificativo e non interpretativo della normativa precedente e, in quanto tale, non invocabile in relazione a provvedimenti che, come quello per cui è causa, hanno inciso su pensioni già in essere al momento della loro emanazione; con la conseguenza che la previsione ivi contenuta non sta ad indicare che tali atti, sol perchè già adottati, siano legittimi, ma si limita a garantirne la perdurante efficacia anche alla luce delle modificazioni intervenute, sempre che gli stessi siano stati assunti nei rispetto della legge; il che, quanto al caso di specie, deve essere escluso, poichè la L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3,comma 12, permette agli enti previdenziali privatizzati attraverso la variazione delle aliquote contributive, la riparametrazione dei coefficienti di rendimento e di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico – di variare gli elementi costitutivi del rapporto obbligatorio che li lega agli assicurati, ma non consente agli stessi di sottrarsi in parte all’adempimento, riducendo l’ammontare delle prestazioni attraverso l’imposizione di contributi di solidarietà;

che, pertanto la “salvezza” degli atti e delle deliberazioni già adottati, disposta dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, riguarda il primo genere di provvedimenti, specificamente ed eventualmente diffotini da quelli previsti dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, ma non sana gli atti di riduzione delle prestazioni;

che il quadro normativo come ricostruito, ostativo all’imposizione di un contributo forzoso di solidarietà sulle pensioni, non si pone in contrasto, contrariamente a quanto eccepito dalla Cassa, con l’art. 38 Cost., comma 2, perchè gli enti previdenziali privatizzati possono mettere in atto, come già detto, le più opportune iniziative per assicurare nel tempo la tutela previdenziale/pensionistica degli iscritti, con la salvaguardia però dell’integrità delle pensioni già maturate e liquidate;

che, con riguardo al sesto motivo del ricorso all’esame, con il quale si deduce, in subordine, la violazione della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 763, ultimo periodo, (legge finanziaria 2007) e della L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 488, lo stesso è infondato essendo stato chiarito come il detto la L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488, – che pone come condizione di legittimità degli atti e delle deliberazioni, adottati dagli enti di cui alla L. n. 296 del 2006, art. 1,comma 763, che essi siano “finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo temine” – non ha rilievo nel presente caso in quanto il contributo in esame è privo di tale carattere proprio perchè “straordinario” e limitato nel tempo (Cass. n. 12338/2016 cit.);

che, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1;

che, per completezza, va rilevata la inammissibilità della domanda di risarcimento danni ex art. 96 c.p.c., proposta dal contro ricorrente solo nella memoria ex art. 380 bis c.p.c., e non nel controricorso (per tutte: Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 20914 del 11/10/2011);

che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura di cui al dispositivo con attribuzione all’avv. Anna Campili per dichiarato anticipo fattone;

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi);

PQM

 

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2.700,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%, con attribuzione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2017

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