Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1971 del 29/01/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 1971 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 29099-2007 proposto da:
SALE ESTER SERENA SI,ASNS78C63G064F, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA CI LIMONTANA 38, presso lo studio
dell’avvocato PANARITI BENITO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato CAVERA DIEGO giusta procura in atti;
– ricorrente contro
DAMI DEBLA DMADBL55A52E451D, L.A.I.P. S.R.L.
00402670483 (già LAVORAZIONI ACCIAI INOSSIDABILI DI
BECHERI CECCHI & C. S.N.C.) in persona del legale rappresentante (
pro tempore Sig. MAURO ALHERO BECHERI, elettivamente

Data pubblicazione: 29/01/2014

domiciliate in ROMA, VIA G. D’AREZZO 32, presso lo studio
dell’avvocato MUNGARI MATTEO, rappresentate e difese
dall’avvocato ZANASI LUCA giusta procura in atti;

– controrkorrenti –

GENERALI ASSICURAZIONI S.P.A.;

– intimata avverso la sentenza n. 376/2007 del TRIBUNALE di PRATO,
depositata il 07/05/2007, R.G.N. 440/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
06/11/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito l’Avvocato PROVVIDENZA ORNELLA PISA per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
COSTANTINO FUCCI che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Sale Serena Ester proponeva appello avverso la sentenza del 17 luglio
2003 con cui, in relazione alla domanda da lei proposta e volta ad
ottenere, “su basi concorsuali”, il risarcimento dei danni subiti nel
sinistro stradale avvenuto il 31 agosto 1998 tra la Fiat Punto di sua
proprietà e da lei condotta e la Rover 600 di proprietà della
Lavorazioni Acciai Inossidabili di Becheri Cecchi & C. s.n.c., condotta
da Dami Debla e assicurata dalle Generali Assicurazioni S.p.a., il
Giudice di Pace di Prato aveva attribuito la causazione del sinistro per
il 65% alla Sale e per il 35% alla Dami ed aveva condannato le
convenute, in solido tra loro, al pagamento, in favore dell’attrice,
dell’importo di €: 5.422,61, oltre interessi legali, e delle spese di lite.

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nonchè contro

All’impugnazione resistevano le società appellate che proponevano, a
loro volta, appello incidentale; si costituiva anche la Dami, aderendo
alle contestazione e alle richieste delle predette società.
Il Tribunale di Prato, con sentenza del 7 maggio 2007, accoglieva
l’appello incidentale e, per l’effetto, dichiarava che la Dami non era

alla società assicuratrice la somma versatale in esecuzione della
sentenza di primo grado, oltre gli interessi legali dal giorno
dell’avvenuto pagamento alla restituzione, e regolava le spese del
doppio grado di giudizio.
Avverso la sentenza del Tribunale la Sale ha proposto ricorso per
cassazione sulla base di tre motivi.
Hanno resistito con un unico controricorso la L.A.I.P. S.r.l. (già
Lavorazioni Acciai Inossidabili di Becheri Cecchi & C. s.n.c.) e Dami
Debla.
L’intimata società assicuratrice non ha svolto attività difensiva in
questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Al ricorso in esame si applica il disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c. inserito nel codice di rito dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed
abrogato dall’art. 47, comma 1, lett. d) della legge 18 giugno 2009, n.
69 – in considerazione della data di pubblicazione della sentenza
impugnata (7 maggio 2007).
1.1. Questa Corte ha in più occasioni chiarito che nei casi previsti
dall’art. 360, primo comma, nn. 1, 2, 3 e 4, c.p.c. “i quesiti di diritto
imposti dall’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n.
40, art. 6, comma 1, secondo una prospettiva volta a riaffermare la
cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di
soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite
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responsabile del sinistro in questione e condannava la Sale a restituire

diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo
stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto
applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica
della Corte di Cassazione, il cui rafforzamento è alla base della nuova
normativa secondo N’esplicito intento evidenziato dal legislatore

pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico
e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti,
inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di
legittimità” (v. Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass. 9 maggio
2008, n. 11535; Cass., sez. un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., sez.
un., 29 ottobre 2007, n. 22640; Cass., sez. un., 21 giugno 2007, n.
14385).
Pertanto, affermano le Sezioni Unite di questa Corte che,
“travalicando” “la funzione nomofilattica demandata al giudice di
legittimità” “la risoluzione della singola controversia, il legislatore ha
inteso porre a carico del ricorrente l’onere imprescindibile di
collaborare ad essa mediante l’individuazione del detto punto di
congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del
più generale principio giuridico, alla quale il quesito è funzionale,
diversamente risultando carente in uno dei suoi elementi costitutivi la
stessa devoluzione della controversia ad un giudice di legittimità:
donde la comminata inammissibilità del motivo di ricorso che non si
concluda con il quesito di diritto o che questo formuli in difformità dai
criteri informatori della norma. Incontroverso che il quesito di diritto
non possa essere desunto per implicito dalle argomentazioni a
sostegno della censura, ma debba essere esplicitamente formulato,
nell’elaborazione dei canoni di redazione di esso la giurisprudenza di
questa Suprema Corte è, pertanto, ormai chiaramente orientata nel
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all’art. 1 della Legge Delega 14.5.2005, n. 80; i quesiti costituiscono,

ritenere che ognuno dei quesiti formulati per ciascun motivo di ricorso
debba consentire l’individuazione tanto del principio di diritto che è
alla base del provvedimento impugnato, quanto, correlativamente, del
principio di diritto, diverso dal precedente, la cui auspicata
applicazione ad opera della Corte medesima possa condurre ad una

giudice di legittimità debba poter comprendere, dalla lettura del solo
quesito inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di
diritto asseritamente compiuto dal giudice e quale sia, secondo la
prospettazione del ricorrente, la diversa regola da applicare. Ove tale
articolazione logico-giuridica manchi, il quesito si risolverebbe in
un’astratta petizione di principio che, se pure corretta in diritto,
risulterebbe, ciò nonostante, inidonea sia ad evidenziare il nesso tra la
fattispecie concreta, l’errore di diritto imputato al giudice a quo ed il
difforme criterio giuridico di soluzione del punto controverso che si
chiede venga affermato, sia ad agevolare la successiva enunciazione del
principio cui la Corte deve pervenire nell’esercizio della funzione
nomofilattica. Il quesito non può, pertanto, consistere in una mera
richiesta d’accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in
ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nello
svolgimento dello stesso, ma deve costituire la chiave di lettura delle
ragioni esposte e porre la Corte medesima in condizione di rispondere
ad esso con l’enunciazione d’una regula iuris che sia, in quanto tale,
suscettibile, al contempo, di risolvere il caso in esame e di ricevere
applicazione generale, in casi analoghi a quello deciso” (v., in
motivazione, Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863; v. Cass., ord., 24
luglio 2008, n. 20409).
1.2. Nella giurisprudenza di questa Corte é stato, inoltre, precisato che,
secondo l’art. 366 bis c.p.c., anche nel caso previsto dall’art. 360, primo
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decisione di segno inverso rispetto a quella impugnata; id est che il

comma, n. 5, c.p.c., l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a
pena di inammissibilità, la chiara indicazione, sintetica ed autonoma,
del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assuma
omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la

(omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i
limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione
del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass., sez. un., 10
ottobre 2007, n. 20603; Cass. 27 ottobre 2011, n. 22453). Con
l’ulteriore precisazione che tale requisito non può dirsi rispettato
qualora solo la completa lettura della complessiva illustrazione del
motivo – all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e
non di una indicazione da parte del ricorrente – consenta di
comprendere il contenuto e il significato delle censure (Cass., ord., 18
luglio 2007, n. 16002; Cass. 19 maggio 2011, n. 11019), in quanto la

ratio che sottende la disposizione indicata è associata alle esigenze
deflattive del filtro di accesso alla suprema Corte, la quale deve essere
posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito,
quale sia l’errore commesso dal giudice di merito (v. Cass. 18
novembre 2011, n. 24255).
1.3. Secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di questa
Corte, che va ribadito, è ammissibile il motivo di ricorso con cui siano
denunziati sia vizi di violazione di legge che di motivazione, qualora
tale motivo si concluda con la formulazione di tanti quesiti
corrispondenti alle censure proposte, poiché nessuna prescrizione è
rinvenibile nelle norme processuali che ostacoli tale duplice denunzia, a
nulla rilevando l’art. 366 bis c.p.c., inserito dall’art. 6, d.lgs. 2 febbraio
2006 n. 40, il quale esige che, nel caso previsto dal n. 3 dell’art. 360
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decisione, e la relativa censura deve contenere un momento di sintesi

c.p.c., il motivo sia illustrato con un quesito di diritto e, nel caso
previsto dal n. 5, che l’illustrazione contenga la chiara indicazione del
fatto controverso, in relazione al quale si assuma che la motivazione sia
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza la renda inidonea a giustificare la decisione ma non

illustrazione del vizio di motivazione siano prospettati in motivi distinti
(Cass. 18 gennaio 2008, n. 976; Cass. 26 marzo 2009, n. 7621).
2. In relazione al primo motivo, rubricato “violazione degli artt. 141
comma 1, 2 e 3, 145 comma 1, D.Lgs n. 285/1992, 2054 comma 2
codice civile, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per errata applicazione
delle norme di comportamento (velocità e precedenza) relative ai
richiamati articoli del C.d.S., e della presunzione circa la responsabilità
concorsuale di cui alla norma codicistica, poiché in contrasto col dato
della giurisprudenza di legittimità”, la ricorrente pone il seguente
quesito di diritto: “Accerti la Suprema Corte se l’applicazione degli artt. 141,

145 C dS. e 2054 comma 2° codice civile, recata dalla sentenza del Tribunale di
Prato in contrasto col dato giurispruderqiale della Corte adita, relativo al rigido
obbligo di diligen.za del conducente favorito ed al suo rigido onere in punto di prova
liberatoria, abbia portata all’erronea esclusione del concorso di responsabilità nel
sinistro per cui è causa degli odierni convenuti, già accertato dl giudice di prime
cure 75.
2.1. Il motivo è inammissibile.
2.1.1. Ed invero, il quesito di diritto risulta inidoneamente foiniulato,
non conformandosi lo stesso ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis
c.p.c., nell’interpretazione che di tale norma ha fornito il “diritto
vivente”, e al riguardo si rinvia a quanto già osservato nel paragrafo
1.1., precisandosi che il quesito di diritto deve compendiare la
riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di
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richiede anche che il quesito di diritto e gli elementi necessari alla

merito, la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel
giudice e la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si
sarebbe dovuta applicare al caso di specie; la mancanza – come nel caso
all’esame – anche di una sola di tali indicazioni nel quesito di diritto
rende inammissibile il motivo cui il quesito così formulato sia riferito

Cass. 30 settembre 2008, n. 24339; Cass. 13 marzo 2013, n. 6286, in
motivazione). Né, peraltro, il quesito può consistere nel mero
interpello della Corte in ordine alla fondatezza o meno delle
propugnate petizioni di principio o della censura così come illustrata
nello svolgimento del motivo (Cass. 7 marzo 2012, n. 3530), e in un
interpello siffatto pure si risolve sostanzialmente il formulato quesito.
2.1.2. Inoltre, il motivo all’esame tende ad una rivalutazione del merito
della causa, inammissibile in questa sede. Con la proposizione del
ricorso per cassazione, la parte ricorrente non può rimettere in
discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in
fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di
valutazione disponibili ed in sé coerente; l’apprezzamento dei fatti e
delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento
che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di
riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di
controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica,
l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di
individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare
le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le
risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in
discussione (v., exp/urimis, Cass., ord. 6 aprile 2011, n. 7921).
3. In relazione al secondo motivo, rubricato “violazione dell’art. 115
comma 2° c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per falsa
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(Cass., ord., 25 settembre 2007, n. 19892 e 17 luglio 2008, n. 19769;

applicazione di una massima di esperienza inerente alla valutazione dei
danni riportati dalle vetture sinistrate che in ordine alla dinamica
dell’urto accertato ha portato all’errata esclusione del concorso di
responsabilità”, la ricorrente propone il seguente quesito di diritto:

“Accerti la Corte se alla violazione dell’art. 115 comma 2° c.p.c. per errata

circostan.za di fatto (entità e localiva.zione dei danni subiti dai veicoli coinvolti in
uno scontro non frontale), abbia fatto seguito l’errata esclusione della responsabilità
concorsuale del conducente favorito dal diritto di preceden.za già accertata in primo
grado”.
3.1. Il motivo è inammissibile, tendendo ad una rivalutazione del
merito, sicché al riguardo va ribadito quanto già osservato al paragrafo
2.1.2., con la precisazione che la violazione dell’art. 115 (come dell’art.
116) c.p.c., è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti
del vizio di motivazione di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
(Cass. 20 giugno 2006, n. 14267).
4. In relazione al terzo motivo, rubricato ” violazione degli artt. 2054
comma 2° codice civile, 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. per
omessa motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio
avente ad oggetto l’ammissione del convenuto proprietario del veicolo
danneggiato relativamente al proprio concorso di responsabilità”, la
ricorrente pone il seguente quesito di diritto: “Accerti la Corte se l’omessa

valutazione, da parte del Tribunale, della documentaRione attestante l’accettiqione
della controparte proprietaria del veicolo danneggiato, di una liquidcqione su base
concorsuale del danno, avente valore di ammissione circa la propria responsabilità
concorrente, riguardando tale omissione un fatto controverso decisivo, abbia
comportato, previo accoglimento dell’appello incidentale degli odierni convenuti,
l’erronea riforma della decisione del Giudice di prime cure”.

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applicazione di una massima di esperienza in punto di valutazione di una

3.1. Precisato che la violazione dell’art. 2054 comma 2° c.c. andava
veicolata correttamente ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.,
il motivo è comunque inammissibile, sia perché difetta di
autosufficienza, non avendo la ricorrente riportato integralmente il
tenore degli atti cui fa riferimento nell’illustrazione del motivo, (v., ex

lo assiste non si conforma ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c.,
nell’interpretazione che di tale norma ha fornito il “diritto vivente”,
rinviandosi al riguardo a quanto già evidenziato nell’intero paragrafo 1..
In ogni caso, il motivo all’esame, come quelli che precedono, tende
inammissilmente ad una rivalutazione del merito.
4. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo,
seguono la soccombenza tra le parti costituite, mentre non vi é luogo a
provvedere per le spese nei confronti dell’intimata società assicuratrice,
che non ha svolto attività difensiva in questa sede.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento, in favore delle controt-icorrenti, delle spese del presente
giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 2.200,00, di cui
euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Supre a di Cassazione, il 6 novembre 2013.

Cass., ord., 30 luglio 2010, n. 17915), sia perché il quesito che

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