Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19708 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 19708 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA

sul ricorso 9625-2007 proposto da:
GERBINO GIUSEPPE autopatrocinante ex art. 86 cpc,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA CELIMONTANA 38,
presso lo studio dell’avvocato PANARITI BENITO PIERO,
rappresentato e difeso dall’avvocato GERBINO GIUSEPPE;
– ricorrente contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE, AGENZIA DELLE
ENTRATE;
– intimati

avverso la sentenza n. 8/2005 della COMM.TRIB.REG. di
PALERMO, depositata il 21/02/2006;

Data pubblicazione: 28/08/2013

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 31/01/2013 dal Consigliere Dott. MARIO
CIGNA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Gerbino Giuseppe, avvocato, proponeva ricorso dinanzi alla CTP di Trapani avverso l’avviso di accertamento a
mezzo del quale l’Agenzia delle Entrate di Trapani, in base ai parametri di cui al DPCM 29-1-1996, aveva
rettificato i compensi dallo stesso percepiti nell’anno 1995, elevandoli da lire 33.522.000 a lire 39.801.000, con
conseguenti maggiori imposte IRPEF, PIA e C.S.S.N.
La CTP accoglieva il ricorso.

l’accertamento in questione; in particolare la CTR rilevava che i predetti parametri dovevano inquadrarsi tra le
presunzioni semplici, che, come tali, necessitavano ex art. 2729 cc dei requisiti della gravità, precisione e
concordanza; requisiti ritenuti, nel caso di specie, sussistenti, mentre il contribuente, sul quale gravava il relativo
onere, non aveva dimostrato che lo scostamento (tra le cifre dichiarate e quelle che in base ai parametri
dovevano ritenersi conformi a quelle reali) si era verificato per la presenza di situazioni particolari ed anomale.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione il contribuente, affidato a sei motivi; l’Agenzia non
svolgeva attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il contribuente deduceva -ex art. 360 n. 4 cpc- violazione dell’art. 112 cpc “per avere la CTR
integralmente omesso l’esame dell’eccezione di inammissibilità dell’appello derivata dalla evidenziata
improponibilità ex art. 57 d.lgs 546/92 dell’unica eccezione formulata dall’appellante in seno al suo unico motivo
di gravame”; al riguardo evidenziava che la circostanza che esso contribuente svolgesse le proprie prestazioni
professionali quasi esclusivamente per conto di Pubbliche Amministrazioni costituiva dato pacifico ed
incontestato; di conseguenza, la relativa contraria eccezione di merito formulata dall’Ufficio appellante nel suo
unico motivo di appello doveva considerarsi nuova e, come tale, inammissibile in fase di gravame; di
conseguenza, era da ritenersi inammissibile l’appello, fondato su tale unica censura; siffatta inammissibilità del
gravame era stata fatta valere nel giudizio di secondo grado ma era stata ignorata dalla CTR.
Con il secondo motivo, formulato in alternativa al primo, deduceva -ex art. 360 n. 4 cpc- violazione di giudicato
interno, sostenendo che le argomentazioni di cui sopra dovevano indurre la CTR a rilevare il giudicato interno
sulla questione concernente lo svolgimento da parte del contribuente delle proprie prestazioni professionali
quasi esclusivamente per conto di Pubbliche Amministrazioni.
Con il terzo motivo il contribuente deduceva -ex art. 360 n. 4 cpc- violazione degli artt. 100 e 112 cpc per avere
la CTR integralmente omesso l’esame dell’eccezione di inammissibilità dell’appello derivata dalla evidenziata
carenza di interesse a proporlo conseguente alla non integrale impugnazione di tutte le rationes decidendi sulle
quali si fondava la sentenza della CTP.
Con il quarto motivo, formulato in alternativa al terzo, deduceva -ex art. 360 n. 4 cpc- violazione di giudicato
interno, sostenendo che le argomentazioni di cui sopra dovevano indurre la CTR a rilevare il giudicato interno.
Siffatti motivi, da trattare congiuntamente in quanto tra loro strettamente connessi, sono inammissibili.

Con sentenza depositata il 21-2-2006 la CTR di Palermo accoglieva l’appello dell’Ufficio, ritenendo legittimo

Gli stessi, invero, si fondano tutti sulla considerazione che l’Agenzia abbia proposto un unico motivo di gravame,
consistente nella contestazione della circostanza che le prestazioni professionali fossero state rese dal
contribuente in prevalenza verso enti pubblici.
Orbene, per consolidato e condiviso principio di questa Corte, ove si deduca, come nel caso di specie, la
violazione, nel giudizio di merito, dell’ad. 112 cod. proc. civ., riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di
“error in procedendo” per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del “fatto processuale”, detto vizio, non
essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare
ricorrente, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione (che non consente, tra l’altro, il rinvio
“per relationem” agli atti della fase di merito) e quindi per non incorrere nel vizio di genericità della doglianza,
dell’onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro
autonoma ricerca ma solo ad una verifica degli stessi (Cass. 6361/07; 2140/2006; 143572013).
Nella fattispecie in esame il ricorrente si è limitato a riportare il punto dell’atto di appello in cui l’Agenzia ha
esposto la su riportata contestazione, senza tuttavia esporre, né integralmente né quanto meno in sintesi per i
tratti salienti, il resto del contenuto del gravame, non consentendo, pertanto, a questa Corte di controllare
l’effettiva unicità della detta censura, e di conseguenza la decisività della stessa.
Siffatta omissione rende, per la stessa ragione, inammissibili anche i motivi di ricorso concernenti la dedotta
mancata rilevazione del giudicato interno.
Con il quinto motivo il contribuente, deducendo ex art. 360 n. 5 cpc omessa ed insufficiente motivazione in
ordine a fatto controverso e decisivo per il giudizio, rilevava che la CTR aveva ritenuto che fosse
processualmente emerso che il contribuente svolgesse prestazioni anche al di fuori di quelle effettuate nei
confronti di Pubbliche Amministrazioni, quando invece la documentazione prodotta (evidentemente non
esaminata dalla CTR) doveva comportare (così come affermato anche dal Giudice di prime cure) conclusione
integralmente contraria.
Il motivo è infondato.
Per condiviso principio di questa Corte, invero, nel giudizio di legittimità, il ricorrente che deduca l’omessa o
insufficiente motivazione della sentenza impugnata per mancata o erronea valutazione di alcune risultanze
probatorie ha anche l’onere, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare le
ragioni del carattere decisivo delle stesse; siffatta indicazione è insussistente nel caso di specie, nella quale il
ricorrente non spiega in alcun modo il motivo per il quale dovrebbe costituire circostanza decisiva, ai fini per cui
è giudizio, il destinatario (privato o pubblica amministrazione) delle prestazioni.
Con il sesto motivo il contribuente, deduceva ex artt. 360 n. 3 e 5 cpc- violazione e falsa applicazione dell’art.
2729 cc per omessa individuazione e menzione dei fatti noti posti a base della presunzione nonché per omessa e
insufficiente motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza di
cui all’art. 2729 cc.

direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all’adempimento da parte del

,

k-SENTF r).2,
N. 5
N. 131 IAD. AJJ.
NATEI-41A TRW UTAMA

Siffatto motivo è infondato.
Al riguardo, il Collegio condivide il principio secondo cui ala procedura di accertamento tributario
standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di
presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del
reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione
statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena
la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza
limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa

dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel
periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello
scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard”
prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del
contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario
liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore,
quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase
del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici,
anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però,
egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla
sola base dell’applicazione degli “standards”, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il
contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta
all’invito” (Cass. sez. unite 26635/2009).
La CTR si è attenuta al detto principio (pur statuito dalla S.C. successivamente alla sentenza gravata), in quanto,
dopo avere dato atto dell'”assenza di controdeduzioni rese nei confronti dell’Ufficio” (circostanza non
specificamente contestata), ha ritenuto che le cifre risultanti dai parametri dovevano presumersi conformi a
quelle reali e che il contribuente non aveva assolto all’onere di dimostrare che lo scostamento tra le cifre
dichiarate e quelle risultanti dai parametri si era verificato per la presenza di situazioni particolari ed anomale,
insussistenti nella specie.
In conclusione, pertanto, il ricorso va rigettato.
Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione dell’Agenzia nel presente giudizio di legittimità.

DEPOSITATO N CeC’ELLERIA
P. q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così eciso in Roma in data 31-1-2013 nella Camera di Consiglio della sez. tributaria.

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1.1A

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