Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19708 del 03/10/2016

Cassazione civile sez. lav., 03/10/2016, (ud. 05/07/2016, dep. 03/10/2016), n.19708

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3415-2015 proposto da:

P.G., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato BRUNO MELE, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

TRENITALIA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

S. MERCADANTE 9, presso lo studio dell’avvocato CARLO MOLAIOLI, che

la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3544/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/07/2014 R.G.N. 5820/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/07/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;

udito l’Avvocato MELE BRUNO;

udito l’Avvocato MOLAIOLI CARLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 10.7.14 la Corte d’appello di Napoli rigettava il gravame di P.G. contro la sentenza n. 5172/09 con cui il Tribunale partenopeo ne aveva respinto la domanda volta ad ottenere il riconoscimento del diritto ad essere inquadrato nel livello B (ex 8) CCNL per i dipendenti delle Ferrovie dello Stato e la condanna in via generica di Trenitalia S.p.A. a pagargli le conseguenti differenze retributive.

Per la cassazione della sentenza ricorre P.G. affidandosi a due motivi, poi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..

Trenitalia S.p.A. resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1- Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. e dei criteri di classificazione del personale previsti dal CCNL per i dipendenti delle Ferrovie dello Stato, per avere la Corte territoriale omesso di verificare se per le mansioni svolte il ricorrente avesse conseguito il diritto ad essere inquadrato, se non nel livello B, in quello C anzichè in quello D applicatogli da Trenitalia S.p.A., nonostante che nelle conclusioni di cui al ricorso introduttivo di lite fosse stato espressamente richiesto il livello B o il diverso livello che fosse stato accertato in corso di causa.

Il motivo è fondato.

Compulsando gli atti di causa (il che è consentito a questa Corte al fine di accertare – come nel caso di specie – il mero fatto processuale) risulta che effettivamente l’odierno ricorrente aveva formulato pure un’esplicita domanda subordinata per ottenere il livello intermedio (vale a dire il livello C), domanda non esaminata in alcun modo dai giudici di merito.

Conseguentemente, sussiste il denunciato vizio di omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112 c.p.c..

La soluzione non sarebbe mutata neppure se la domanda volta ad ottenere, in subordine, il livello intermedio non fosse stata esplicita.

Infatti, per costante insegnamento di questa Corte Suprema (cfr. Cass. n. 9653/14; Cass. n. 22872/13; Cass. n. 8862/13; Cass. n. 1717/09; Cass. n. 15053/07; Cass. n. 27430/05; Cass. n. 13740/04; Cass. n. 11557/03) la domanda intesa ad ottenere una superiore qualifica professionale in relazione alle mansioni svolte include implicitamente anche quella di una qualifica contrattuale intermedia fra quella rivendicata e quella invece applicata dal datore di lavoro. Pertanto, qualora il giudice di merito, rigettando espressamente la domanda di inquadramento nella qualifica superiore, non esamini la domanda relativa alla qualifica immediatamente inferiore a quella rivendicata, incorre nel vizio di omessa pronunzia.

2- Con il secondo motivo si lamenta omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio e motivazione apparente per avere la Corte territoriale ritenuto contrariamente al vero – che l’unica teste escussa ( R.P.) avesse riferito, in modo vago e generico, circostanze di fatto (relative alle mansioni in concreto espletate dal ricorrente) apprese solo de relato.

Il mezzo va disatteso.

La nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (applicabile, ai sensi del cit. art. 54, comma 3, alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, cioè alle sentenze pubblicate dal 12.9.12 e, quindi, anche alla pronuncia in questa sede impugnata) rende denunciabile per cassazione solo il vizio di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

In tal modo il legislatore è tornato, pressochè alla lettera, all’originaria formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 codice di rito del 1940.

Con orientamento (cui va data continuità) espresso dalla sentenza 7.4.14 n. 8053 (e dalle successive pronunce conformi), le S.U. di questa S.C., nell’interpretare la portata della novella, hanno in primo luogo notato che con essa si è assicurato al ricorso per cassazione solo una sorta di “minimo costituzionale”, ossia lo si è ammesso ove strettamente necessitato dai precetti costituzionali, supportando il giudice di legittimità quale giudice dello ius constitutionis e non, se non nei limiti della violazione di legge, dello ius litigatoris.

Proprio per tale ragione le S.U. hanno affermato che non è più consentito denunciare un vizio di motivazione se non quando esso dia luogo, in realtà, ad una vera e propria violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.

Ciò si verifica soltanto in caso di mancanza grafica della motivazione, o di motivazione del tutto apparente, oppure di motivazione perplessa od oggettivamente incomprensibile, oppure di manifesta e irriducibile sua contraddittorietà e sempre che i relativi vizi emergano dal provvedimento in sè, esclusa la riconducibilità in detta previsione di una verifica sulla sufficienza e razionalità della motivazione medesima mediante confronto con le risultanze probatorie.

Per l’effetto, il controllo sulla motivazione da parte del giudice di legittimità diviene un controllo ab intrinseco, nel senso che la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 deve emergere obiettivamente dalla mera lettura della sentenza in sè, senza possibilità alcuna di ricavarlo dal confronto con atti o documenti acquisiti nel corso dei gradi di merito.

Secondo le S.U., l’omesso esame deve riguardare un fatto (inteso nella sua accezione storico-fenomenica e, quindi, non un punto o un profilo giuridico) principale o primario (ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario (cioè dedotto in funzione probatoria).

Ma il riferimento al fatto secondario non implica che possa denunciarsi ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 anche l’omesso esame di determinati elementi probatori: basta che il fatto sia stato esaminato, ancorchè – in astratta ipotesi – in modo errato o poco convincente.

A sua volta deve trattarsi di un fatto (processualmente) esistente, per esso intendendosi non un fatto storicamente accertato, ma un fatto che in sede di merito sia stato allegato dalle parti: tale allegazione può risultare già soltanto dal testo della sentenza impugnata (e allora si parlerà di rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza del dato extra-testuale).

Sempre le S.U. precisano gli oneri di allegazione e produzione a carico del ricorrente ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4: il ricorso deve non solo indicare chiaramente il fatto storico del cui mancato esame ci si duole, ma deve indicare il dato testuale (emergente dalla sentenza) o extra-testuale (emergente dagli atti processuali) da cui risulti la sua esistenza, nonchè il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti e spiegarne, infine, la decisività.

L’omesso esame del fatto decisivo si pone, dunque, nell’ottica della sentenza n. 8053/14 come il “tassello mancante” (così si esprimono le S.U.) alla plausibilità delle conclusioni cui è pervenuta la sentenza rispetto a premesse date nel quadro del sillogismo giudiziario.

Invece, il mezzo in oggetto non risponde ai requisiti prescritti dalla citata sentenza delle S.U. perchè si riferisce a tutt’altro, ossia alla percezione (che l’odierno ricorrente assume essere erronea) del significato d’una data deposizione.

Nè, infine, può dirsi che la sentenza sia affetta da vizio di motivazione apparente (peraltro da denunciarsi non ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ma ai sensi del precedente n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), che si verifica soltanto quando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi posti a base del proprio convincimento o li indichi senza idonea disamina logico-giuridica (cfr., ex alits, Cass. n. 9113/12; Cass. n. 1756/06; Cass. n. 2067/98), mentre nel caso di specie la gravata pronuncia ha analiticamente esaminato la deposizione della teste Rodriguez, valutandone le dichiarazioni – a torto o a ragione è questione non suscettibile di essere apprezzata in sede di legittimità – come vaghe, generiche e derivanti da mera cognizione indiretta.

3- In conclusione, si accoglie il primo motivo, si rigetta il secondo e si cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.

PQM

LA CORTE

accoglie il primo motivo, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2016

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