Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19707 del 21/09/2020
Cassazione civile sez. VI, 21/09/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 21/09/2020), n.19707
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7265-2019 proposto da:
C.M., M.M., elettivamente domiciliati in ROMA,
VIALE ANGELICO 34, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO
PETRUCCI, rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE CAGLIA;
– ricorrenti –
contro
G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE
MAZZINI 73, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO ZAZZA, che lo
rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di FIRENZE, depositata il
16/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 4/03/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA
BESSO MARCHEIS.
Fatto
RITENUTO
Che:
1. Con atto di citazione del 17/10/2017 M.M. e C.M. proponevano opposizione avverso il decreto n. 3806/2017 con cui il Tribunale di Firenze aveva loro ingiunto il pagamento della somma di Euro 120.536 in favore dell’avvocato G.A. a titolo di compenso professionale.
Disposto il mutamento del rito, da ordinario a speciale ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 14, con ordinanza del 16 luglio 2018 il Tribunale di Firenze rigettava l’opposizione e confermava il decreto opposto.
2. Contro l’ordinanza propongono ricorso straordinario per cassazione M.M. e C.M..
Resiste con controricorso G.A..
I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c..
Diritto
CONSIDERATO
Che:
I. Il ricorso è articolato in due motivi.
a) Il primo motivo lamenta “violazione degli artt. 1988 e 2697 c.c., incertezza del credito vantato e inesistenza del rapporto professionale sottostante nei confronti della signora C.M.”: il Tribunale, nell’affermare che l’atto di accertamento dei crediti “contiene un espresso riconoscimento del debito titolato, effettuato da entrambi gli opponenti in favore dell’odierno convenuto e costituisce prova sia dell’esistenza del rapporto d’opera professionale in relazione ai procedimenti e alle attività ivi descritte sia del quantum del diritto di credito del ricorrente”, non avrebbe considerato che la ricognizione del debito non integra una fonte autonoma di obbligazione, ma ha effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, comportando solo l’inversione dell’onere della prova dell’esistenza di quest’ultimo; il credito vantato dall’avvocato G. doveva quindi essere rigettato a causa della mancata dimostrazione dei fatti costitutivi della domanda; in particolare, poi, C.M. non ha mai incaricato G. dello svolgimento di attività professionale.
Il motivo è manifestamente infondato. La ricognizione del debito – come deducono i ricorrenti – non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma ha effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, da cui deriva una relevatio oneri probandi che dispensa il destinatario della dichiarazione dall’onere di provare quel rapporto, che si presume fino a prova contraria (cfr., ex multis, Cass. 25544/2018). Nel caso in esame il Tribunale, qualificato il documento denominato “atto di accertamento dei crediti” come atto di espresso riconoscimento del debito titolato da parte di entrambi gli opponenti, ha interpretato l’atto e ha ritenuto provati sia il rapporto d’opera professionale in relazione ai procedimenti e alle attività ivi analiticamente descritti sia il quantum del diritto di credito dell’avvocato G., prova che ha ritenuto – con accertamento in fatto incensurabile da questa Corte di legittimità – non scalfita dalle deduzioni degli attuali ricorrenti. In particolare i ricorrenti lamentano il mancato conferimento dell’incarico professionale da parte di C.M.: a prescindere dalla mancata specificità del motivo al riguardo (non avendo i ricorrenti indicato nel motivo quando la questione era stata da loro dedotta in giudizio, specificazione effettuata solo in memoria), il Tribunale ha rilevato come l’atto di ricognizione del debito sia stato sottoscritto da entrambi i ricorrenti e quindi C., dovendosi quindi ritenere provato conferito l’incarico professionale a G.. b) Il secondo motivo contesta “violazione protezione stabilite dal codice del consumo”: avvocato e cliente, il cliente deve essere anche da M. che ella aveva delle norme di nei rapporti tra considerato un consumatore, così che nel caso in esame vanno “applicate le norme del codice del consumo e le tutele previste dalla normativa Europea”; al riguardo “il contratto del (OMISSIS) (..) è del tutto privo di chiarezza e trasparenza”, così che avrebbe dovuto essere dichiarato nullo.
Il motivo è manifestamente infondato. La doglianza – come già affermato dal giudice di merito (p. 4 dell’ordinanza impugnata) – è generica, attenendo inoltre i richiamati precedenti di questa Corte alla questione della competenza del giudice, profilo che non entra in gioco nel caso in esame, e facendo poi riferimento all’atto unilaterale di ricognizione del debito come a un contratto stipulato tra le parti.
II. Il ricorso va dunque rigettato.
La liquidazione delle spese, effettuata nel dispositivo, segue la soccombenza.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 5.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 – quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta/2 sezione civile, il 4 marzo 2020.
Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2020