Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19703 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 19703 Anno 2013
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA
sul ricorso 13779-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

DIL COMPANY SRL;
– intimato –

avverso la sentenza n. 60/2008 della COMM.TRIB.REG.
di NAPOLI, depositata il 06/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Data pubblicazione: 28/08/2013

udienza del 18/01/2013 dal Consigliere Dott. MARIO
CIGNA;
udito per il ricorrente l’Avvocato PISANA che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

per l’accoglimento del primo motivo del ricorso,
assorbito il secondo motivo.

Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
In relazione all’assunzione di sei dipendenti awenute nel corso degli anni 2001, 2002 e 2003 la DIL COMPANY srl
utilizzava, ai sensi dell’art. 7, commi 1 e 10 della L. 300/2000, in compensazione di versamenti dovuti, un credito di
imposta pari ad euro 5.577,69 nell’anno 2001, euro 8.983,75 nell’anno 2002 ed euro 8.978,20 nell’anno 2003.
A seguito di controllo volto ad accertare la sussistenza dei requisiti di cui al predetto art. 7, l’Ufficio di Benevento,
verificata l’erronea determinazione del credito di imposta spettante nonchè la mancata osservanza delle condizioni di

l’indebito utilizzo di un credito di imposta pari ad euro 13.243,00.
Con ricorso alla CTP di Benevento la società si opponeva all’atto di recupero per il credito relativo all’anno 2001.
L’adita CTP rigettava il ricorso, sostenendo che la società aveva erroneamente calcolato, ai fini del richiesto
presupposto dell’incremento lavorativo, il numero dei dipendenti assunti; al riguardo evidenziava che siffatto
incremento doveva essere superiore al numero dei dipendenti già presenti al lavoro, sicchè, in caso di licenziamento di
altro dipendente, una nuova assunzione non poteva essere considerata incremento.
Con sentenza 60/46/08 depositata il 6-5-2008 la CTR di Napoli accoglieva l’appello proposto dalla società; in
motivazione, preliminarmente, rilevava che, nonostante la comunicazione del c.d. modello CVS (comunicazione
avente ad oggetto le informazioni sul contenuto e sulla natura dell’investimento effettuato) fosse avvenuta oltre il
previsto termine del 28-2-2003, non si era verificata alcuna decadenza (prevista solo nell’ipotesi di “credito non
ancora utilizzato”) in quanto, nel caso di specie, il credito d’imposta era stato già esercitato ed utilizzato; nel merito,
affermava che la discordanza tra il credito d’imposta dichiarato e quello accertato era dovuta alla differenza tra il dato
del 7 luglio 2002 e quello della fine del mese; in particolare, infatti, in data 8 luglio si era dimessa la dipendente Farina
Rita, sicchè il numero dei “dipendenti agevolabili” a fine luglio si era ridotto da tre a due; in base all’art. 2 d.l. 24-92002 n. 209, tuttavia, il numero dei lavoratori dipendenti doveva essere rilevato, al fine di stabilire la sussistenza del
richiesto presupposto dell’incremento lavorativo, alla data del 7 luglio 2002, sicchè, ai fini di cui sopra, la dipendente
Farina Rita doveva essere tenuta presente e contribuire quindi a determinare l’incremento.
Awerso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato a due motivi; la società non
svolgeva alcuna attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia, deducendo —ex art. 360, comma 1 n. 3, cpc- violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 62 L. 289/2002, ribadiva che, ai sensi di quanto previsto nella detta disposizione, il contribuente decadeva dal
beneficio dei contributi, concessi sotto forma di credito d’imposta, nel caso di mancata presentazione nel termine del
28-2-2003 del c.d. modello CVS.
Con il secondo motivo di ricorso deducendo —ex art. 360, comma 1 n. 3, cpc- violazione e/o falsa applicazione dell’art.
7 L. 388/2000, dell’art. 2 D.L. 209/2002 e dell’art. 63 L. 289/2002, rilevava che erroneamente la CTR aveva affermato,
nel merito, quanto su evidenziato, atteso che il presupposto agevolativo di cui all’art. 7 L. 388/2000 si realizza

applicabilità del credito per due dipendenti, emetteva awiso di recupero n. RE3CR0300773/2004, accertando

’,.

soltanto con l’assunzione a tempo indeterminato in misura incrementativa rispetto alla media dei dipendenti occupati
nel periodo compreso tra il 1-10-1999 ed il 30-9-2000, mentre il riferimento mensile ed annuale, di cui all’art. 7
comma 2, era relativo solo alla fase della liquidazione (nel senso che, una volta realizzato il presupposto principale,
bisognava poi procedere , alla fine di determinate scadenze temporale, di volta in volta, ai conteggi di riferimento).
li primo motivo è fondato.
Non vi è , invero, alcun motivo per discostarsi dal principio, ripetutamente espresso da questa Corte, secondo cui

sotto forma di credito d’imposta, per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, decade
da tale beneficio ove abbia omesso di presentare (come previsto dall’art. 62, primo comma, lettera e) della legge 27
dicembre 2002, n. 289), nel termine del 28 febbraio 2003, la comunicazione telematica avente ad oggetto le
informazioni sul contenuto e la natura dell’investimento effettuato (cosiddetto “modello CVS”), essendo il suddetto
termine previsto dall’art. 62 cit. espressamente a pena di decadenza, e non avendo altrimenti alcun senso siffatta
previsione ove il beneficio del contributo fosse subordinato alla realizzazione dell’investimento (e non anche all’invio
della comunicazione telematica), ed ove fosse possibile eludere il predetto termine; al riguardo è stato invero
correttamente evidenziato: che la norma di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 62, è diretta espressione del potere,
demandato al Ministro delle finanze, di stabilire con D.M. le procedure di controllo, prevedendo “specifiche cause di
decadenza dal diritto di credito”, e trova la sua “ratio” nell’esigenza di definire entro un tempo determinato l’inerente
onere finanziario, altrimenti sospeso “ad libitum”; che la presentazione di tale modello costituisce non già una facoltà
del contribuente, ma un vero e proprio onere a suo carico, finalizzato all’accertamento delle condizioni necessarie
all’attribuzione, in via definitiva, del beneficio in questione; che con sentenza 24-3-2006 n. 124 la Corte Cost. ha
confermato che il termine in questione è stato previsto a pena di decadenza dal contributo (automaticamente
conseguito) ed ha anche giustificato siffatta sanzione, sia in quanto “diretta a garantire il rilevante interesse pubblico
all’immediata disponibilità dei dati non ricavabili dalla dichiarazione dei redditi all’epoca presentata, ma necessari allo
svolgimento sia di uniformi ed organiche politiche di incentivazione, sia di più agevoli e solleciti controlli sulla
spettanza del contributo”, sia in quanto “adeguata e coerente con la ratio della norma censurata”; che la stessa Corte
Costituzionale, inoltre, ha dichiarato “manifestamente infondata la censura relativa alla violazione del principio di
irretroattività e, per l’effetto, del principio «dell’affidamento nella sicurezza giuridica», perché la norma censurata
non dispone per il passato, ma fissa per il futuro un obbligo di comunicazione di dati a pena di «decadenza dal
contributo», a nulla rilevando che tale decadenza abbia ad oggetto un contributo già conseguito”; che non assume
alcun rilievo la circostanza che il provvedimento del Direttore sia stato emesso in data tale da non consentire al
contribuente di disporre, rispetto alla predetta scadenza, del termine di sessanta giorni previsto dall’art.3, comma
terzo, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. Statuto del contribuente) per le norme che introducono adempimenti
tributari, in quanto l’interessato è stato posto nella situazione giuridica oggettiva di conoscibilità della scadenza del
termine per adempiere il suo onere di comunicazione fin dal 13 novembre 2002, data di pubblicazione del d.l. 12
novembre 2002, n. 253, ed il predetto termine legale non è comunque superabile con una diversa previsione
,\‘
temporale di natura amministrativa (in senso conforme Cass. 19692/2012; Cass. 13-2-2009 n. 3578; Cass
16442/2009; 19127/20109; Cass. 15865/2005).

l’imprenditore ammesso a beneficiare, ai sensi dell’art. 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, dei contributi concessi

RISENTE DA REGISTRAZIONC
Al SENSI DEL 1),P,R.,
N. 131 TAU,
La fondatezza di siffatto motivo comporta l’assorbimento del secondo.

~UVA

N, 5
A

Alla stregua dei su esposti principi, pertanto, in accoglimento del ricorso, va quindi cassata l’impugnata sentenza e,
non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto (la presentazione da parte della contribuente del modello in
questione oltre il termine del 28-2-2003 costituisce circostanza pacifica), decidendo nel merito, va rigettato il ricorso
introduttivo proposto dalla società contribuente.
Le spese ed i compensi di lite, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.

La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto
dalla contribuente; condanna quest’ultima al pagamento dei compensi di lite, liquidati in complessivi euro 3.500,00 (di
cui euro 1.000,00 per il primo grado, euro 1.200,00 per il secondo ed euro 1.300,00 per il presente giudizio di
legittimità), oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma in /
dta 18-1-2013 nella camera di Consiglio della sez. tributaria.

P. Q. M.

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