Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19703 del 21/09/2020

Cassazione civile sez. II, 21/09/2020, (ud. 04/02/2020, dep. 21/09/2020), n.19703

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19493/2019 proposto da:

D.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Po 22, presso lo

studio dell’avvocato Antonello Ciervo, rappresentato e difeso

dall’avvocato Luca Mandro;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno Commissione Territoriale Riconoscimento

Protezione Internazionale Padova, rappresentato da Avvocatura

Generale dello Stato con sede in Roma, Via dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Venezia, depositata il

15/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/02/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– il presente giudizio di legittimità trae origine dal ricorso tempestivamente proposto da D.A., cittadino (OMISSIS), avverso il decreto del Tribunale di Venezia, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezionale internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, che ha rigettato il suo ricorso contro il provvedimento di diniego della protezione internazionale ovvero della priotezione sussidiaria e della protezione umanitaria;

– a sostegno della richiesta egli aveva allegato di essere fuggito dal Senegal nel 2013, dopo la morte di entrambi i suoi genitori per il timore di ritorsioni da parte dello zio a causa del suo rifiuto di arruolarsi con i ribelli del gruppo del MFDC a cui quest’ultimo apparteneva; dopo aver vissuto per tre anni in Libia, a seguito della guerra civile e della violenza diffusasi nel paese, si imbarcava per l’Italia; una volta sbarcato aveva presentato la domanda di protezione internazionale manifestando il timore di rientare nel paese di provenienza a causa del conflitto che affligge la regione della Casamance;

– la Commissione territoriale di Verona, sezione di Padova, respingeva la richiesta in ragione della genericità e non credibilità del suo racconto;

– la sezione specializzata del tribunale di Venezia rigettava il ricorso confermando la valutazione di poca credibilità delle dichiarazioni del richiedente;

– con riguardo alla protezione sussidiaria escludeva la possibilità di ravvisare la sussistenza del danno grave di esser esposto ai rischi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a, b) e c); con specifico riferimento al rischio di conflitto generalizzato il tribunale concludeva sulla scorta di vari report per l’insussistenza nella Casamance di un conflitto armato da cui possa scaturire una violenza indiscrimata;

– in relazione alla domanda di protezione umanitaria il tribunale con riferimento alla domanda di protezione umanitaria, evidenziava come dal generico racconto del richiedente non emergesse una situazione di vulnerabilità, non potendo essere sufficiente di per sè la circostanza di non versare in buone condizioni di salute;

-la cassazione del decreto del Tribunale di Venezia è chiesta sulla base di quattro motivi, preceduti da due questioni di legittimità costituzionale, cui resiste con controricorso il Ministero dell’interno.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– occorre preliminarmente esaminare le due questioni di legittimità costituzionale sollevate dal ricorrente;

– la prima riguarda il D.L. 4 ottobre 2018, n. 118, art. 1, comma 1, convertito nella L. n. 132 del 2018, per violazione degli artt. 10 e 117 Cost., nella parte in cui ha abrogato il permesso di soggiorno per motivi umanitari, disciplinando casi speciali di permessi di soggiorno temporaneo per esigenze di carattere umanitario, non idonei ad assicurare attuazione complete degli obblighi costituzionali ed internazionali cui l’ordinamento italiano è conformato;

– la seconda questione di illegittimità costituzionale riguarda sempre il D.L. n. 118 del 2018, convertito nella L. 132 del 2018, per violazione dell’art. 77 Cost., comma 2, per l’assenza dei presupposti di necessità ed urgenza che contraddistinguono la fonte normativa del decreto-legge;

– entrambe le questioni sono irrilevanti ai fini della decisione del ricorso in esame poichè, come sancito dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 29459/2018 “Il diritto alla protezione umanitaria, espressione di quello costituzionale di asilo, sorge al momento dell’ingresso in Italia in condizioni di vulnerabilità per rischio di compromissione dei diritti umani fondamentali e la domanda volta ad ottenere il relativo permesso attrae il regime normativo applicabile. Ne consegue che la normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito in L. n. 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e dalle altre disposizioni consequenziali, non trova applicazione in relazione a domande di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell’entrata in vigore (5 ottobre 2018) della nuova legge; tali domanda saranno, pertanto, scrutinate sulla base delle norme in vigore al momento della loro presentazione, ma in tale ipotesi l’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari, valutata in base alle norme esistenti prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, comporterà il rilascio del permesso di soggiorno “per casi speciali” previsto dall’art. 1, comma 9, del suddetto decreto legge”;

– poichè le nuove disposizioni oggetto della censura si applicano in conformità al suddetto principio, entrambe le questioni di legittimità sono inammissibili;

– con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, per omessa applicazione del principio di attenuazione dell’onere probatorio;

– ad avviso della ricorrente la decisione del tribunale non avrebbe tenuto conto del fatto che ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, le dichiarazioni rese dal ricorrente avrebbero dovuto essere ritenute veritiere, ricorrendo tutti i presupposti delineati dal citato art. 3, comma 5 nelle lett. a), b), c), d) ed e); al contrario, il tribunale veneziano si sarebbe soffermato unicamente sul criterio dettato dalla lettera a) ritenendo che il dichiarante non avesse fatto ogni ragionevole sforzo per circostanziare il racconto reso dal ricorrente;

– la censura è infondata perchè il tribunale (cfr. pag. 8) ha posto a fondamento del giudizio sulla non credibilità oltre all’inverosimiglianza del racconto relativo alla fuga, la circostanza che di essa il richiedente aveva fornito due distinte versioni (cfr. dell’art. 3, comma 5, lett. c) e che il racconto della situazione della regione di provenienza in ordine agli asseriti reclutamenti forzati di giovani era privo di riscontri nelle fonti consultabili (cfr. art. 3, comma 5, lett. e);

– con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e dell’obbligo di cooperazione istruttoria gravante sull’autorità giudiziaria, laddove il decreto impugnato nel valutare la situazione del paese all’epoca in cui si svolsero i fatti riferiti dal ricorrente, aveva fatto riferimento a documenti inidonei a fornire un quadro aggiornato della situazione socio-politica interna del Senegal, in tal modo eludendo l’obbligo di cooperazione istruttoria posto dalla norma;

– con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione ed erronea applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per non avere il decreto impugnato riconosciuto la protezione sussidiaria, negando la natura di conflitto armato interno causa di violenza generalizzata alla situazione socio-politica esistente nel Senegal, nell’accezione delineata nella norma ed alla luce della interpretazione fornita dalla Corte di giustizia Europea nel caso Diakitè (C-285/12);

– il secondo ed il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente perchè rigiardanti entrambi la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) e sono infondati;

– il tribunale veneziano ha infatti approfonditamente esaminato e ricostruito sulla base dei rapporti ufficiali (rapporto 2017 Freedom House 5 relativo al 2016, rapporto del Dipartimento di Stato americano 2016) e delle COI la situazione della regione senegalese della Casamance nel corso degli anni a partire dal 2000, seguendo gli sviluppi del trentennale conflitto fra gli indipendentisti del movimento MFDC e le forze governative, arrivando al cessate il fuoco proclamato nel 2012, ovvero l’anno precedente la fuga del richiedente;

– nè il richiedente ha indicato fonti ufficiali di diverso contenuto e, pertanto, la decisione assunta in relazione alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), appare legittimamente formulata;

– con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non avere il tribunale veneziano riconosciuto la protezione umanitaria omettendo di evidenziare la sussistenza di possibili profili di violazione dei diritti tutelati dall’art. 2 Cost., in caso di ritorno del richiedente nel Senegal, secondo il giudizio di comparazione fra essa e la condizione di integrazione raggiunta in Italia e attestata dalla partecipazione ai corsi di italiano ed invece, nel caso di specie, ritenuta irrilevante;

– il motivo è inammissibile;

– la pronuncia impugnata si è attenuta al principio affermato nella sentenza di questa Corte n. 4455/2018 secondo il quale in materia di protezione umanitaria, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza;

– nel caso di specie tale comparazione è stata svolta sia con riguardo alla situazione sociale della Casamanche, sia con riguardo alla condizione del richiedente in Italia e anche alle condizioni di salute con la conseguenza che la censura non attacca i criteri comparativi adottati quanto, piuttosto, l’esito dell’apprezzamento del giudice di merito;

– il ricorso deve, quindi, essere respinto;

– in applicazione del principio della soccombenza, parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese a favore di parte controricorrente così come liquidate in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente e liquidate nella misura di Euro 2100,00 oltre spese prenotate e prenotande a debito, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2020

 

 

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