Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19701 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 19701 Anno 2013
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA
sul ricorso 27538-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

TOSINVEST

ITALIA

DI

GPS

SAS

in

persona

dell’Amministratore Unico e legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLE
QUATTRO FONTANE 15, presso lo studio dell’avvocato
TINELLI GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende

Data pubblicazione: 28/08/2013

unitamente all’avvocato CONTESTABILE GIOVANNI giusta
delega a margine;

controricorrente

avverso la sentenza n. 126/2006 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 24/07/2006;

udienza del 18/01/2013 dal Consigliere Dott. MARIO
CIGNA;
udito per il ricorrente l’Avvocato PISANA che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato CONTESTABILE
che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Hospital Appia srl (successivamente incorporata nella “Tosinvest Italia sas di G.P.S. Gestioni Partecipazioni
Sanitarie srl) presentava per il periodo d’imposta 1994 tempestiva dichiarazione dei redditi, esponendo un
reddito complessivo, ai fini IRPEG ed ILOR, di lire 2.311.092.000.
In data 30-5-1997 la stessa società presentava, per il medesimo periodo d’imposta, dichiarazione integrativa ex
art. 9, comma 8, dpr 600/73, nella quale venivano indicati ricavi (erroneamente non dichiarati nella precedente

In data 13-12-2000 l’Ufficio notificava alla società avviso di accertamento, con il quale rettificava l’originaria
dichiarazione, elevando il reddito dichiarato da lire 2.311.092.000 a lire 20.094.198.000 , con conseguente
maggiore pretesa IRPEG ed ILOR ed irrogazione sanzioni; nel detto avviso l’Ufficio considerava cautelativamente
(in quanto da interrogazioni effettuate al SIAT -Sistema Informativo Anagrafe Tributaria- non risultava
presentata la predetta dichiarazione integrativa) la su indicata somma di lire 17.500.000.000 quale elemento di
accertamento, e recuperava ulteriori importi ritenuti non ricompresi nella dichiarazione integrativa (lire
225.000.000 per fattura emessa nei confronti della ASL; lire 38.106.347 per interessi passivi su finanziamenti
non documentati; lire 20.000.000 quale quota parte carburanti e lubrificanti non inerenti).
Avverso detto avviso di accertamento la società proponeva ricorso dinanzi alla CTP di Roma, deducendo
l’illegittimità dell’accertamento per avere l’Ufficio rettificato una dichiarazione già sostituita da successiva
dichiarazione integrativa, e contestando la fondatezza del recupero dei su indicati ulteriori importi.
Si costituiva l’Ufficio e rilevava che, in conseguenza della citata dichiarazione integrativa, il Centro di Servizio
aveva emesso ex art. 36 bis dpr 600/73 cartella esattoriale per il recupero dell’IRPEG relativo all’imponibile di
cui alla detta dichiarazione (lire 17.500.000.000); dichiarava, pertanto, di abbandonare la controversia “solo ed
esclusivamente per tale importo ai fini IRPEG”, e chiedeva invece, ai fini ILOR, in ordine al quale non era stata
ancora emessa la cartella di pagamento, la conferma del reddito accertato.
Con sentenza 7-11-2002 l’adita CTP accoglieva in toto il ricorso; in particolare, la CTP, in relazione al recupero di
lire 17.500.000.000, osservava che il ravvedimento operoso di cui alla dichiarazione integrativa era da ritenere
inscindibile perchè presentato sia ai fini IRPEG sia ai fini ILOR, sicchè non poteva essere disconosciuto per il solo
fatto (interno all’Amministrazione Finanziaria) che non era stata emessa la cartella di pagamento relativa
all’ILOR; in relazione ai rilievi di cui agli altri ulteriori importi, riteneva fondate le ragioni della società.
Con sentenza 126/29/26, depositata il 24-7-2006, la CTR di Roma rigettava l’appello dell’Ufficio; in particolare la
CTR rilevava: che “la sentenza impugnata aveva esaurientemente e correttamente esposto le ragioni per
raccoglimento del ricorso”; che, in aggiunta, l’avviso di accertamento doveva ritenersi illegittimo in quanto non
teneva in considerazione la dichiarazione integrativa già presentata dalla contribuente; che, oltretutto, il
ravvedimento operoso di cui alla dichiarazione integrativa era stato in tutto accettato dall’Amministrazione,
senza alcun rilievo o riserva, tanto da provvedere all’iscrizione a ruolo ed al recupero dell’imposta IRPEG
derivante; che, pertanto, l’Amministrazione avrebbe dovuto procedere alla riscossione di tutte le imposte
conseguenti al nuovo reddito (non solo ai fini Irpeg ma anche ai fini Ilor), in quanto “l’importo di reddito

dichiarazione) per lire 17.500.000.000, sicchè il reddito complessivo veniva elevato a lire 19.811.092.000.

dichiarato è unico e da esso discendono le imposte dovute”; che non era legittimo “accettare esplicitamente tale
importo in relazione ad una imposta e chiedere contemporaneamente l’accertamento di un importo diverso ai
fini dell’applicazione di altra imposta”; che la proposizione e l’accettazione della dichiarazione integrativa
comportavano il superamento e l’annullamento dell’intero avviso di accertamento.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia, affidato a quattro motivi; resisteva con
controricorso la contribuente, che presentava anche ulteriore memoria ex art378 cpc.

Con il primo motivo l’Agenzia, deducendo -ex art 360 n. 4 cpc- violazione e falsa applicazione dell’art. 132 cpc,
rilevava che la CTR, nel condividere le conclusioni della CTP sol riportandosi alle stesse e senza esplicitare le
ragioni della conferma della pronuncia di primo grado, non aveva soddisfatto il richiesto requisito della
motivazione; ciò pur avendo l’Ufficio, nell’atto di gravame, puntualmente contestato la decisione di prime cure
sia sotto il profilo della ritenuta validità ed efficacia della dichiarazione integrativa sia sotto il profilo della totale
mancanza di motivazione in ordine agli altri rilievi contenuti nell’avviso di accertamento.
Con il secondo motivo l’Agenzia, deducendo -ex art. 360 n. 5 cpc- omessa e/o insufficiente motivazione su un
fatto controverso e decisivo per il giudizio, rilevava che la CTR nulla aveva affermato in ordine alla fondatezza o
meno degli “ulteriori rilievi”.
Siffatti motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto tra loro strettamente connessi, rnyo2 infoi
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Contrariamente a quanto sostenuto }dalla società ricorrenga CTR non si è limitata ad un mero rinvio alla

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motivazione della CTP ma, ad integrazione della stessa, ha precisato che, una volta che l’Ufficio aveva accettato
l’imponibile indicato nella dichiarazione integrativa, tanto da liquidare in base ad esso la somma dovuta a titolo
IRPEG, non poteva poi, ai soli fini ILOR, ignorando la detta dichiarazione, accertare un imponibile diverso; siffatte
considerazioni involgono la legittimità stessa del potere accertativo ed interessano l’accertamento nella sua
totalità, rendendo quindi superflua la specifica motivazione inerente i singoli “ulteriori rilievi” in esso contenuti.
Con il terzo motivo l’Agenzia, deduceva -ex art. 360 n. 3 cpc- violazione e falsa applicazione degli artt 9, comma
7, dpr 600/73 (come modificato dall’art. 14, comma 1, lett. a L. 408/90) e degli artt. 36 bis e 39, comma 1, dpr
600/73; al riguardo rilevava: che la contribuente aveva presentato dichiarazione integrativa ma non aveva
provveduto a pagare le imposte conseguenti; che, per il recupero di dette imposte, l’Ufficio aveva utilizzato,
quanto all’IRPEG, la cartella di pagamento e, quanto all’ILOR, l’avviso di accertamento in questione; quest’ultimo
non poteva ritenersi illegittimo sol perchè emesso con una forma (avviso di accertamento) diversa da quella da
utilizzare per il recupero (cartella di pagamento), atteso che l’avviso era da considerarsi atto più completo
rispetto alla cartella.
Il motivo è fondato.
In termini generali va, in primo luogo ribadito che l’Ufficio, dopo la dichiarazione integrativa, può legittimamente
procedere ad un nuovo accertamento; al riguardo va, invero, condiviso il principio già espresso da questa Corte,
secondo cui “in tema di imposte sui redditi, il ravvedimento operoso previsto dall’art. 14, comma 1, lettera a),

MOTIVI DELLA DECISIONE

della legge 29 dicembre 1990, n. 408 (che ha aggiunto un ultimo comma all’art. 9 del d.P.R. 29 settembre 1973,
n.600), la presentazione, cioè, di una dichiarazione tributaria integrativa, correttiva di errori ed omissioni
presenti in una dichiarazione precedente, costituisce esercizio di un potere riconosciuto al contribuente tanto
per agevolarlo nell’adempimento dell’obbligo di formulare la dichiarazione, quanto per consentire
all’Amministrazione di beneficiare della collaborazione del contribuente. L’esercizio di un siffatto potere non
spiega tuttavia alcun effetto preclusivo del potere di accertamento, da parte dell’Amministrazione, del rapporto
giuridico tributario oggetto della dichiarazione, in ragione della struttura e funzione di tale forma di integrazione
della dichiarazione, e della mancanza di un’espressa previsione normativa del detto effetto, la cui ammissione si
natura di atto … di iniziativa di un procedimento di accertamento tributario straordinario alternativo e di esso
sostitutivo.” (Cass. 10330/2007).
Correttamente, pertanto, nel caso di specie, l’Amministrazione ha proceduto all’accertamento in questione,
rettificando l’originaria dichiarazione sulla base (anche) delle risultanze della dichiarazione integrativa,
considerando tuttavia quest’ultima non come tale, ma “cautelativamente” (non risultando ancora detta
dichiarazione formalmente presentata) quale “elemento di accertamento”.
Né può contestarsi la legittimità di siffatto accertamento sol perché l’Ufficio, avvedutosi che il Centro di Servizio
aveva emesso ex art. 36 bis dpr 600/73 cartella esattoriale solo per il recupero dell’IRPEG relativo all’imponibile
di cui alla detta dichiarazione (lire 17.500.000.000), aveva dichiarato di abbandonare la controversia “solo ed
esclusivamente per tale importo ai fini IRPEG”, ben potendo, invero, l’Ufficio scindere e valutare in modo
differente, a seconda delle diverse imposte in considerazione, gli effetti della dichiarazione integrativa.
Legittimamente, infine, a fronte del pacifico mancato pagamento dell’imposta in questione (Ilor), l’Ufficio ha
proceduto ad attivare la relativa pretesa con l’avviso di accertamento, che è atto più completo della cartella di
pagamento (emessa ai sensi dell’art. 36 bis in relazione all’Irpeg), sicchè nessun pregiudizio alla difesa della
contribuente può ritenersi verificato.
Con il quarto motivo l’Agenzia, deducendo ex art. 360 n. 5 cpc insufficiente e/o contradditoria motivazione su un
punto controverso e decisivo per il giudizio, rilevava che la CTR, da un lato, dava atto della presentazione della
dichiarazione integrativa e della rinuncia dell’Ufficio alla pretesa concernente l’IRPEG in considerazione del già
attivato recupero di tale imposta; dall’altro, senza tenere conto che la contribuente non aveva pagato alcuna delle
imposte conseguenti alla sua dichiarazione, si era limitato ad affermare che la stessa aveva assolto
legittimamente al proprio obbligo tributario con il ravvedimento operoso, ritenendo in tal modo estinta
l’obbligazione tributaria solo con la presentazione della dichiarazione integrativa.
Siffatto motivo è inammissibile per violazione dell’ art. 366 bis c.p.c. (applicabile perché la sentenza impugnata è
stata depositata in data 24-7-2006, quindi nel vigore del detto articolo, introdotto con il D. Lg.vo n. 40 del 2006
ed abrogato, ma solo dal 4 luglio 2009, con l’ art. 47, primo comma, lett. d) della legge n. 69 del 2009).
La complessiva doglianza è, infatti, materialmente priva del “momento di sintesi”, richiesto in tutte le ipotesi di
vizio sussumibile nel n. 5 dell’ art. 360 c.p.c.; ed invero, per costante e condiviso principio di questa Corte, nel
caso previsto dall’ articolo 360, primo comma, n. 5, l’ illustrazione di ciascun motivo del ricorso per cassazione

risolverebbe nell’equiparazione della dichiarazione in parola ad una domanda di condono, la quale soltanto ha la

ENTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL D.p.a. 26/4/19’6
N. 131 TAB. ALL. – N. 3
MATERIA TRIBUTAXIA
deve contenere, a pena di inammissibilità, sia la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, sia le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della
motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, sia un momento di sintesi (omologo del quesito di
diritto), e cioè un’ indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’ illustrazione del
motivo e che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di
formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità; ciò anche quando l’indicazione del fatto
decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa la “ratio” che sottende la
disposizione indicata, associata alle esigenze deflattive del filtro di accesso alla S.C., la quale deve essere posta in

In conclusione, quindi, va accolto il terzo motivo del ricorso e rigettati gli altri motivi; va, pertanto cassata, in
relazione al motivo accolto, l’impugnata sentenza, e, decidendo nel merito, non essendo necessari ulteriori
accertamenti in fatto, va rigettato il ricorso proposto in primo grado dalla società contribuente, che, in
applicazione del criterio della soccombenza, va condannata al pagamento delle spese dell’intero giudizio,
liquidate come in dispositivo.
P. Q. M.
La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso e rigetta gli altri motivi; cassa, in relazione al motivo accolto,
l’impugnata sentenza, e, decidendo nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, rigetta il
ricorso proposto in primo grado dalla società contribuente, che condanna al pagamento delle spese dell’intero
giudizio, liquidate in complessivi euro 12.000,00 (euro 1.200,00 per il primo grado, euro 1.800,00 per il secondo
ed euro 9.000,00 per il presente giudizio di legittimità), oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma in data 18-1-2013 nella Camera di Consiglio della sez. tributaria.

condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di merito.

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