Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19700 del 17/09/2010

Cassazione civile sez. un., 17/09/2010, (ud. 19/01/2010, dep. 17/09/2010), n.19700

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Primo Presidente f.f. –

Dott. PREDEN Roberto – Presidente di sezione –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

PROCURA REGIONALE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE DELLA CORTE DEI

CONTI PER LA REGIONE LAZIO, in persona del Procuratore pro-tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 96;

– ricorrente –

contro

RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A. ((OMISSIS)), in persona del

Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

LUNGOTEVERE DELLE NAVI 30, presso 10 studio dell’avvocato SORRENTINO

FEDERICO, che la rappresenta e difende, per delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 242/2008 della CORTE CONTI – Sezione

giurisdizione per la Regione Lazio, depositata il 05/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE SALME’;

udito l’Avvocato Federico SORRENTINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PIVETTI Marco che ha concluso per: inammissibilità del ricorso

perchè proposto oltre il termine di 60 giorni dal deposito

dell’ordinanza impugnata; in subordine, inammissibilità del ricorso

perchè proposto avverso ordinanza interinale priva del carattere di

definitività; inammissibilità o in subordine rigetto dell’istanza

diretta ad ottenere l’enunciazione del principio di diritto ai sensi

dell’art. 363. In ulteriore subordine rigetto nel merito dell’istanza

stessa eventualmente con l’enunciazione del seguente principio di

diritto: “il soggetto nei confronti del quale è stato disposto il

sequestro di documenti ai sensi del D.L. 15 novembre 1993, n. 453,

art. 5, comma 6, lett. b), convertito con modificazioni nella L. 14

gennaio 1994, n. 19, può proporre reclamo al giudice contabile

competente per il merito dell’eventuale giudizio di responsabilità

cui il sequestro è preordinato”.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Procura generale presso la sezione giurisdizionale della corte dei conti della regione Lazio ha proposto nei confronti di alcuni dipendenti della RAI – Radiotelevisione s.p.a., in due distinti procedimenti attualmente pendenti davanti alla sezione giurisdizionale, azione di risarcimento dei danni e di nullità di alcuni contratti convenendo in giudizio anche la RAI, come “soggetto danneggiato tutelato dal pubblico ministero contabile … coinvolto in azioni tendenti a far dichiarare la nullità di atti contrattuali di cui essa è parte ..”, e ancor prima notificandole invito a dedurre.

La Rai invece di utilizzare il proprio ufficio legale ha affidato la sua difesa ad avvocati del libero foro. In relazione a tale scelta la medesima Procura generale ha avviato, nel 2007 una nuova procedura di accertamento, nell’ambito della quale, oltre a chiedere chiarimenti sulle ragioni che avevano indotto la società a conferire l’incarico all’esterno e l’esibizione della relativa documentazione contabile, chiedeva anche la trasmissione di tutta la corrispondenza tra il presidente e gli avvocati a cui era stato conferito il mandato e delle note interne con le quali si prospettavano le iniziative da assumere in merito ai due procedimenti già avviati.

La società forniva i chiarimenti richiesti e la documentazione contabile, ma si opponeva alla esibizione del carteggio relativo alla corrispondenza con gli avvocati e alle note interne concernenti i due procedimenti contabili instaurati, precisando – con nota del 29 gennaio 2008 – che avrebbe rimesso la questione alla sezione giurisdizionale e, infatti, con ricorso del 4 febbraio 2008 ha chiesto, ai sensi degli art. 699 c.p.c. e R.D. n. 1038 del 1933, art. 26, che venisse “in via d’urgenza accertato e dichiarato che la Rai non ha il dovere di esibire i documenti relativi alla propria strategia difensiva, richiesti dal procuratore generale con istanza del 21 gennaio 2008”, evidenziando che il diritto a mantenere riservati detti documenti rientra tra i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione.

Nella medesima data (ma con esecuzione avvenuta il 6 febbraio 2008, mediante acquisizione di plichi chiusi e sigillati), tuttavia, il procuratore generale disponeva il sequestro di tutti gli atti in possesso della Rai comunque collegati al conferimento dell’incarico in questione, ivi compresa la corrispondenza con i legali e le note interne relative alle iniziative giudiziali da assumersi. Rispetto a questo provvedimento la Rai proponeva – in data 8 febbraio 2008 – nuova istanza cautelare alla sezione giurisdizionale chiedendo che, “fermo il divieto per il procuratore generale di aprire i plichi sequestrati, venisse con urgenza accertata e dichiarata l’insussistenza di un obbligo della Rai di esibire i documenti relativi alla propria strategia difensiva” e venisse “dichiarata la conseguente illegittimità del provvedimento di sequestro e la restituzione alla Rai dei plichi acquisiti”. La sezione giurisdizionale con ordinanza depositata il 5 maggio 2008, in accoglimento del ricorso dichiarava non utilizzabili i documenti afferenti ai rapporti epistolari tra il presidente della Rai e i difensori e ne disponeva la restituzione ritenendo che in virtù del richiamo contenuto nel R.D. n. 1038 del 1933, art. 26, in mancanza di apposita disciplina era applicabile quella di cui agli artt. 692 e segg. c.p.c., pienamente compatibile anche con la fase amministrativa del procedimento contabile, nei limiti in cui sia diretta non a verificare la regolarità delle acquisizioni probatorie disposte dal procuratore generale o la rilevanza delle stesse, ma a valutare la compatibilità delle acquisizioni con il sistema complessivo dell’istruzione probatoria nel giudizio di responsabilità amministrativa ovvero con la tutela dei diritti fondamentali di cui agli artt. 2, 13, 14, 15, 24 e 111 Cost., anche mediante adozione di provvedimenti negativi. Contro detta ordinanza la Procura generale, con atto notificato il 13 gennaio 2009, proponeva ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., deducendo l’inesistenza del potere giurisdizionale attribuitosi dalla sezione giurisdizionale, attesa l’assenza di una normativa che consentisse all’organo giurisdizionale di sindacare le attività poste in essere dalla procura generale durante la fase istruttoria e, quindi, del potere di emettere pronunzie di accertamento negativo – e di conseguente condanna – dei poteri istruttori dell’organo requirente. Rilevava, in particolare, l’assoluta improprietà dello strumento utilizzato dal giudice contabile che, per poter prendere preventiva cognizione dell’attività della procura generale, aveva ricondotto l’azione esercitata dalla Rai nell’ambito dell’accertamento tecnico preventivo (artt. 692 e ss. cod. proc. civ.), estendendo – attraverso un richiamo a principi di valenza costituzionale (artt. 2, 13, 14, 15, 111 Cost.) – la propria giurisdizione oltre l’ambito fissato dalla normativa vigente, mentre, in ipotesi, avrebbe dovuto sollevare questione di legittimità costituzionale della L. n. 19 del 1994, art. 5, comma 6.

Il ricorso si conclude con la formulazione del seguente quesito: “Le Sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti precedentemente al deposito dell’atto di citazione introduttivo del giudizio risarcitorio hanno il potere di sindacato in merito alle attività poste in essere dalle Procure regionali nel corso della fase istruttoria (preprocessuale) e conseguentemente il potere di emettere pronunzie di accertamento negativo in merito ai poteri istruttori del pubblico ministero contabile e di condanna di tale organo al compimento di atti?”. In via subordinata, ove il ricorso fosse dichiarato inammissibile ha chiesto che, sulla medesima questione, la corte, in applicazione del disposto di cui all’art. 363 cod. proc. civ., comma 3, enunci il principio di diritto nell’interesse della legge.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile per le seguenti concorrenti ragioni:

a) è stato proposto oltre il termine di sessanta giorni dal deposito dell’ordinanza che, ai sensi del R.D. n. 1038 del 1933, art. 5, vale come notifica del provvedimento;

b) è stato proposto nei confronti di provvedimento di natura cautelare, privo di decisorietà e definitività e suscettibile solo di reclamo davanti alla sezione centrale della corte dei conti;

c) la questione non attiene ai limiti esterni della giurisdizione della corte dei conti, ma al concreto e corretto esercizio del potere;

d) il quesito di diritto è generico.

Va poi escluso, in ogni caso, che vi sia un difetto assoluto di giurisdizione, in sè ravvisabile solo ove manchi nell’ordinamento una norma di diritto astrattamente idonea a tutelare l’interesse dedotto in giudizio (per cui non compete ad alcun giudice il potere di decidere), dovendosi negare che – in relazione al diritto a mantenere riservati gli atti inerenti la propria difesa giudiziale e la corrispondenza con i difensori, oggetto di diretta garanzia costituzionale dagli artt. 2, 15 e 24 Cost. – una tale situazione sia anche solo lontanamente prefigurabile. Nè, del resto, appare controversa l’esistenza del potere della Corte dei Conti di verificare, in sede dibattimentale, l’ammissibilità delle prove fornite dal pubblico ministero contabile, per cui l’interesse a far valere l’illegittimità di un atto istruttorio trova una tutela da parte dell’ordinamento.

Non è neppure riconducibile ad un tale vizio, poi, la concreta soluzione interpretativa accolta dal giudice contabile, il quale, di fronte a inadeguatezze e lacune normative, ha ritenuto di rinvenire una “positiva soluzione nel ricorso all’istituto della istruzione preventiva ex artt. 692 e ss. c.p.c., attraverso il richiamo ai sensi del R.D. n. 1038 del 1933, art. 26”, trattandosi, eventualmente, di questione che afferisce alla modalità di esercizio della giurisdizione e non ai suoi limiti esterni.

Non merita accoglimento, infine, la richiesta di pronunzia del principio di diritto ex art. 363 cod. proc. civ., alla cui affermazione il ricorso sembra esclusivamente diretto, in quanto tale principio non potrebbe attenere ad ambiti esclusi dai poteri della Corte, che, come è noto, può conoscere solo delle censure proposte nei confronti di provvedimenti della Corte dei conti per motivi inerenti alla giurisdizione, mentre, come si è rilevato, nella specie le censure attengono al merito dell’attività giurisdizionale del giudice amministrativo.

P.Q.M.

La corte dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 19 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2010

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