Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19698 del 08/08/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 08/08/2017, (ud. 01/03/2017, dep.08/08/2017),  n. 19698

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9222-2012 proposto da:

A.D. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

contro

CASINO’ MUNICIPALE DI VENEZIA S.P.A., P.I. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI

FIORILLO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ADALBERTO PERULLI, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

A.D. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

– controricorrenti al ricorso incidentale –

e contro

COMUNIONE PROVENTI ALEATORI C.P.A., S.M.;

– intimati –

avverso la sentenza non definitiva n. 365/2010 della CORTE D’APPELLO

di VENEZIA, depositata il 11/11/2010 r.g.n. 433/2009;

avverso la sentenza definitiva n. 91/2011 della CORTE D’APPELLO di

VENEZIA, depositata il 06/04/2011 r.g.n. 433/2009;

il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza non definitiva del 31.5.2010 e poi con sentenza definitiva dell’8.2.2010 la Corte d’Appello di Venezia in parziale accoglimento del gravame promosso dalla Casinò Municipale di Venezia spa ha accertato che i ricorrenti in primo grado, impiegati di gioco addetti al reparto roulette, avevano diritto ai proventi relativi alle mance ai tavoli da gioco sulla base di un minimo garantito di un milione di Lire che tuttavia andava inteso non come quello pagato in mance dalla clientela, secondo l’interpretazione data dal giudice di primo grado delle norme contrattuali di cui all’art. 48 c.c.a.l. 1990 e dell’art. 23 del c.c.a.l. 1999, regolatrici di tale emolumento, ma come quello assegnato alla Comunione Proventi Aleatori, a seguito della suddivisione effettuata dal Casinò. In particolare la corte territoriale ha ritenuto che la sommatoria delle quote destinate ai singoli lavoratori (pari a un minimo di Lire 2790 pro-quota per ogni milione indiviso di mancia) non potesse comunque superare il 50% delle mance complessivamente incassate, fatta sempre salva la restante parte pur sempre destinata al Casinò, ciò diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice e dagli appellati, secondo cui il calcolo del minimo garantito avrebbe dovuto effettuarsi non sulla sola quota del 50% degli incassi destinati ai lavoratori ma sul totale. Conseguentemente la Corte ha poi condannato, con sentenza definitiva la società al pagamento delle minori somme dovute per ciascun lavoratore, rispetto a quelle liquidate dal primo giudice.

che avverso tali decisioni hanno proposto ricorso A.D. e gli altri litisconsorti, affidato a quattro motivi.

Che ha opposto difese la Casinò Municipale di Venezia spa con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale affidato a due motivi, cui hanno resistito i ricorrenti principali con controricorso.

che in data 1.2.2017 il P.G. ha formulato richieste.

che sono state depositate memorie da entrambe le parti ai sensi dell’art. 381 bis c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

Che con il ricorso principale si denuncia:a) la violazione degli artt. 112 e 416 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5 per avere la Corte erroneamente esaminato questioni sollevate tardivamente dalla parte convenuta non con la memoria di costituzione, bensì con successiva memoria, con riferimento alla base di computo su cui calcolare il minimo garantito e alla circostanza di un unico coacervo di mance, sia per i giochi francesi che per i giochi americani; b) I’ erronea applicazione della formula del minimo garantito sulle mance con omessa e contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5; c) la violazione dell’art. 1362 e dell’art. 1367 c.c. con riguardo all’art. 360 c.p.c., n. 3 oltre che insufficiente e contraddittoria motivazione con riguardo all’art. 360 c.p.c., n. 5, per avere la corte errato nell’accogliere la pretesa avanzata dal Casinò secondo cui le modalità di calcolo del minimo garantito di cui all’art. 48 dell’accordo aziendale andavano determinate con riferimento alla sola quota di incassi destinata ai dipendenti; d) violazione dell’art. 1362 c.c., comma 1 e art. 116 c.p.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la corte territoriale accolto senza alcuna motivazione il motivo di appello con il quale il Casinò ha chiesto la riforma della sentenza di primo grado che aveva tratto, ex art. 116 c.p.c.argomenti anche dal comportamento processuale di quest’ultima, senza neanche esaminare la copia, alterata, del verbale del procedimento di primo grado, relativo alle sommarie informazioni rese ai sensi dell’art. 425 c.p.c. dall’informatore sindacale M., aventi ad oggetto i metodi di calcolo del minimo garantito.

Che con i due motivi di ricorso incidentale il Casinò ha lamentato: a)la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. in relazione all’interpretazione dell’art. 48 c.a.a.l 1990 e art. 23 c.a.a.l. del 1999 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, con particolare riferimento all’individuazione del lavoratori destinatari dell’emolumento in esame, che erroneamente la corte territoriale aveva indicato nei croupier comunque in servizio, mentre a suo dire nella norma contrattuale si sarebbe fatto riferimento solo a coloro che erano in forza al 31.12.1990.; b)ornessa motivazione su un punto decisivo della controversia per non aver tenuto conto della testimonianza del M., sindacalista, che aveva parlato di “personale di gioco in forza”, con esclusione di coloro che sarebbero stati addetti o abilitati alla roulette nei periodi successivi.

Che il primo motivo del ricorso principale è infondato. Come è già stato osservato in analoga decisione di questa Corte, Cass. n. 21888/2016, in merito a medesimi fatti relativi alla stessa questione avente ad oggetto l’interpretazione delle clausole n. 48 e n. 23 dei contratti aziendali del 1990 sino al 1999, vigenti presso il Casinò Municipale di Venezia spa, il criterio di calcolo da utilizzare per determinare il diritto preteso dai ricorrenti sulla base dell’interpretazione di una certa clausola contrattuale investe la disciplina regolatrice della fattispecie e quindi la controversia sul criterio utilizzabile sulla base dell’esegesi del contratto non è limitata ad un fatto storico. Conseguentemente la contestazione effettuata dalla società nel corso del giudizio di primo grado in relazione ai “criteri per la determinazione della base di calcolo” non ha ad oggetto un’eccezione, ma una mera difesa, che non può quindi considerarsi tardiva e dunque preclusa.

Che il secondo, il terzo ed il quarto motivo possono essere valutati congiuntamente perchè connessi, potendosi superare le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla controricorrente sia con riferimento alla denuncia relativa alla violazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 svolta dai ricorrenti principali sebbene trattasi nel caso in esame di norme contrattuali aziendali e non di contratti collettivi nazionali, sia in relazione all’eccezione di improcedibilità, per difetto di autosufficienza.

Che infatti i ricorrenti hanno denunciato la violazione o falsa applicazione di contratti collettivi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ma anche la violazione delle norme di ermeneutica dettate dall’art. 1362 c.c. sempre con riferimento alla violazione delle norme di diritto di cui al citato art. 360, n. 3 avendo essi prospettato, sotto molteplici profili, l’inadeguatezza della motivazione della Corte d’Appello di Venezia anche in relazione alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e della congruità della motivazione. Conseguentemente va disattesa anche l’eccezione di improcedibilità per mancata produzione della contrattazione collettiva integrale del contratto, non rispondendo nel caso di specie tale adempimento ad alcuna funzione nomofilattica, non trattandosi di un sindacato di legittimità sull’interpretazione di contrattazione collettiva di livello nazionale.

Che egualmente non può ritenersi violato il principio di autosufficienza, atteso che il testo della disposizione collettiva oggetto di esame è stata riprodotta per completo nell’atto di ricorso ed anche nella sentenza impugnata.

Che vanno invece accolti gli ulteriori motivi di ricorso principale, in quanto fondati, dovendosi ritenere che la sentenza impugnata sia incorsa nella violazione dei canoni legali di ermeneutica.

Che, come riconosciuto nelle sentenze di merito, la ragione della stipulazione era quella di evitare che l’aumento del personale che si era verificato in occasione dell’apertura di altra sede del Casinò avesse determinato una diminuzione dei compensi dei croupier, determinati in base alla percentuale di mance assegnata alla Comunione Proventi Aleatori e poi ripartita tra il personale addetto al reparto roulette. A tal fine è stato previsto, a far tempo dal contratto aziendale del 1990, all’art. 48 che “Per tutta la durata del presente contratto le mance ai tavoli da gioco sono ripartite tra l’Azienda e il personale nella misura percentuale in atti e cioè: a) roulette 30/40, craps e black jack505 all’azienda e 50% al personale: comunque agli aventi diritto del reparto roulette sarà assicurato, da parte dell’Azienda, un minimo garantito di Lire 2790= pro quota per ogni milione indiviso di mancia, secondo la ripartizione vigente al 31.12.1990, garantendo il rispetto dell’istituto previsto dall’art. 3 del presente contratto; b) che chemin de fer: 54% all’azienda e 45% al personale”.

Che con il contratto aziendale del 1999 all’art. 23 il minimo garantito venne riformulato prevedendosi che: “comunque agli aventi diritto del reparto roulette sarà assicurato, da parte dell’azienda, sulla base della dotazione organica in essere un minimo garantito individuato pro – quota per milione indiviso di mancia, secondo la ripartizione vigente al 31.12.1990″.

Che sia la sentenza di primo grado (riportata nei punti essenziali nella sentenza di appello) che quella di secondo grado, come anche le posizioni espresse dalle parti nei rispettivi atti, danno atto che per giungere alla quantificazione del minimo garantito individuale si è operato nei seguenti termini: tenuto conto del 50% del milione di Lire posto a parametro di calcolo, si è divisa la somma di 500.000 Lire per 179 – numero dei dipendenti, che si temeva potesse crescere in ragione dell’apertura della nuova sede -, giungendo quindi all’importo di Lire 2.790, somma da attribuire, intera per coloro che avevano superato un’anzianità di 5 anni e in proporzione per gli altri con minore anzianità, per ogni milione di lite di mance introitato.

Che la corte d’appello tuttavia, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, secondo cui agli addetti alla roulette dovesse essere garantito comunque per ogni milione di Lire di mance acquisite il minimo stabilito nella cifra fissa di Lire 2790 atteso che le parti collettive avevano parlato di ” milione di lire indiviso”, si è discostata da tale interpretazione ed ha ritenuto che bisognava far riferimento all’importo dimezzato, proprio sull’originaria suddivisione del 50% tra Casinò e dipendenti e ciò in ragione.

Che questa Corte, con la sentenza prima ricordata n. 21888/2016, ha invece osservato che anche con riferimento ai contratti collettivi e a maggior ragione nel caso di contratti aziendali nel ricercare la volontà negoziale l’interprete deve sempre partire dal senso letterale delle espressioni usate e poi passare, solo in caso di non chiarezza delle stesse, agli ulteriori criteri ermeneutici che consentono di accertare quale sia la comune intenzione della parti (cfr Cass. 12360/2014), avendo il giudice il potere – dovere di ricavare tale comune intenzione in principalità dal testo letterale del contratto.

Che tuttavia la corte territoriale ha omesso di spiegare esaurientemente come abbia proceduto per ricercare quale fosse la comune volontà delle parti collettive; in particolare non è stato spiegato dalla Corte come possa attribuirsi all’espressione “un minimo garantito…per ogni milione indiviso di mancia” un significato diverso da quello attribuito dal primo giudice che, proprio considerando l’espressione usata dai contraenti “milione indiviso”, ha ritenuto che la garanzia del trattamento minimo operasse avuto riguardo al totale degli incassi e non alla sola metà.

Che ancora contraddittoria appare la sentenza anche con riguardo all’ulteriore elemento fondamentale nel processo di interpretazione negoziale che deve valutare quale sia la ratio della disposizione di cui all’accordo aziendale. Nel caso specifico tale ratio è quella di evitare che l’aumento del personale di sala in qualità di croupier diminuisse gli introiti di ciascuno nella misura garantita secondo il sistema di ripartizione vigente al 31 dicembre 1990, con riferimento ad un organico di 179 unità lavorativa.

Che conseguentemente con il sistema di calcolo adottato dalla Corte territoriale viene posta nel nulla la garanzia del minimo che “comunque” andava salvaguardato, perchè viene invece assegnata a ciascuno la quota esattamente spettante, ossia quella che viene calcolata a seguito della spartizione tra la società e C.P.A., in sostanza facendo suddividere tra gli aventi diritto la quota parte già ad essi assegnata.

Che pertanto la sentenza impugnata deve essere cassata dovendosi ritenere che l’esito del procedimento argomentativo della corte d’Appello dimostra la violazione degli artt. 1362 e 1367 c.c., risultando il metodo matematico scelto dalla stessa contrario alla comune intenzione delle parti i contraenti. Il giudice di rinvio dovrà quindi effettuare un nuovo esame delle clausole contrattuali interpretandole alla luce di quanto osservato da questa Corte, effettuando quindi nuovi calcoli per la determinazione delle spettanze di ciascun ricorrente principale.

Che devono essere rigettati i motivi di ricorso incidentale, perchè infondati. Ed infatti le doglianze della società, come già osservato nella citata sentenza n. 21888/2016, si limitano a proporre un’interpretazione alternativa degli accordi aziendali ed in particolare dell’art. 23 dell’accordo del 1999 in punto di individuazione degli aventi diritto al reparto Roulette, che la società ritiene circoscritti solo ai lavoratori già in servizio al 31.3.1990, senza tuttavia fornire una diversa e coerente ratio interpretativa rispetto a quella indicata dalla Corte territoriale, peraltro facendo riferimento anche alla testimonianza del sindacalista M., che implica una valutazione di merito preclusa in sede di legittimità. La Corte d’Appello invece ha correttamente argomentato che, ove si ritenesse che sono destinatari del beneficio solo i lavoratori in forza al 31.12.1990 e non coloro assunti anche successivamente, sì snaturerebbe la funzione della norma contrattuale diretta a regolare la determinazione del minimo garantito nel tempo ed in relazione al personale ogni anno presente presso la roulette.

Che va dichiarata cessata la materia del contendere con riferimento alle posizioni dei seguenti ricorrenti principali, essendo nelle more intervenute le conciliazioni stragiudiziali, prodotte in copia dalla società,: D.M. (conciliazione del 31.7.2013) V.B. (conciliazione del 5.6.2015), F.T. (conciliazione del 10.3.2015). Va egualmente dichiarata la cessazione della materia del contendere con riferimento alla dichiarazione di rinuncia all’azione in giudizio ed al diritto sottostante, espressa dal ricorrente B.G. con dichiarazione dell’8.8.2012, prodotta dalla società, emergendo da tale dichiarazione il difetto di interesse a proseguire nel processo.

– Che la sentenza, cassata, va rinviata alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese dei vari gradi di processo.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla corte d’Appello di Venezia in diversa composizione. Dichiara cessata la materia del contendere in relazione alle posizioni dei ricorrenti principali D.M., V.B., F.T. e B.G..

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 1 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2017

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