Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19694 del 21/09/2020

Cassazione civile sez. II, 21/09/2020, (ud. 21/01/2020, dep. 21/09/2020), n.19694

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20227/2019 proposto da:

F.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TORINO 7, presso

lo studio dell’avvocato LAURA BARBERIO, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIANLUCA VITALE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

e contro

PUBBLICO MINISTERO PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE CASSAZIONE;

– intimato –

avverso il decreto n. cron. 3340/2019 del TRIBUNALE di TORINO,

depositato il 17/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/01/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.S. – cittadino del (OMISSIS) – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Torino avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Torino che aveva rigettato la sua istanza di protezione in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’essersi dovuto allontanare dal suo Paese poichè rapito dai guerriglieri, che avevano ucciso il suo datore di lavoro – faceva il pastore per terzi -, quindi fuggito ai guerriglieri era stato rapito da camionista che l’aveva condotto in Algeria par farlo lavorare a sui vantaggio ed infine era fuggito in Libia e così s’era imbarcato per l’Italia.

Il Collegio subalpino ha rigettato il ricorso ritenendo non credibile il racconto del richiedente asilo, valutando che la situazione socio-politica del Mali non consentisse di ritenere concorrenti le specifiche situazioni per la protezione internazionale e che l’opponente nemmeno avesse dedotta situazione di vulnerabilità ai fini della protezione umanitaria.

Il F. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto del Tribunale piemontese articolato su unico motivo.

Il Ministero degli Interni, ritualmente, evocato è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto dal F. appare siccome inammissibile.

Con l’unico mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce violazione delle norme D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, commi 3 e 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, D.P.R. n. 21 del 2015, art. 6, commi 2 e 6 e direttiva U.E. circa i criteri legali di accertamento della situazione di violenza indiscriminata ai fini della protezione sussidiaria.

Il F. lamenta che il Collegio subalpino non ebbe, al fine di apprezzare la situazione socio-politica esistente attualmente in Mali,ad utilizzare fonti internazionali aggiornate pur da esso richiedente segnalate nei suoi scritti difensivi.

La censura s’appalesa generica posto che il ricorrente contesta la valutazione della situazione socio-politica esistente nel 2018, siccome puntualmente ricostruita dal Tribunale sulla base di fonti di conoscenza indicate in decreto e provenienti da Organismi internazionali, sulla scorta di evidenze – in tesi contrarie – desumibili da documentazione datata 2018 sempre proveniente da Organismi internazionali.

Tuttavia il ricorrente si limita a citare la documentazione in questione ma non anche ne illustra il contenuto, specie nella parte in cui lumeggerebbe una situazione socio-politica del Mali nel 2018 sensibilmente diversa da quella illustrata nel decreto dal Collegio cisalpino.

In buona sostanza l’argomentazione critica,svolta in ricorso, lungi dall’individuare la dedotta violazione di legge relativamente ai criteri di apprezzamento della questione regolata dal D.Lgs. n. 215 del 2007, art. 14, lett. c), semplicemente si compendia in apodittica affermazione di mala valutazione delle informazioni acquisite in causa e generica prospettazione dell’esistenza di informazioni di segno contrario non esaminate.

Alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità stante la mancata costituzione dell’Amministrazione.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso, nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello,ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 21 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2020

 

 

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