Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19689 del 24/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19689 Anno 2018
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 14010-2017 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F.97103880585, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA n.190, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTA MAZZI, rappresentata e difesa
dall’avvocato DAVIDE ESPOSITO;
– ricorrente Contro

IESS1NÀ FRANCESCO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
TAGLIAMENTO n.55, presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI
PIERRO, rappresentato e difeso dagli avvocati AGNESE GEMIN,
ANDREA BODI, e PAOLO BETTIOL;
– controricorrente avverso la sentenza n. 501/2016 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA, depositata il 22/12/2016;

Data pubblicazione: 24/07/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 07/06/2018 dal Consigliere Dott. GIULIO
FERNANDES.
RILEVATO
che, con sentenza del 22 dicembre 2016, la Corte d’Appello di
Venezia, in riforma della decisione di primo grado, dichiarava la

Messina con Poste Italiane s.p.a. con decorrenza 10 luglio 2008 in
rapporto a tempo indeterminato con condanna della società a
riammettere in servizio il lavoratore ed al pagamento in suo favore di
un’indennità ex art. 32 L. n. 183/2010 pari ad 2,5 mensilità
dell’ultima retribuzione globale di fatto;
che, per quello ancora di rilievo in questa sede, la Corte territoriale
riteneva la nullità del termine apposto al contratto – stipulato ai
sensi dell’art. 2 comma 1 bis d.lgs. 6 settembre 2001 n. 368 così
come modificato dalla legge 23 dicembre 2005 n. 266 – non avendo
Poste Italiane s.p.a. provato il rispetto della cd. “clausola di
contingenta mento”;
che per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso Poste
Italiane s.p.a. affidato a cinque motivi cui resiste il Messina con
controricorso;
che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art.
380-bis cod. proc. ritualmente comunicata alle parti, unitamente al
decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
CONSIDERATO

che. con il primo motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa
applicazione degli artt. 115, 116, 420, 421 e 437 cod. proc. civ. ( in
relazione all’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.) e con il
secondo omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è
stato oggetto di discussione tra le parti ( in relazione all’art. 360,
primo comma, n.5, cod. proc. civ.) per avere la Corte di appello
erroneamente ritenuto non provata da parte della società
l’osservanza del limite percentuale di assunzione di lavoratori a

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conversione del contratto di lavoro a termine stipulato Francesco

tempo determinato omettendo di ammettere le istanze istruttorie
articolate e di esercitare i propri poteri ufficiosi; con il terzo ed il
quarto motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione di
plurime disposizioni di legge per avere la Corte territoriale
erroneamente applicato il criterio del “fu!! time equivalent” per
calcolare il numero degli assunti a tempo indeterminato ed il diverso
criterio “per teste” per determinare il numero dei contratti a termine

verificare il rispetto della cd. “clausola di contingentamento” laddove,
invece, paragonando dati omogenei (testa/lavoratore) avrebbe
potuto constatare che il limite percentuale del 15% era stato
rispettato; con il quinto motivo si lamenta violazione e falsa
applicazione dell’art. 2, comma 1 bis, del d.Lgs del 6 settembre 2001
n. 368 in relazione all’art. 1418 cod. civ. essendo del tutto errata
l’affermazione contenuta nell’impugnata sentenza secondo cui
l’accertato mancato rispetto della cd. “clausola di contingentamento”
non comporta effetti solo sui contratti conclusi dopo il superamento
del limite legislativamente fissato ma “comporta l’insussistenza della
stessa esigenza oggettiva, come tipizzata dal Legislatore e di
conseguenza l’illegittimità del termine apposto” ai contratti a termine
conclusi nell’anno di riferimento;
che i primi quattro motivi sono fondati in quanto il raffronto deve
essere effettuato su base omogenea verificando il rispetto della
percentuale di contingentamento sia secondo il criterio del ‘full time
equivalent’

sia secondo quello ‘per teste’ tanto l’organico aziendale

quanto il numero dei lavoratori a termine. La tesi sostenuta
nell’impugnata sentenza si Fonda sull’applicazione di un doppio
criterio, il primo sulla base del principio del ‘full time equivalenti per
determinare l’organico ed un secondo ‘per teste’ per determinare gli
assunti a termine. In tal modo, però, si realizza un raffronto
irrazionale per la disomogeneità dei parametri di commisurazione
delle due grandezze e non coerente con la formulazione letterale
della norma che è quella di garantire un’adeguata proporzione tra
due specifiche tipologie contrattuali – tempo determinato e tempo
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stipulati finendo con il paragonare termini non omogenei onde

indeterminato – (cfr. Cass. 11 febbraio. 2014, n. 3031 resa con
riguardo ad una ipotesi in cui la percentuale da non superare era
stata fissata dalla contrattazione collettiva e la recente Cass. 15
gennaio 2018, n. 753 resa proprio con riferimento all’art. 2, co. 1
bis, del d.lgs. n. 368/2001);
che

l’accoglimento

dei

primi

quattro

motivi

comporta

l’assorbimento del quinto;

relatore, vanno accolti i primi quattro motivi, assorbito il quinto,
l’impugnata sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti con
rinvio alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione anche
per le spese del presente giudizio;
P.Q.M.
La Corte, accoglie i primi quattro motivi di ricorso, assorbito il
quinto, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di Appello di
Venezia in diversa composizione anche per le spese del presente
giudizio.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2018
ente

che, alla luce di quanto esposto, in adesione alla proposta del

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