Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19688 del 28/08/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19688 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

ORDINANZA
sul ricorso 24284-2011 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA
80185250588, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE
FINANZE 80415740580, MINISTERO DELLA SALUTE, tutti in
persona dei rispettivi Ministri pro-tempore, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che h rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrenti –

Contro
CINO SILVIA CNISLV61H69L117N, CRISTOFORI MARIA
CRISTINA CRSMCR55L55D548R, ORSINI ELISABETTA
RSNLBT56T66D 548N ,

VACCARI

MARCO

VCCMRC60M23D548Q,

ZAVARINI

GUIDO

ZVRGDU58M18D548D, ZIOSI MICHELE ZSIMHL58E12D548T,

Data pubblicazione: 28/08/2013

BRANCOLINI RAFFAELE BRNRFL6OLO6F240X, CHIARELLI
PATRIZIA

CHRPRZ58R66D548B,

LODI

PIERLUIGI

LDOPLG58T17A965G,

MANTOVANI

ROBERTO

MNTRRT61M15D 548U,

RAELE

GIUSEPPE

RLAGPP52R1OH 687H, ROMAGNOLI LEONARDO

RMGLRD51P30E3200, BARIANI MARIA CRISTINA
BRNMCR54T71D548S, BONINI VALERIA
BNNVLR63H46D 548M, BUOSO RITA BSURTI57E64I953C,
CAVICCHI MARINA CVCMRN57R45D548S, CEVOLARI
RICCARDO CVLRCR55T19D 548G, CHIAVACCI GIORGIO
CHVGRG60M06D548Z, PEDRONI VITTORIO
PDRVTR56B14D548E, TROVATO RITA TRVRTI53S43A952U, DI
LEO ANNA MARIA TERESA DLINMR60B63H416P, GRAZZI
GIOVANNI GRZGNN57S08A965D, MANFREDINI FABIO
MNFFBA60H13C469X, ROMANO DEBORA
RMNDBR61P54F839L,

RUGGERI

RITA

BONE’TTI

STEFANO

CALZOLARI

FRANCESCA

RGGNRT62L63D548M,
BNTSFN52B11D548W,

ANNA

CLZFNC61R43D548K,

CHIEREGATO

CHRRTR60S28A539X,

MANGOLINI

MNGCST63R57D548K,

TOMA SI

ARTURO
CRISTINA
ALESSANDRA

TMSLSN59P53D548U, FAVA DEANNA FVADNN60D54C469P,
PELATI ROBERTO PLTRRT61S08D548C, SARTEA MONICA
SRTMNC60C46D548Z,

BERETTA

FAUSTO

BRTFST60M27D548C,

BREVEGLIERI

PAOLO

BRVPLA56E59D548J, SCLAU ZERO EUGENIO
SCLGNE60C01G284S, SGOBINO PAOLO SGBPLA57R25D548P,
TARABIA CRISTINA TRBCST61C55E897W, TEODORI
VALERIA TDRVLR53B56D548M, TROVATO CRISTINA
Ric. 2011 n. 24284 sez. M3 – ud. 03-07-2013
-2-

i1

TRVCST56D61A952H,
BRLNNA59H44G768Y,
CLFNLS61R43D548I,
4
CLMGR55023H896I,

BORELLINI
CALIFANO

ANNA
ANNA

LISA

COLOMBARI

GIORGIO

COSTANTINO

DEMETRIO

CSTDTR58M01H224D,

CRISTOFORI

MARCO

GHIGLIONI GIUSEPPE GHGGPP55T21D548E, MANTOVANI
LUCIA MNTLCU60T45I662F, MAZZACURATI LUCA
MZZLCU59B03D5480, MAZZONI GIANNI
MZZGNN60A30D548I, RODA CHIARA RDOCHR62B46D548D,
RUSSO ROBERTO RSSRRT59H07D530C, elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA CASSIADORO 1/A, presso lo studio dell’avvocato
UVA GENNARO, che li rappresenta e difende, giusti mandati speciali
in calce al controricorso;
– controrícorrenti nonché contro
ZANONI MARCO, CAVALLARI LORENZO, COLOMBARI
SERGIO, MANFREDINI MARCO;

intimati

avverso la sentenza n. 2382/2011 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 16.2.2011, depositata il 30/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
03/07/2013 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO;
udito per i ricorrenti l’Avvocato dello Stato Ettore Figliolia che si
riporta ai motivi del ricorso;
udito per i controricorrenti l’Avvocato Sergio Smedile (per delega avv.
Gennaro Uva) che si riporta agli scritti.

Ric. 2011 n. 24284 sez. M3 – ud. 03-07-2013
-3-

CRSMRC58A19D548J, FOGLI MARCO FGLMRC56P22D548J,

È presente il Procuratore Generale, in persona della Dott.ssa
ANTONIETTA CARESTIA, che conclude come da relazione scritta.
I. È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, ai sensi dell’art.
380-bis cod. proc. civ. e datata 30.10.12, regolarmente comunicata al
pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti, sul ricorso

«1. — I Ministeri dell’Istruzione Università e Ricerca, della Salute e
dell’Economia e Finanze ricorrono per la cassazione della sentenza in
epigrafe indicata, con cui è stato rigettato il loro appello avverso la
sentenza n. 60/06 del tribunale di Roma, con cui era stata accolta nei
loro confronti la domanda di Maria Cristina Bariani ed altri
cinquantatre medici per il pagamento della giusta remunerazione per il
periodo di frequentazione di scuole universitarie di specializzazione di
medicina, per inadempimento agli obblighi derivanti allo Stato dalle
direttive n. 75/362/CEE e 82/76/CEE. Degli intimati resistono con
controricorso tutti, tranne … .
2. — Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio — ai sensi degli
artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., essendo oltretutto soggetto alla
disciplina dell’art. 360-bis cod. proc. civ. — per essere ivi rigettato, per
quanto appresso indicato.
3. — I ricorrenti sviluppano tre motivi: un primo (rubricato “violazione
artt. 112, 342, 352 c.p.c.; motivazione omessa, insufficiente,
contraddittoria, artt. 360 nn. 3, 4, 5 c.p.c.”), con cui si dolgono
dell’omessa disamina delle censure mosse con l’atto di appello; un
secondo (rubricato “difetto di legittimazione dei ministeri epigrafati
ricorrenti — violazione art. 2043 cod. civ.; violazione L. 257/1991, L.
370/1999; violazione direttive CEE 82/6, 362/75: violazione Leggi n.
1611/1933; n. 103/1979; n. 260/1958; art. 360 n. 3 c.p.c.”), con il
quale censurano l’affermata loro passiva legittimazione; un terzo
Ric. 2011 n. 24284 sez. M3 – ud. 03-07-2013
-4-

avverso la sentenza della corte di appello di Roma del 30.5.11, n. 2382:

(rubricato “violazione dei principi in tema di indennizzo per danni
provocati da responsabilità senza colpa — violazione art. 2043 cod.
civile, omessa insufficiente contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio, art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.”), con il
quale lamentano il riconoscimento della natura risarcitoria del credito e

costituito dalla L. 257/91 e delle differenziate posizioni delle parti in
punto di durata del corso e dell’orario obbligatorio di frequenza.
4. — Dal canto loro, i controricorrenti … contestano nel merito i
singoli motivi di ricorso.
5. — Va premesso che, in materia, per la giurisprudenza ormai
consolidata di questa Corte:
5.1. a seguito della tardiva ed incompleta trasposizione
nell’ordinamento interno delle direttive n. 75/362/CEE e n.
82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai
corsi di specializzazione universitari – realizzata solo con il d.lgs. 8
agosto 1991, n. 257 – è rimasta inalterata la situazione di inadempienza
dello Stato italiano in riferimento ai soggetti che avevano maturato i
necessari requisiti nel periodo che va dal 10 gennaio 1983 al termine
dell’anno accademico 1990-1991; la lacuna è stata parzialmente
colmata con l’art. 11 della legge 19 ottobre 1999, n. 370, che ha
riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore dei
beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice
amministrativo; ne consegue che tutti gli aventi diritto ad analoga
prestazione, ma tuttavia esclusi dal citato art. 11, hanno avuto da quel
momento la ragionevole certezza che lo Stato non avrebbe più
emanato altri atti di adempimento alla normativa europea: nei
confronti di costoro, pertanto, la prescrizione decennale della pretesa
risarcitoria comincia a decorrere dal 27.10.99, data di entrata in vigore
Ric. 2011 n. 24284 sez. M3 – ud. 03-07-2013
-5-

l’entità della liquidazione, operata senza tener conto del parametro

del detto art. 11 (Cass. 17 maggio 2011, nn. 10813, 10814, 10815 e
10816; tra le altre: Cass. 31 agosto 2011, n. 17868; Cass. 11 novembre
2011, n. 23568; Cass. 9 febbraio 2012, n. 1917);
5.2. in merito a detta situazione, poi, nessun rilievo ha la sopravvenuta
disposizione di cui all’art. 4, comma 43, della legge 12 novembre 2011,

danno da mancato recepimento di direttive comunitarie soggiace alla
disciplina dell’art. 2947 cod. civ. e decorre dalla data in cui il fatto, dal
quale sarebbero derivati i diritti se la direttiva fosse stata
tempestivamente recepita, si è effettivamente verificato – se non altro
perché si tratta di norma che, in difetto di espressa previsione, può
spiegare la sua efficacia esclusivamente rispetto a fatti verificatisi
successivamente alla sua entrata in vigore e cioè al 1 ° gennaio 2012
(Cass. 9 febbraio 2012, n. 1917; Cass. 8 febbraio 2012, n. 1850);
5.2. quanto all’identificazione del Ministero quale legittimato passivo
della pretesa risarcitoria, in analoghe controversie (Cass., 17.5.11 n.
10814) si è già affermato che:
– una tale contestazione è fondata, là dove la sentenza impugnata ha
ravvisato la legittimazione del Ministero ricorrente come tale, ma la sua
fondatezza non può comportare la cassazione della sentenza, poiché si
evidenzia semplicemente una situazione nella quale l’essere stata
proposta la domanda contro il Ministero vede quest’ultimo legittimato
quale articolazione direttamente riferibile alla Presidenza del Consiglio
dei Ministri quale vertice dell’esecutivo abilitato a contraddire alla
domanda: la motivazione dev’essere solo corretta in questo senso;
– e tanto alla stregua del seguente principio di diritto: il limite
introdotto, dalla disposizione di cui alla legge 25 marzo 1958, n. 260,
art. 4 (recante “Modificazioni alle norme sulla rappresentanza in
giudizio dello Stato”), alla rilevanza dell’erronea individuazione
Ric. 2011 n. 24284 sez. M3 – ud. 03-07-2013
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n. 183 – secondo cui la prescrizione del diritto al risarcimento del

dell’autorità amministrativa competente a stare in giudizio (limite in
virtù del quale l’errore di identificazione della persona alla quale l’atto
introduttivo del giudizio e ogni altro atto doveva essere notificato,
deve essere eccepito dall’Avvocatura dello Stato nella prima udienza,
con la contemporanea indicazione della persona alla quale l’atto

rirnessione in termini della parte attrice, alla quale il giudice deve
assegnare un termine entro il quale l’atto introduttivo deve essere
rinnovato), opera non solo con riguardo alla ipotesi di erronea vocatio in
ius, in luogo del Ministro titolare di una determinata branca della P.A.,
di altra persona preposta ad un ufficio della stessa, ma anche con
riferimento alla ipotesi di vocatio in ius di un Ministro diverso da quello
effettivamente “competente” in relazione alla materia dedotta in
giudizio (Cass. n. 8697 del 2001; in senso conforme Cass. n. 11808 del
2003; sostanzialmente conformi: Cass. n. 16031 del 2001; n. 1405 del
2003; n. 4755 del 2003);
– questo orientamento – contraddetto isolatamente da Cass. n. 6917 del
2005 – sembra, infatti, avere ricevuto l’avallo di Cass. sez. un. n. 3117
del 2006, che solo con riferimento alla peculiarità propria della materia
delle opposizioni a sanzioni amministrative ha reputato di seguire la
tesi più rigorosa;
– ora, nella specie l’Avvocatura dello Stato, quale patrocinatore del
Ministero convenuto, avrebbe potuto richiedere l’applicazione della
norma della legge n. 260 del 1958, art. 4: ma, invece, ha ritenuto di
prospettare una vera e propria questione di legittimazione sostanziale,
che non ha però alcun fondamento alla stregua del principio di diritto
sopra ricordato;
5.3. quanto alla liquidazione del danno, va poi riaffermato (con
richiamo integrale alle ampie argomentazioni già sviluppate in Cass. 11
Ric. 2011 n. 24284 sez. M3 – ud. 03-07-2013
-7-

doveva essere notificato; eccezione dalla cui formulazione discende la

novembre 2011, n. 23558 o in Cass. 13 marzo 2012, n. 3972) il
principio per il quale si tratta di un peculiare diritto (para-)risarcitorio,
con successiva quantificazione equitativa, la quale — da un lato — abbia
quale parametro le indicazioni contenute nella L. 19 ottobre 1999, n.
370 (con la quale lo Stato italiano ha ritenuto di procedere ad un

tutte le categorie astratte in relazione alle quali, dopo il 31 dicembre
1982, si erano potute verificare le condizioni fattuali idonee a dare
luogo all’acquisizione dei diritti previsti dalle difettive comunitarie, e
che non risultavano considerate dal D.Lgs. del 1991) e — dall’altro —
comporti esclusivamente gli interessi — e quindi non anche la
rivalutazione, salva la prova del maggior danno ai sensi del capoverso
dell’art. 1224 cod. civ. — e dalla data della messa in mora, in
considerazione del fatto che, con la monetizzazione avutasi con la
legge n. 370 del 1999, l’obbligazione risarcitoria acquistò il carattere di
un’obbligazione di valuta.
6. — E tuttavia, in violazione dei nn. 3 e 6 del comma primo dell’art.
366 cod. proc. civ. (in particolare, dovendo il ricorso per cassazione
contenere tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in
grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo
oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle
specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità
di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza
stessa; exp/urimis: Cass. 9 giugno 2011, n. 12713; Cass. 4 aprile 2006, n.
7825; e avendo altresì il ricorrente che proponga in sede di legittimità
una determinata questione giuridica, la quale implichi accertamenti di
fatto, l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per
novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della
questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale
Ric. 2011 n. 24284 sez. M3 – ud. 03-07-2013
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sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo nei confronti di

atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di
controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare
nel merito la questione stessa; per l’ipotesi di questione non esaminata
dal giudice del merito: Cass. 20 ottobre 2006, n. 22540; Cass. 27
maggio 2010, n. 12992), i Ministeri ricorrenti:

tenore testuale degli atti in cui sarebbero state mosse, né indicano la
sede processuale ove rinvenirle, le censure di cui lamentano l’omesso
esame o comunque quello delle domande in primo e secondo grado,
dalla cui comparazione verificare la lamentata non corrispondenza tra
chiesto e pronunciato; mentre l’affermazione della natura risarcitoria
della peculiare obbligazione dello Stato è conforme ai principi di diritto
suddetti;
– quanto al terzo motivo, non è nemmeno in tal caso idoneamente
trascritto ogni utile passaggio degli atti dei gradi precedenti — né ne
sono indicate le sedi processuali — in cui le relative contestazioni
sarebbero state tempestivamente mosse ai giudici del merito.
7. — Quanto al secondo motivo, esso non può condurre alla cassazione
della gravata sentenza, potendosi correggere il pur sussistente errore
nel senso che i Ministeri ricorrenti devono in sostanza ritenersi evocati
come articolazione del Governo della Repubblica, con correzione della
motivazione della gravata sentenza: del resto non constando avere
l’Avvocatura scelto di tempestivamente invocare la norma suddetta in
primo grado, visto che non dimostra — e specificamente non riporta in
ricorso con trascrizione idonea del relativo passaggio processuale ed
indicazione della relativa sede, in violazione dell’art. 366, co. 1, n. 6,
cod. proc. civ. — di avere contestato da subito l’erroneità
dell’individuazione della P.A. effettivamente competente (e non
potendo trovare applicazione, per il più pregnante ruolo attribuito al
Ric. 2011 n. 24284 sez. M3 – ud. 03-07-2013
-9-

– quanto al primo motivo, non riportano integralmente in ricorso il

processo di primo grado ed alle attività difensive del convenuto dalla
riforma di cui alla legge 353/90, la più permissiva conclusione di Cass.
26 aprile 1983, n. 2872: nel solco del superamento delle facoltà
concesse al contumace in primo grado, già consolidato da Cass. Sez.
Un., ord. 12 maggio 2008, n. 11657): e proprio tale decisiva

fatto, dovrebbe escludere — salva ogni diversa valutazione del Collegio
— l’applicabilità alla specie del dictum di Cass. Sez. Un. 29 maggio 2012,
n. 8516.
8. — Inammissibili il primo ed il terzo motivo ed infondato il secondo
nel senso suddetto, si deve quindi proporre al Collegio il rigetto del
ricorso».

Motivi della decisione
II. Non sono state presentate conclusioni scritte, ma i ricorrenti hanno
depositato memoria e tutte le parti sono comparse in camera di
consiglio per essere ascoltate.
III. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di
consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto
esposti nella su trascritta relazione e di doverne fare proprie le
conclusioni, non comportandone il superamento gli argomenti
sviluppati nella memoria depositata dai ricorrenti.

MI

Infatti, la questione è stata affrontata con dovizia di

argomentazioni da questa Corte a partire dalle sentenze nn. 10813,
10814, 10815 e 10816 del 17 maggio 2011: sui cui principi la
giurisprudenza di questa Corte si è poi andata definitivamente
consolidando nei medesimi sensi (basti qui menzionare, tra le altre, le
pronunce: dell’anno 2011: 16394, 17868, 21497, 21498, 21499, 21500,
21501, 21973, 23270, 23272, 23275, 23276, 23296, 23297, 23298,
23558, 23560, 23564, 23565, 23566, 23567, 23568, 23569, 23576,
Ric. 2011 n. 24284 sez. M3 – ud. 03-07-2013
-10-

circostanza, che impedisce di ritenere sussistenti identici presupposti di

23577, 23578, 23579, 23580, 23581, 23582, 23729, 23730, 23731,
23732, 23733, 23734, 23735, 23738, 23764, 23999, 24019, 24020,
24086, 24087, 24088, 24091, 24092, 24093, 24094, 24813, 24815,
24816, 24817, 24818, 24819, 24820, 24821, 24822, 25992, 25993,
25994, 26701, 26702; dell’anno 2012: 1182, 1850, 1917, 3972, 3973,

7257, 7282, 8403, 10298, 21003, 21006, 21072, 21073, 21074, 21075,
21076, 21077, 21719, 21720, 21721, 21722, 22034, 22035, 22036,
22037, 22038, 22040, 22041, 22042, 22709, 22875, 22876, 23929;
dell’anno 2013: 238, 586, 587, 1156, 1157, 1330, 1331, 1588, 1589,
1591, 1864, 3217, 3218, 3219, 3220, 3279, 8578, 8579, 8580, 11941,
14062, 16104).
L’isolata contraria opinione di Cass. 9071/13 – prontamente invocata
dalla difesa erariale – non può quindi rilevare (in tal senso, v. già Cass.
26 giugno 2013, n. 16104), bastando qui un integrale richiamo ai
principi in tale ben più pregnante orientamento elaborati, cui è
possibile e doveroso assicurare continuità anche in questa sede.
111.2. Ancora, in applicazione dei principi già enunciati da Cass., ord.
17 giugno 2013, n. 15195, ovvero da Cass. 18 giugno 2013, n. 15197
(ove ulteriori riferimenti), nonché di quelli elaborati da Cass. 26 giugno
2013, n. 16104, può concludersi che:
111.2.1. ribadito il principio affermato da Cass. Sez. Un. 29 maggio
2012, n. 8516, per il quale l’operatività dell’art. 4 della legge 25 marzo
1958, n. 260, è limitata al profilo della rimessione in termini, deve
ritenersi che, quanto meno nel caso in caso di contumacia in
primo grado o in quello in cui l’eccezione di erroneità di
identificazione della controparte pubblica manchi anche solo
della contemporanea indicazione di quella corretta, le esigenze
di tutela del diritto del privato impongono di ritenere inefficace
Ric. 2011 n. 24284 sez. M3 – ud. 03-07-2013
-11-

4240, 4241, 4537, 4538, 4539, 5064, 5065, 5533, 5640, 5642, 6911,

l’eccezione stessa e, impedendo così la rimessione in termini
della controparte, comportano la definitiva sanatoria del vizio
originario di identificazione del convenuto: con la conseguenza che
gli effetti della pronuncia si produrranno nei confronti non del reale o
corretto destinatario, ma solo del destinatario effettivo della domanda;

l’articolazione evocata erroneamente in vece di quella giusta e ci si
trovi in presenza di distinte soggettività, è la difesa erariale che invoca
l’applicazione dell’art. 4 e, quindi, adempie al dovere di segnalare la
soggettività giusta, che dopo avere tenuto tale comportamento, è
legittimata a chiedere una rimessione in termini; se la difesa erariale
non lo faccia e, tanto se si astenga dall’indicare la soggettività giusta,
quanto se la indichi, l’irritualità così verificatasi, non integrando un
vero e proprio problema di legittimazione, diventa irrilevante e la
soggettività evocata erroneamente in giudizio vi deve restare senza
poter pretendere che la relativa questione sia trattata come difetto di
legittimazione; e semmai, se la soggettività nell’articolazione giusta sia
indicata sarà essa a poter intervenire in giudizio ed a rivendicare la
rimessione in termini di cui parlano le Sezioni Unite;
111.2.3. poiché non risulta — anche in relazione al contenuto specifico
del ricorso, in rapporto alle prescrizioni di cui all’art. 366 cod. proc.
civ. — che la difesa erariale abbia invocato tempestivamente e
ritualmente (vale a dire, con le modalità sopra riassunte) la norma
dell’art. 4 della legge 260 del 1958, la sua eccezione non può condurre
alla cassazione della sentenza, bene questa essendo stata resa nei
confronti dell’Amministrazione che non si è — o che non dimostra
essersi — ritualmente avvalsa della detta facoltà;
111.2.4. pertanto, sia pure con la corrispondente correzione — sul punto
— della gravata sentenza, il motivo di ricorso va rigettato.
Ric. 2011 n. 24284 sez. M3 – ud. 03-07-2013
-12-

111.2.2. in altri termini, ove la difesa erariale si sia costituita per

IV. Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., il ricorso
va rigettato ed i soccombenti ricorrenti condannati al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità in favore delle controparti che hanno
notificato controricorso, tra loro in solido per l’evidente comunanza
dell’interesse in causa e nella misura di cui in dispositivo, in ragione

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese di legittimità in favore dei controricorrenfi, tra loro in solido,
liquidate in C 4.200,00, di cui 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione
civile, addì 3 luglio 2013.

Il Presidente

della molteplicità dei soggetti che ivi hanno conferito valida procura.

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