Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19688 del 24/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19688 Anno 2018
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 13913-2017 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F.97103880585, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliota in ROMA,
VIALE MAZZINI n.134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI
FIORILLO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente contro
DE IACOVO AURELIANO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA F. CORRIDONI n.14, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO
EMANUELE DE FELICE, rappresentato e difeso dall’avvocato
FRANCESCO PAPA;

– controricorrente avverso la sentenza n. 1058/2016 della CORTE D’APPELLO di
BARI, depositata il 24/05/2016;

C- U

Data pubblicazione: 24/07/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 07/06/2018 dal Consigliere Dott. GIULIO
FERNANDES.
RILEVATO
che, con sentenza del 24 maggio 2016, la Corte di Appello di Bari,
in riforma della decisione del primo giudice, dichiarava la nullità ‘del
termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra Aureliano De

31 dicembre 2002 e, accertata la sussistenza di un rapporto di
lavoro a tempo indeterminato tra le parti, condannava la società alla
riammissione in servizio del lavoratore ed al pagamento in favore di
quest’ultimo dell’indennità di cui all’art. 32, comma 5 0 , della L. 23
dicembre 2010 n. 183 commisurata in quattro mensilità dell’ultima
retribuzione globale di fatto oltre accessori;
che

il termine era stato apposto per

“esigenze tecniche

organizzative e produttive anche di carattere straordinario
conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un
più funzionale riposizionamento di

risorse sul territorio, anche

derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti
all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o
servizi nonché all’attuazione delle previsioni di cui agli Accordi del
17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio, 13 febbraio, 17
aprile, 30 luglio e 18 settembre 2002”;
che

ad avviso della Corte territoriale, nonostante la clausola

appositiva del termine fosse specifica, tuttavia la società non aveva
provato la ricorrenza in concreto, ovvero con riferimento all’uiricio di
destinazione del lavoratore, delle esigenze indicate in contratto;
che per la cassazione della predetta decisione propone ricorso Poste
Italiane affidato a tre motivi cui resiste con controricorso il De
la covo;
che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art.
380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti,

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Iacovo e Poste Italiane s.p.a. e relativo al periodo dal 2 ottobre al

unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di
consiglio;
CONSIDERATO
che: con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa
applicazione degli artt. 112, 115 e 345 cod. proc. civ. ( in relazione
all’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.) per avere la Corte di
appello ritenuto la nullità del contratto impugnato sotto profili mai

coinvolgimento di destinazione del De Iacovo nei processi
di mobilità indicati nella clausola appositiva del termine non era stato
mai contestato; con il secondo mezzo si lamenta violazione e falsa
applicazione degli artt. 4, comma 2, del d.lgs. 6 settembre 2001 n.
368, 2697 cod. civ., 115 e 116, cod. proc. civ. ( in relazione all’art.
360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) assumendosi che la Corte
territoriale avrebbe erroneamente invertito l’onere della prova non
tenendo conto del mutato quadro normativo di riferimento alla luce
del quale iF datore di lavoro sarebbe ormai esonerato da ogni onere
probatorio circa le ragioni che avevano indotto le.parti alla stipula di
un contratto a termine, essendo ciò limitato esclusivamente alle
esigenze legittimanti la eventuale proroga dello stesso, e, comunque,
la sussistenza delle esigenze organizzative poste a fondamento del
contratto a termine de quo era dimostrata attraverso il richiamo per
relationem al contenuto degli Accordi aziendali indicati nella clausola
appositiva del termine; con il terzo motivo viene dedotta violazione e
falsa applicazione degli artt. 115, 116, 244, 253, 420 e 421 cod.
proc. civ.( in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc.
civ.) per non avere la Corte di appello correttamente scrutinato le
risultanze della prova testimoniale espletata ed omesso anche di far
ricorso ai poteri ufficiosi onde ottenere ulteriori indicazioni sulle
circostanze oggetto dei capi della prova orale ammessa;
che il primo motivo è infondato alla luce del principio per il quale
l’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito la cui
statuizione, ancorché erronea, non può essere direttamente
censurata per ultrapetizione atteso che, avendo il giudice svolto una
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sollevati dalla controparte nel ricorso introduttivo del giudizio in cui il

motivazione sul punto, dimostrando come una certa questione
dovesse ritenersi ricompresa tra quelle da decidere, il difetto di
ultrapetizione non è logicamente verificabile prima di avere accertato
la erroneità di quella motivazione, sicché, in tal caso, il dedotto
errore non si configura come “error in procedendo”, ma attiene al
momento logico dell’accertamento in concreto della volontà della
parte (Cass.

n.

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del 30/09/2016; Cass.

n.

21874

del

tutto congrua, il giudice del gravame ha rilevato che la questione
relativa alla effettiva “..utilizzazione del lavoratore assunto
esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in
stretto collegamento con la stessa” era stata posta nel ricorso
introduttivo del giudizio tanto che società convenuta aveva articolato
sul punto anche una prova testimoniale, peraltro ammessa ed
espletata;
che il secondo motivo è, del pari, destituito di fondamento avendo
la Corte di appello correttamente applicato l’indirizzo affermato da
questa Corte secondo cui l’onere di provare le ragioni obiettive poste
a giustificazione della clausola appositiva del termine grava sul
datore di lavoro e deve essere assolto sulla base delle istanze
istruttorie dallo stesso formulate (vedi per tutte: Cass. 10 febbraio
2010, n. 2279; Cass. 11 dicembre 2012, n. 22716); ed infatti, il
giudice del gravame ha ritenuto che la società, all’esito della
espletata istruttoria, non avesse provato la ricorrenza delle esigenze
poste a fondamento dell’apposizione del termine con riferimento
all’ufficio di destinazione del lavoratore;
che, infine, il terzo motivo è inammissibile perchè la censura
relativa alla non corretta valutazione della prova testimoniale
espletata ed alla mancata attivazione dei poteri di ufficio in materia
di prova da parte dei giudici Finisce con il sollecitare un rivisitazione
del merito della controversia non consentita in questa sede; peraltro,
vale ricordare che il mancato esercizio di detti poteri intanto non può
essere censurato con ricorso per cassazione ove la parte non lo
stesso giudice di una specifica richiesta in tal senso (per tutte, Cass.
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27/10/2015); ed infatti, nel caso in esame, con una motivazione del

n. 22534 del 23/10/2014), e nel motivo non viene indicato se e .
quando tale richiesta fosse stata fatta dalla società;

che,

alla luce di quanto esposto, in adesione alla proposta del

relatore, il ricorso va rigettato;

che

le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono

liquidate in favore del De Iacovo;

che

sussistono i presupposti per il versamento, da parte_ della

previsto dall’art. 13, comma 1

quater, del d.P.R. 30 maggio,

introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n.
228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione
ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale
quello in esame. (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del
13 maggio 2014 e numerose successive conformi);
P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del
presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 4.000,00
per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella
misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto
del sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.
13.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2018

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ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,

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