Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19684 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 19684 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: DIDONE ANTONIO

i.

SENTENZA

sul ricorso 6231-2012 proposto da:
FINANZIARIA BRIANTEA S.R.L. (c.f./p.i. 03030280154),
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FASANA 16,

Data pubblicazione: 28/08/2013

presso l’avvocato RAMPIONI RICCARDO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABIO
2013

VOLPE, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –

1238
contro

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.P.A., nella qualità di

1

conferitaria di tutte le attività e passività della
già BNL s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
FEDERICO CESI 44, presso l’avvocato PILATO FRANCO,
che la rappresenta e difende, giusta procura in

– controri corrente contro

FALLIMENTO FINANZIARIA BRIANTEA S.R.L.;
– intimato –

avverso la sentenza n.

3251/2011 della CORTE

D’APPELLO di MILANO, depositata il 23/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/07/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
DIDONE;
udito,

per la ricorrente,

l’Avvocato RICCARDO

RAMPIONI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato LUCA DI
GREGORIO, con delega, che ha chiesto il rigetto del

calce al controricorso;

ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

.

Ritenuto in fatto e in diritto
1.-

Con

la

sentenza

impugnata

(depositata

il

23.11.2011) la Corte di appello di Milano ha rigettato
il reclamo proposto dalla s.r.l. Finanziaria Briantea

contro la sentenza del Tribunale di Milano che aveva
dichiarato il suo fallimento su istanza della s.p.a.
Banca Nazionale del Lavoro, creditrice in virtù di una
fideiussione prestata dalla predetta società in favore
della s.p.a. Bizzarri, debitrice principale.
La corte di merito ha disatteso i motivi di reclamo
concernenti: l) l’incompetenza del tribunale di Milano,
per essere la sede effettiva della società in Monza,
. considerata la presunzione di coincidenza della sede
legale con quella effettiva e la mancanza di prova che
nell’unico immobile, sito in Monza, fosse stata
esercitata attività di direzione dell’impresa; 2)
l’invalidità della notificazione del ricorso e del
decreto di fissazione dell’udienza pre-fallimentare,
essendo avvenuta ritualmente la notificazione

impossibile presso la sede legale – al legale
rappresentante della società identificato nel ricorso;
3) la violazione del diritto di difesa, perché era
stata disposta l’abbreviazione dei termini per
l’approssimarsi della data (8.5.2011) di consolidamento
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di ipoteca giudiziale e la notifica dell’avviso di
fissazione dell’udienza era avvenuta il 2.5.2011 per
l’udienza del 3.5.2011, poi rinviata al 6.5.2011. La
reclamante non era comparsa, come avrebbe potuto, per

chiedere un rinvio; 4) la qualità di soggetto
fallibile, trattandosi di società immobiliare; 5) la
legittimazione del creditore istante e l’esistenza del
credito, perché nei confronti della banca era stata
prestata fideiussione a garanzia di debiti della s.p.a.
Bizzarri sulla base di non contestate deliberazioni dei
suoi organi, quando amministratore unico di entrambe le
società era Bizzarri Giuseppe; 6) infine, sussistevano
e requisiti di fallibilità e lo stato di insolvenza.
2.- Contro la sentenza di appello la s.r.l. Finanziaria
Briantea ha proposto ricorso per cassazione affidato a
sette motivi articolati in plurime censure.
Resiste con controricorso la s.p.a. Banca Nazionale del
Lavoro.
Non ha svolto difese la curatela fallimentare intimata.
Nel termine di cui all’art. 378 c.p.c. la
controricorrente ha depositato memoria.
3.- Con i motivi di ricorso la società ricorrente
denuncia violazione di norme di diritto e vizio di
motivazione in relazione al rigetto di tutti i motivi
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di reclamo innanzi trascritti,

precisamente:

l)

– l’incompetenza del tribunale di Milano; 2) l’invalidità
della notificazione del ricorso e del decreto di
fissazione dell’udienza pre-fallimentare; 3) la

violazione del diritto di difesa; 4) la qualità di
soggetto fallibile, trattandosi di società immobiliare;
5) la legittimazione del creditore istante e la
invalidità della fideiussione; 6) requisiti di
fallibilità e lo stato di insolvenza.
3.1.- La competenza territoriale per la dichiarazione
di fallimento spetta al tribunale del luogo in cui
l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa, che
• si presume coincidente con la sede legale fino a quando
non risulti dimostrato che la sede effettiva si trovi,
alla data di presentazione dell’istanza di fallimento,
ubicata altrove; per sede effettiva deve intendersi il
centro dell’attività direttiva, amministrativa od
organizzativa dell’impresa e di coordinamento dei
fattori produttivi, senza che rilevi il luogo in cui
l’impresa svolge l’attività di produzione, qualora non
coincida con quello in cui svolge l’attività
organizzativa

(Sez. 6 – l, Ordinanza n. 6886 del

07/05/2012).

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La corte di merito ha correttamente applicato il
. principio ora esposto nel mentre la società ricorrente
neppure nel ricorso per cassazione indica quale sia
stata la sede effettiva intesa quale centro

dell’attività direttiva, amministrativa od
organizzativa della propria impresa, limitandosi ad
indicare, genericamente, il comune di Monza, anche
nelle deduzioni istruttorie. Indicazione del tutto
generica che giustificava il rigetto delle medesime
istanze istruttorie.
Sono infondate, dunque, tutte le censure (1.1 – 1.3)
relative all’incompetenza.
3.2.- Quanto alla notificazione del ricorso e del
decreto di fissazione dell’udienza di comparizione la
corte di merito ha correttamente evidenziato la
regolarità della notificazione eseguita al legale
rappresentante della società (di cui l’atto conteneva
le necessarie indicazioni), il quale il 2.5.2011 aveva
ritirato l’atto in giacenza presso l’ufficio postale,
una volta che la notificazione presso la sede legale
era risultata vana per l’avvenuto trasferimento non
iscritto nel registro delle imprese.
Pertanto, sono inammissibili per mancanza di interesse
le censure relative alla tentata notifica presso la
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sede legale mentre sono infondate le censure relative
alla notificazione al legale rappresentante,
ritualmente avvenuta (2.1-2.3).
Invero, parte ricorrente assume l’invalidità della

notificazione eseguita al legale rappresentate perché
nell’atto non erano indicati residenza, domicilio o
dimora del medesimo.
Sennonché si tratta di assunto infondato, posto che
dall’omissione di quelle indicazioni – non prescritte a
pena di nullità della notificazione, che nella concreta
specie è realmente avvenuta al momento del ritiro del
piego – la norma non fa discendere alcuna conseguenza
mentre il terzo comma dell’art. 145 c.p.c. dispone che
«se la notificazione non può essere eseguita a norma
dei commi precedenti, la notificazione alla persona
fisica indicata nell’atto, che rappresenta l’ente, può
essere eseguita anche a norma degli artt. 140 o 143».
Ciò che presuppone che ne siano sconosciuti (e quindi
non indicati nell’atto) residenza, domicilio o dimora.
3.3.- Il terzo motivo – articolato in due censure con
le quali la ricorrente denuncia violazione di legge e
vizio di motivazione lamentando la lesione del diritto
di difesa derivante dall’eccessiva brevità del termine

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(un giorno) concesso nell’istruttoria pre-fallimentare
– è inammissibile.
In fatto è accertato che il giudice aveva disposto
l’abbreviazione del termine a comparire (come

consentito dall’art. 15 1. fall.) e il plico contenente
la copia del ricorso e del decreto di fissazione
dell’udienza è rimasto giacente presso l’ufficio
postale dal 28.4.2011, essendo stato ritirato dal
legale rappresentante della società ricorrente il
2.5.2011, mentre l’udienza si è tenuta il 3.5.2011 e in
esito a questa il giudice relatore si è riservato di
riferire al collegio entro il 6.5.2011.
Sennonché va ricordato che secondo la giurisprudenza di
questa Corte, qualora la corte di appello rilevi la
nullità del procedimento pre-fallimentare determinata
dall’inosservanza del termine dilatorio di comparizione
stabilito dall’art. 15 1. fall., non può dichiarare la
nullità e rimettere la causa al giudice di primo grado
(non ricorrendo in detta ipotesi ne’ la nullità della
notificazione dell’atto introduttivo, nè alcuna delle
altre ipotesi tassativamente previste dall’art. 353
c.p.c. e art. 354 c.p.c., comma l), ma deve trattenere
il reclamo e, previa ammissione del reclamante ad
esercitare nel procedimento di reclamo tutte le
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attività che avrebbe potuto svolgere in sede prefallimentare se il procedimento si fosse ritualmente
instaurato, decidere nel merito (Sez. 1, Sentenza n.
1098 del 2010; in applicazione dei principi enunciati

da Sez. U, Sentenza n. 122 del 21/03/2001).
Ciò posto, avendo la corte di merito consentito
l’esplicazione di tutte le attività difensive della
società reclamante e non avendo indicato la ricorrente
quali diverse attività istruttorie (diverse da quelle
ritenute irrilevanti dalla Corte di appello) avrebbe
potuto svolgere in sede pre-fallimentare, il motivo,
così come formulato, è inammissibile perché diretto
alla mera cassazione della sentenza impugnata.
3.4.- Con il quarto motivo parte ricorrente denuncia
violazione di legge e vizio di motivazione sostenendo
di non essere imprenditore commerciale svolgendo quale
unica attività quella di locazione di un immobile e
lamentando che non siano state prese in considerazione
le prove relative ai requisiti di non fallibilità.
Il motivo è infondato.
Invero, nella concreta fattispecie la corte di merito
ha correttamente applicato il principio per il quale le
società costituite nelle forme previste dal codice
civile ed aventi ad oggetto un’attività commerciale
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sono assoggettabili a fallimento, indipendentemente
dall’effettivo esercizio di una siffatta attività, in
quanto esse acquistano la qualità di imprenditore
commerciale dal momento della loro costituzione, non

dall’inizio del concreto esercizio dell’attività
d’impresa, al contrario di quanto avviene per
l’imprenditore commerciale individuale. Sicché, mentre
quest’ultimo è identificato dall’esercizio effettivo
dell’attività, relativamente alle società commerciali è
lo statuto a compiere tale identificazione,
realizzandosi l’assunzione della qualità in un momento
anteriore a quello in cui è possibile, per l’impresa
non collettiva, stabilire che la persona fisica abbia
scelto, tra i molteplici fini potenzialmente
raggiungibili,

quello

connesso

alla

dimensione

imprenditoriale (Sez. l, Sentenza n. 21991 del
06/12/2012).
Quanto ai requisiti di fallibilità, la corte di merito
ha correttamente applicato il principio per il quale ai
fini dell’accertamento del requisito di fallibilità di
cui all’art. 1 art. 1, secondo comma, lettera c), la
legge fall., occorre procedere a valutazione
dell’esposizione complessiva dell’imprenditore, anche
con riguardo ai debiti non scaduti, trattandosi di
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requisito assunto

dal

legislatore

quale

indice

dimensionale dell’impresa (Sez. 1, Sentenza n. 9760 del
04/05/2011), evidenziando – anche alla luce del credito
azionato dalla banca resistente – “l’importante

esposizione debitoria con il sistema bancario” della
società reclamante che dava luogo ad una situazione
finanziaria “non arginabile” con l’unico immobile
gravato da due ipoteche per oltre 700.000,00 euro. Così
motivando anche in ordine allo stato di insolvenza. Ciò
che rende evidente l’infondatezza anche delle censure
relative all’art. 5 1. fall. e, quindi, del sesto
motivo.
3.5.- Quanto, infine, alla legittimazione della banca
istante e alla contestata validità della fideiussione
(quinto motivo), va innanzitutto rilevato che la corte
di merito ha accertato che l’oggetto sociale della
società fallita era tale da consentire il rilascio di
quella garanzia e le affermazioni di parte ricorrente
circa l’errore in cui sarebbe incorso il giudice di
merito nell’individuare lo statuto vigente al momento
della concessione della fideiussione si risolvono in
censure inammissibili perché denuncianti un errore
revocatorio, così come quelle che negano l’esistenza
delle delibere tenute presenti dalla corte di appello.
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Inammissibili, perché versate in fatto, sono le
ulteriori censure dirette a negare l’accertamento in
fatto circa la funzionalità della concessione della
garanzia nel quadro dell’attività economica della

società collegata s.p.a. Bizzarri nonché quelle che
valorizzano la dichiarazione scritta (priva di data,
secondo la corte di merito) dell’amministratore della
società circa l’inesistenza di vantaggi per la
concedente.
Infine, le censure relative all’exceptio doli (pag. 56)
e alla violazione dell’art. 1394 c.c. sono
inammissibili perché formulate per la prima volta in
sede di legittimità.
Da ultimo, la corte di merito ha dato atto del
contenuto dell’oggetto sociale risultante dallo statuto
della società fallita, il quale prevedeva espressamente
la possibilità di «dare garanzie reali e personali
anche per le obbligazioni contratte da terzi, ivi
comprese società controllate e collegate» ma ha
correttamente escluso che la fallita svolgesse
“professionalmente” attività di intermediazione
mobiliare in favore del pubblico, sì da essere soggetta
alle autorizzazioni di cui all’art. 106 del testo unico
bancario. Talché ha esattamente escluso la nullità
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della fideiussione per violazione di norme imperative,
trattandosi di “un ordinario contratto di fideiussione
regolato dagli artt. 1936 ss.

Il ricorso deve essere rigettato. Le spese del giudizio
di legittimità – liquidate in dispositivo – seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente
al pagamento delle spese del giudizio di legittimità,
liquidate in euro 7.200,00 di cui euro 200,00 per
esborsi oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’il
luglio 2013

Pertanto, anche il motivo in esame è infondato.

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