Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19684 del 07/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 07/08/2017, (ud. 15/05/2017, dep.07/08/2017),  n. 19684

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25940/2016 proposto da:

SCHIAFFINI TRAVEL SPA, in persona del Presidente, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA A MORDINI 14, presso lo studio

dell’avvocato SILVANO BELLINZONI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FILIPPO BELLINZONI;

– ricorrente –

contro

ROSSI BUS SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUTEZIA 8, presso lo studio

dell’avvocato MAURIZIO NUCCI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

per il regolamento di competenza avverso la sentenza n. 19074/2016

del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 14/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 15/05/2017 dal Consigliere Dott. MARCO MARULLI.

Lette le conclusioni scritte del P.G. in persona del Sostituto

Procuratore Generale IMMACOLATA ZENO che chiede l’inammissibilità

del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con il ricorso in atti – inteso a promuovere regolamento di competenza avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Roma, decidendo sull’opposizione della Rossibus nei confronti del decreto ingiuntivo notificatole dalla Schiaffini Travel Spa, ha revocato il detto decreto in accoglimento dell’eccezione di arbitrato sollevata dall’opponente – la Schiaffini Travel Spa ha chiesto che sia dichiarata la competenza del giudice adito in monitorio.

2. Al proposto ricorso fondato su due motivi, illustrati pure con memoria, resiste con memoria la Rossi Bus spa.

3. Il P.G. ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. La ricorrente, pur articolando le proprie rimostranze tanto in relazione all’art. 10 c.p.c., quanto in relazione agli artt. 1362 e 1362 c.c., lamenta in buona sostanza che il giudice adito, nell’accordare rilevanza decisiva alla clausola arbitrale contenuta nella scrittura privata del 23.5.01, non avrebbe considerato che detta clausola riguarda solo le controversie relative allo svolgimento del servizio di TPU oggetto di regolamentazione nella citata scrittura e non quelle attinenti al rapporto di dare/avere tra mandante e mandatario che trova invece la sua fonte nel rogito notar F. dell’8.12.2000 e che rende giustificata la devoluzione della cognizione in favore del giudice ordinario.

3. Va invece nuovamente ribadito che, come più volte affermato da questa Corte, l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione.

Ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici – cui si richiama precipuamente nell’odierna occasione la ricorrente – oltre peraltro ad un onere di specificità e di autosufficienza nell’esposizione del motivo, non è peraltro sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma, come si è precisato anche nei precedenti citati, è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato, in tal senso rivelandosi del tutto priva di effetto la perorazione di parte, intesa unicamente a sollecitare, tra le tante interpretazioni possibili del testo negoziale, di contro a quella accolta dal giudice del merito, l’adozione dell’interprtazione che meglio si mostra in grado di soddisfare i propri interessi. Ciò a cui nella specie anela concretamente la ricorrente, le cui argomentazione sono volte, senza procedere ad una contestazione puntuale e pertinente del risultato interpretativo a cui è pervenuta la sentenza, a promuovere soltanto una diversa e per sè più favorevole lettura delle risultanze negoziali consegnate agli atti.

4. Va dunque dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

5. L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese e l’obbligo del medesimo al versamento previsto in caso di rigetto di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione dal D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

 

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 7100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Dichiara che sussistono i presupposti per il versamento previsto dal D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 15 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2017

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