Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19681 del 27/09/2011

Cassazione civile sez. trib., 27/09/2011, (ud. 16/06/2011, dep. 27/09/2011), n.19681

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7058/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

TEMA SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 29/2008 della COMM.TRIB.REG. di BARI,

depositata il 15/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2011 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della Tema s.r.l.(che non ha resistito) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avvisi di diniego di condono L. n. 289 del 2002, ex art. 9 bis, per gli anni, di imposta 1998/ 2000 sia in relazione alle imposte dirette che in relazione all’Iva, la C.T.R. Puglia dichiarava l’efficacia del condono per le annualità e per le imposte per le quali era stato richiesto ed era stata versata almeno la prima rata.

2. Con un unico motivo, deducendo violazione o falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, comma 3, la ricorrente sostiene che il condono previsto dalla suddetta norma si perfeziona solo con l’integrale pagamento delle imposte dovute, non versate e riscosse con la cartella oggetto di condono, dovendo perciò ritenersi legittimo il diniego di condono in caso di versamento di una sola delle rate previste. La censura è fondata.

Con riguardo ai dinieghi di condono riguardanti sanzioni per omessi o ritardati versamenti Iva, occorre preliminarmente rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la sentenza della Corte di Giustizia CE 17 luglio 2008, in causa C- 132/06 – secondo la quale la Repubblica Italiana è venuta meno agli obblighi di cui agli artt. 2 e 22 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388 CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’I.V.A., per avere previsto, con la L. 27 dicembre 2002, n. 289, artt. 7 ed 8, una rinuncia generale e indiscriminata all’accertamento delle operazioni imponibili effettuate nel corso di una serie di periodi di imposta, così pregiudicando seriamente il corretto funzionamento del sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto – ha una portata generale, estesa a qualsiasi misura nazionale, sia essa di carattere legislativo o amministrativo, con la quale lo Stato membro rinunci in modo generale o indiscriminato al pagamento di quanto dovuto per Iva (v. Cass. n. 20068 del 2009). Tale incompatibilità riguarda, quindi, anche la definizione prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, il quale pertanto, nella parte in cui consente di definire una controversia evitando il pagamento di sanzioni connesse al ritardate od omesso versamento dell’Iva, deve essere disapplicato per contrasto con la 6^ direttiva n. 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, alla stregua dell’interpretazione adeguatrice imposta dalla citata sentenza della Corte di Giustizia CE 17 luglio 2008, in causa C- 132/06.

E’ in particolare da evidenziare che quanto concerne l’imposta in sè si riferisce ovviamente anche alle sanzioni, delle quali non può essere esclusa l’integrale esazione, come peraltro previsto al punto 42 della sentenza di infrazione (v. sul punto Cass. n. 25701 del 2009 e n. 20068 del 2009 citata), posto che le misure con cui lo Stato membro rinuncia ad una corretta applicazione e/o riscossione dell’I.V.A. devono ritenersi incompatibili con la disciplina comunitaria anche in relazione alle sanzioni di natura tributaria previste dall’ordinamento nazionale per le violazioni di norme che regolano gli obblighi di dichiarazione e pagamento dell’imposta, pur non essendo la materia delle sanzioni regolata dalla sesta direttiva.

In proposito è infatti determinante il rilievo che si tratta di misure di carattere dissuasivo, oltre che repressivo, la cui funzione è quella di determinare il corretto adempimento di un obbligo nascente dal diritto comunitario. E’ peraltro da sottolineare che già una consolidata e risalente giurisprudenza della Corte di Giustizia (v. sentenze in cause 79/83; C – 382 – 383/92; C – 180/95) faceva discendere dal principio di effettività la conseguenza che le sanzioni previste dagli ordinamenti degli Stati membri per garantire un puntuale adempimento di obblighi nascenti dal diritto comunitario non possono essere previste in misura irrisoria (e, quindi, a maggior ragione, non possono essere, in tutto o in parte, soppresse).

E’ infine appena il caso di evidenziare che i principi sopra esposti devono essere applicati da questa Corte a prescindere da specifiche deduzioni di parte. Il principio di effettività contenuto nell’art. 10 del Trattato CE comporta infatti l’obbligo del giudice nazionale di applicare d’ufficio il diritto comunitario, senza che possano ostarvi preclusioni procedimentali o processuali, o, nella specie, il carattere chiuso del giudizio di cassazione (v. in proposito, le sentenze della Corte di Giustizia in cause C – 312/93, Peterbroeck; C – 430-431/93, Van Schijndel; C – 327/00, Santex, alle quali si è adeguata la giurisprudenza di questa Corte, fra le altre, S.U. 18 dicembre 2006, n. 26948).

Con riguardo ai dinieghi di condono riguardanti sanzioni per omessi o ritardati versamenti delle imposte dirette, giova innanzitutto evidenziare che, come peraltro precisato dalla giurisprudenza di questo giudice di legittimità, le norme che disciplinano i condoni tributar, essendo derogatorie di quelle generali dell’ordinamento tributario, integrano sistemi compiuti di natura eccezionale (v.

Cass. n. 514 del 2002), essendo in particolare da precisare che ciascuna delle diverse ipotesi di definizione agevolata previste dalla L. n. 289 del 2009, costituisce disposizione di carattere eccezionale assistita da una propria specifica disciplina che è di stretta interpretazione e non può essere integrata in via ermeneutica dalle norme generali dell’ordinamento tributario e neppure da quelle dettate per altre forme di definizione, ancorchè contemplate dalla medesima legge.

Tanto premesso, è sufficiente rilevare che l’art. 9 bis citato dispone, per quanto interessa, al comma 1, che “Le sanzioni previste dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, non si applicano ai contribuenti e ai sostituti d’imposta che alla data del 16 aprile 2003 – poi prorogata al 16 aprile 2004 – provvedono ai pagamenti delle imposte o delle ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate entro il 31 ottobre 2002, per le quali il termine di versamento è scaduto anteriormente a tale data. Se gli importi da versare per ciascun periodo di imposta eccedono… la somma di 6.000 Euro, gli importi eccedenti, maggiorati degli interessi legali…

possono essere versati in tre rate di pari importo”.

La norma prevede dunque semplicemente che le sanzioni non si applicano se entro un certo termine si provvede al pagamento delle imposte, pagamento che può, in alcuni casi, essere rateale.

Pertanto, in assenza di disposizioni quali quelle previste dalla L. n. 289 del 2002, artt. 8, 9 e 15, (prevedenti che “l’omesso versamento delle eccedenze entro le date indicate non determina l’inefficacia della definizione”) ovvero dalla L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 2, (prevedente che “l’omesso versamento delle rate successive alla prima entro le date indicate non determina l’inefficacia della definizione”) deve ritenersi semplicemente che la non applicazione delle sanzioni si verifica solo se si provvede al pagamento (in unica soluzione o rateale che sia) delle imposte nei termini e nei modi di cui alla medesima disposizione, con la conseguenza che tale effetto non si verifica (neppure parzialmente) se il pagamento non interviene nei suddetti termini e modi (nel senso che in ipotesi di definizione ex art. 9 bis il pagamento rateale determina la definizione della lite solo se integrale v. Cass. n. 20745 del 2010).

Peraltro, essendo l’istanza del contribuente elemento indefettibile del condono e motore dell’intera procedura, il perfezionamento di quest’ultima deve essere valutato in rapporto all’istanza suddetta, con la conseguenza che il mancato pagamento della somma integrale dovuta sulla base di detta istanza comporta l’inefficacia della medesima siccome formulata, con conseguente perdita (in mancanza di espresse previsioni in senso contrario) della possibilità di avvalersi della definizione agevolata.

E’ infine appena il caso di aggiungere (ribadito, per quanto sopra esposto, che le previsioni di cui ai L. n. 289 del 2002, citati artt. 8, 9, 15 e 16, non possono applicarsi in vìa analogica ad altre diverse forme di definizione) che proprio l’espressa previsione nelle citate disposizioni – non in altre e, segnatamente, non nell’art. 9 bis in esame – costituisce un argomento a contrario di notevole spessore per affermare che, in ipotesi di condono diverse da quelle contemplate nelle suddette disposizioni, l’omesso versamento delle rate successive alla prima entro le date indicate determina l’inefficacia integrale della definizione. Per tutto quanto sopra esposto il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. Sussistendone i presupposti, la causa può essere decisa nel merito col rigetto del ricorso ìntroduttivo. Considerato lo sviluppo della vicenda processuale nel merito e l’intervento di giurisprudenza citata in epoca successiva alla proposizione del ricorso introduttivo, si dispone la compensazione delle spese dell’intero processo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo. Compensa tre le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2011

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