Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19679 del 22/07/2019

Cassazione civile sez. un., 22/07/2019, (ud. 12/03/2019, dep. 22/07/2019), n.19679

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente di Sez. –

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di Sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12238/2018 proposto da:

D.A.M., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato SERGIO

GALLEANO, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati

SALVATORE SPATARO, WALTER MICELI, SANTI DELIA, MICHELE MIRENGHI,

VINCENZO DE MICHELE, GIUSEPPE CUNDARI, MICHELE BONETTI, NICOLA

ZAMPIERI, DOMENICO NASO, MAURIZIO RIOMMI, FRANCESCO AMERICO, TOMMASO

DE GRANDIS, DINO CAUDULLO ed ISETTA BARSANTI MAUCERI;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

e

S.L., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA MONTE SANTO 58, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA JASONNA,

rappresentati e difesi dagli avvocati ROBERTO SCOGNAMIGLIO, ANGELA

D’ANDREA ed ENRICO ROMANO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 11/2017 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il

20/12/2017.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/03/2019 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. Gli attuali ricorrenti, tutti in possesso del diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002, hanno impugnato davanti al TAR del Lazio il decreto ministeriale n. 235/2014 con il quale il Ministero dell’Istruzione aveva disposto l’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento (GAE) per il personale docente ed educativo della scuola per il triennio 2014/2017 senza prevedere la possibilità di inserimento, in tali graduatorie, dei docenti muniti del diploma magistrale conseguito entro il 2001/2002.

Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso.

Il C.d.S., in adunanza plenaria, con la sentenza oggetto del presente ricorso, ha confermato il rigetto.

In particolare il giudice d’appello ha affermato, circa la tempestività della domanda di inserimento nelle GAE e del successivo ricorso giurisdizionale, che i ricorrenti non avevano presentato la domanda prima del 2014; che,peraltro, precedenti decisioni del C.d.S. avevano ritenuto tempestive analoghe domande avendo individuato il dies a quo dalla pubblicazione nella GU del D.P.R. 25 marzo 2014, di recepimento del parere del C.d.S. n. 3813 del 2013 il quale, in sede di ricorso straordinario, aveva riconosciuto l’illegittimità del D.M. n. 62 del 2001 “nella parte in cui non parifica ai docenti abilitati coloro che abbiano conseguito entro l’anno 2001/2002 il diploma magistrale, inserendoli nella terza fascia delle graduatorie di istituto e non nella seconda fascia”. Secondo l’Adunanza plenaria tale tesi non era condivisibile poichè individuava la decorrenza solo dal momento in cui,in sede giurisdizionale, era stata accertata la sua illegittimità e non già dalla piena conoscenza del provvedimento e dei suoi effetti lesivi.

L’Adunanza ha, altresì, escluso che la sentenza del C.d.S. n. 1973/2015, che aveva annullato il D.M. n. 235 del 2014, nella parte in cui aveva consentito ai docenti in possesso di diploma magistrale conseguito nel 2001/2002 l’iscrizione nelle GAE, avesse valore erga omnes atteso che, anche a ritenere il valore regolamentare del D.M., esso non potrebbe avere rilievo verso i rapporti già esauriti, quale quelli in esame, e, comunque, essa si rivolgeva solo a coloro che erano già inseriti nelle GAE ed,inoltre, la sentenza n. 1973 citata espressamente circoscriveva l’effetto dell’annullamento del D.M. a coloro che avevano presentato il ricorso che quella sentenza aveva accolto.

Secondo il C.d.S. il termine per impugnare decorreva dalla piena conoscenza del provvedimento amministrativo e dei suoi effetti lesivi da individuarsi,nella fattispecie, alla data di pubblicazione del primo D.M. 16 marzo 2007, con cui, in attuazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 605, era stato disposto il primo aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento senza prevedere, tra i requisiti di accesso, il diploma magistrale conseguito entro il 2001/2002 e, pertanto,non avendo impugnato tale provvedimento, i ricorrenti dovevano ritenersi ormai decaduti.

2. Il C.d.S. ha rilevato che la domanda era, comunque, infondata nel merito mancando una norma che riconoscesse il diploma magistrale, conseguito entro il 2001/2002, come titolo legittimante l’inserimento nelle GAE non potendo la norma essere ricavata nè dal D.P.R. 2014, che aveva recepito il parere del C.d.S., in quanto con esso si riconosceva valore abilitante del titolo ai fini dell’inserimento nella II fascia della graduatoria e non ai fini dell’inserimento nelle GAE, nè dal D.P.R. n. 323 del 1998, art. 15, comma 7.

Ha ricordato, infatti, che, introdotto il sistema della formazione universitaria degli insegnanti della scuola materna ed elementare (L. n. 341 del 1990), era stato previsto un regime transitorio (cfr D.I. 10 marzo 1997) in base al quale, ai fini della salvaguardia dei titoli conseguiti entro il 2001/2002, era previsto che tali titoli conservavano in via permanente l’attuale valore legale e consentivano di partecipare alle sessioni di abilitazione o ai concorsi a posti di insegnante nella scuola materna ed elementare e che tale previsione era stata riprodotta dal D.P.R. n. 323 del 1998, art. 15, comma 7, secondo cui “i titoli conseguiti nell’esame di Stato a conclusione dei corsi di studio dell’istituto magistrale iniziati entro l’anno scolastico 97/98 conservano in via permanente l’attuale valore legale e abilitante all’insegnamento nella scuola elementare. Essi consentono di partecipare ai concorsi per titoli ed esami a posti di insegnante nella scuola materna e nella scuola elementare”.

Il Collegio ha, quindi, rilevato che il valore legale del diploma magistrale poteva essere riconosciuto nei limiti della disposizione transitoria e nel senso di consentire la partecipazione alle sessioni di abilitazione o ai concorsi, pur in difetto della laurea. Ha affermato che tali procedure selettive erano state indette almeno due volte,con D.L. n. 153 del 1999 e nel 2004, con la conseguenza che, per coloro che non avevano inteso conformare il titolo di studio alla normativa statale sopravvenuta, il possesso del solo diploma magistrale non consentiva l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento istituite dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 605, lett. c).

Infine, il C.d.S. ha escluso la sussistenza di profili di incostituzionalità o di incompatibilità con l’ordinamento Europeo.

3.Avverso la sentenza ricorrono in Cassazione i ricorrenti di cui in epigrafe con 10 motivi. Resiste il Ministero dell’Università. In data 1/3/2019 S.L. ed altri sono intervenuti al fine di opporsi ad ogni avversa domanda ed hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso per l’omessa notifica a tutte le parti processuali. I ricorrenti ed il Ministero hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

4. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano eccesso di potere giurisdizionale per invasione nella sfera riservata al legislatore per aver negato valore abilitante al diploma magistrale conseguito entro il 2001/2002.

Rilevano che il tenore letterale del D.P.R. n. 323 del 1998, art. 15, comma 7, era chiaro nel senso del valore abilitante e incondizionato all’insegnamento nella scuola elementare del titolo conseguito a conclusione del ciclo di studio dell’istituto magistrale, iniziati entro l’anno scolastico 97/98.

Censurano l’affermazione del C.d.S. secondo cui i diplomi conserverebbero il loro valore legale di titolo di studio nel senso di consentire la partecipazione all’abilitazione all’insegnamento L. n. 444 del 1968, ex art. 9, comma 2, a posti di insegnante, nonchè ai concorsi ordinari per titoli ed esami per posti di insegnante,in quanto tale interpretazione era in contrasto con il tenore letterale dell’art. 15 citato che riconosceva letteralmente il valore abilitante del diploma Al diverso significato attribuito dal C.d.S. al D.P.R. n. 323 del 1998, art. 15, comma 7, determinerebbe, secondo i ricorrenti, l’annullamento della portata innovativa di detta disposizione regolamentare e sarebbe in contrasto con il D.M. n. 353 del 2014, che inseriva i ricorrenti nella II fascia delle graduatorie riservate ai docenti solo abilitati.

5. Con il secondo motivo denunciano difetto di giurisdizione per indebita invasione nella sfera dei poteri amministrativi riservati alla discrezionalità della PA in quanto il MIUR aveva espressamente attribuito valore abilitante al titolo ed inserito i ricorrenti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto riservate appunto agli abilitati in base al chiaro Decreto n. 353 del 2014 ed i successivi provvedimenti amministrativi (Decreto n. 105 del 2016, Decreto n. 374 del 2017).

6. Con il terzo motivo denunciano che la sentenza impugnata ha invaso la sfera legislativa creando una norma inesistente secondo cui il titolo non era abilitante all’inserimento nelle GAE, pur essendo chiarissimo che il legislatore aveva sempre riconosciuto valore abilitante al diploma magistrale, mentre aveva valore abilitante per l’inserimento nelle graduatorie di istituto.

7. Con il quarto motivo denunciano eccesso di potere giurisdizionale per indebita invasione nella sfera riservata al legislatore ed alla discrezionalità amministrativa per aver ritenuto non abilitante il titolo posseduto, in contrasto con il tenore letterale D.L. n. 97 del 2004, conv. in L. n. 143 del 2004, integrato dalla L. n. 186 del 2004 (e connessa tabella) relativo all’iscrizione nelle graduatorie permanenti, secondo cui sono sufficienti “titoli abilitanti comunque posseduti”, e L. n. 662 del 2006, relativa all’iscrizione nelle graduatorie ad esaurimento, nonchè in contrasto con la stessa giurisprudenza del C.d.S..

8. Con il quinto motivo denunciano eccesso di potere giurisdizionale per radicale stravolgimento delle regole processuali. Lamentano che l’Avvocatura dello Stato davanti al TAR non aveva contestato il valore abilitante del titolo di studio e la questione non poteva essere rimessa in discussione. L’Adunanza avrebbe dovuto decidere solo sulla tempestività della domanda dei ricorrenti.

9. Con il sesto motivo i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per aver negato tutela giurisdizionale per la mancata tempestiva impugnazione del DM del 2007. Deducono che tutti i precedenti del C.d.S. avevano ritenuto che solo con il D.M. n. 353 del 2014, di recepimento del parere del C.d.S. espresso con D.P.R. 2014, il Ministero aveva riconosciuto la natura abilitante del diploma magistrale e che,pertanto, in epoca precedente gli interessati non erano in grado di far valere il loro titolo e,dunque, l’interesse ad agire era sorto solo successivamente.

10. Con il settimo motivo denunciano stravolgimento delle regole processuali per aver illegittimamente disconosciuto il giudicato formatosi a seguito della sentenza del C.d.S. che aveva annullato il D.M. n. 235 del 2014, atto di natura regolamentare con efficacia erga omnes,in ordine all’illegittima esclusione nelle GAE dei diplomati magistrali.

11. Con l’ottavo motivo denunciano che qualora non fosse possibile l’inserimento nelle GAE l’ordinamento interno si porrebbe in contrasto con la clausola n. 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato poichè non prevedrebbe alcuna misura preventiva o repressiva dell’abuso del precariato, essendo i ricorrenti esclusi dal piano straordinario di stabilizzazione.

Deducono che l’interpretazione accolta dall’Adunanza si poneva in contrasto con l’obbligo di privilegiare un’interpretazione conforme alle sentenze della Corte di Giustizia, con la direttiva Europea sul riconoscimento delle qualifiche professionali in base alla quale non rilevano le modalità di reclutamento e infine, con il Trattato sull’Unione Europea ed il regolamento CE n. 1612/1968 e gli artt. 12 e 39 CE sulla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione Europea.

12. Con il nono motivo denunciano violazione dell’interpretazione delle norme dell’Unione Europea così come fornita dalle sentenze Mascolo della Corte di Giustizia e n. 41/2011 e n. 187/2016 della Corte Costituzionale.

13. Con il decimo motivo i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 6 e 13 CEDU e 47 e art. 52 Carta dei diritti fondamentali non consentendo ai ricorrenti di accedere alle GAE, benchè avessero lavorato per oltre un ventennio e,dunque, non offrendoai ricorrenti una tutela effettiva e sufficiente contro l’arbitrio della PA.

14. Il ricorso è inammissibile non ravvisandosi il denunciato eccesso di potere giurisdizionale.

15. Preliminarmente va rilevato che la rimessione alla pubblica udienza, come richiesto dai ricorrenti, non è necessaria, ben potendo decidersi sui motivi di ricorso in base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte. La valutazione della ricorrenza degli estremi per la trattazione del ricorso in pubblica udienza, cioè della particolare rilevanza della questione di diritto coinvolta, rimane ampiamente discrezionale e rimessa al Collegio giudicante: e, nel caso in esame, la sussistenza di un tale presupposto è esclusa con immediatezza dal carattere consolidato dei principi giurisprudenziali da applicare.

16. Deve, infatti, ribadirsi quanto più volte affermato da questa Corte secondo cui non sussiste eccesso giurisdizionale quando il giudice svolge attività interpretativa delle norme. Il sindacato delle Sezioni Unite della Cassazione sulle decisioni del giudice amministrativo è, infatti, circoscritto ai motivi inerenti alla giurisdizione, ossia ai vizi concernenti l’ambito della giurisdizione in generale o il mancato rispetto dei limiti esterni della giurisdizione, con esclusione di ogni sindacato sul modo di esercizio della funzione giurisdizionale, cui attengono invece gli errori in iudicando, o anche in procedendo, i quali esorbitano dai confini dell’astratta valutazione di sussistenza degli indici definitori della materia ed investono l’accertamento della fondatezza o meno della domanda (tra le molte, Cass., S.U., 29 dicembre 2017, n. 31226; Cass., S.U., 27 aprile 2018, n. 10264). E ciò quale che sia la gravità della violazione, anche ove essa attinga alla soglia del c.d. stravolgimento delle norme di riferimento, sostanziali o processuali, applicate (Corte Cost., sent. n. 6 del 2018). Infatti, in linea di principio (tra le ultime, v. Cass. sez. U. ord. 05/06/2018, n. 14437), l’interpretazione della legge (e perfino la sua disapplicazione) non trasmoda di per sè in eccesso di potere giurisdizionale (Cass. Sez. U. 21/02/2017, n. 4395; Cass. Sez. U. Ric. 2017 n. 25206 sez. SU – 18/12/2017, nn. 30301, 30302, 30303), perchè essa rappresenta il proprium della funzione giurisdizionale e non può, dunque, integrare di per sè sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione da parte del giudice amministrativo, così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111 Cost., comma 8. In questo senso si è affermato (cfr. SU n. 16974 del 27/6/2018) che “è un inaccettabile paralogismo l’affermazione che la mancata o inesatta applicazione di norme di legge determinerebbe la creazione di una norma inesistente e, quindi, l’invasione della sfera di attribuzioni del potere legislativo o amministrativo; ed il controllo sulla giurisdizione non è estensibile alla prospettazione di pure e semplici violazioni o false applicazioni di legge, anche processuale, ascritte al giudice speciale”.

17. Nella fattispecie in esame non è ravvisabile alcun superamento da parte del giudice amministrativo dei limiti interni della giurisdizione,sia con riferimento all’esame delle eccezione di decadenza, sia in relazione all’affermata insussistenza del diritto dei ricorrenti ad essere inseriti nella terza fascia delle graduatorie ad esaurimento.

18. Il C.d.S. ha ritenuto motivatamente di interpretare in senso difforme,da quanto sostenuto dagli odierni ricorrenti, le norme sostanziali rilevanti ai fini della decisione della controversia.

I profili denunziati dai ricorrenti, ai fini della stessa ammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8, non evidenziano, in relazione alla sussistenza dell’eccesso di potere giurisdizionale,che l’interpretazione data dal C.d.S. nella sentenza qui impugnata assurga ad una di quelle ipotesi di radicale stravolgimento delle norme o di applicazione di una norma creata dal giudice speciale per la fattispecie (Cass. Sez. U. 16/10/2017, n. 24299; Cass. Sez. U. 31/05/2016, n. 11380; Cass. Sez. U. 06/05/2016, n. 9145; Cass. Sez. U. 05/09/2013, n. 20360), ovvero di usurpazione della funzione amministrativa (configurabile quando con la sua decisione il giudice amministrativo, eccedendo i limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato e sconfinando nella sfera del merito, istituzionalmente riservato alla pubblica amministrazione, compia una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima la volontà dell’organo giudicante di sostituirsi a quella dell’Amministrazione, così esercitando una giurisdizione di merito in situazioni che avrebbero potuto dare ingresso soltanto a una giurisdizione di legittimità od esclusiva o che comunque ad essa non avrebbero potuto dare ingresso(Cass. Sez. U. 09/11/2011, n. 23302; Cass. Sez. U. 31/05/2016, n. 11380; Cass. 06/11/2017, n. 22657).

19.1 motivi del ricorso (cfr. motivi nn. 1, 2,3,4) complessivamente valutati, prospettano che il DM di aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento, nel non prevedere l’inserimento dei diplomati entro gli anni 2001/2002, sia contrastante con il tenore letterale del D.P.R. n. 323 del 1998, art. 15, comma 7, finendo per “annichilire la portata innovativa della predetta disposizione regolamentare riducendola a mero pleonasmo “e per porsi in contraddizione con la stessa applicazione che ne ha dato l’amministrazione consentendo l’inserimento dei ricorrenti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, riservata ai soli docenti abilitati per l’esercizio della professione di docente in qualità di supplente, e negando, invece, l’inserimento nella terza fascia come richiesto dai ricorrenti.

Va, tuttavia, rilevato che la ratio della decisione del C.d.S. è il frutto di un’attività ermeneutica che rimane pur sempre entro l’ambito dell’interpretazione e ricostruzione di una complessa normativa e quindi pienamente entro il perimetro dei limiti interni della giurisdizione e dell’attività di individuazione del significato della norma, che è il proprium della giurisdizione stessa, con conseguente valutazione di legittimità dell’operato amministrativo ove ha negato ai ricorrenti l’inserimento nella terza fascia delle graduatorie (graduatoria permanente che consente l’immissione in ruolo per scorrimento), pur essendo invece consentito agli stessi di essere inseriti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto che permettono, comunque, di svolgere l’attività di insegnamento sulla base del solo diploma.

20. Non costituiscono vizi riconducibili alla giurisdizione la denuncia di errores in procedendo o in iudicando posti in essere, secondo i ricorrenti, dal C.d.S. e di cui ai motivi nn. 5, 6 e 7 riguardanti i limiti entro i quali doveva attenersi la decisione dell’adunanza,nonchè l’intervenuta decadenza dei ricorrenti dalla possibilità di impugnare il DM del 2014 di aggiornamento delle graduatorie o la violazione del giudicato costituito dalla precedente pronuncia del C.d.S. n. 1973/2015 di annullamento del D.M. n. 235 del 2014. Le Sezioni unite della Corte di cassazione possono rilevare l’eventuale superamento dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa, ma non possono estendere il sindacato al modo in cui la giurisdizione è stata esercitata, in rapporto a quanto denunciato dalle parti, come nelle ipotesi contenute nei citati motivi.

21. Quanto, infine, alla violazione delle norme comunitarie o delle sentenze della Corte di Giustizia (motivi 8, 9 e 10) il C.d.S. ha esplicitamente manifestato di aver valutato la conformità dell’interpretazione accolta ai principi imposti all’amministrazione anche dal diritto dell’Unione Europea e, dunque, anche sotto tale profilo non è ipotizzabile neppure un’ipotesi di omesso esercizio o rifiuto di giurisdizione ai fini della valutazione della compatibilità con il principio fondamentale della giurisdizionale.

22. Per le considerazioni che precedono il ricorso inammissibile. La complessità delle questioni compensazione delle spese di causa.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di effettività della tutela deve essere dichiarato trattate giustifica la proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2019

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