Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19677 del 16/09/2010

Cassazione civile sez. III, 16/09/2010, (ud. 17/06/2010, dep. 16/09/2010), n.19677

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 22562-2009 proposto da:

COMUNE DI TRAPANI, in persona del Sindaco pro tempore elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA IPPOLITO NIEVO 61, presso lo studio

dell’avvocato VALENTINO GENTILE, rappresentato e difeso dall’avvocato

D’ANGELO EUGENIO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

T.M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PRINCIPESSA CLOTILDE 7, presso lo studio dell’avvocato TONUCCI MARIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato OLIVIERI ANTONIO, giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1348/2008 della CORTE D’APPELLO di PALERMO del

7/05/08, depositata il 20/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/06/2010 dal Consigliere Relatore dott. MAURIZIO MASSERA;

udito l’Avvocato Olivieri Antonio, difensore della controricorrente

che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. VINCENZO MARINELLI che

aderisce alla relazione scritta.

La Corte, Letti gli atti depositati:

 

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 12 ottobre 2009, il Comune di Trapani ha chiesto la cassazione della sentenza, notificata il 7 novembre 2008, depositata in data 20 ottobre 2008 dalla Corte d’Appello di Palermo che, in riforma della sentenza del Tribunale di Trapani, l’aveva condannato a pagare Euro 74.059,71 a T.M.A. a titolo di risarcimento dei danni conseguenti alla caduta a terra per lo sprofondamento di una ruota della sua bicicletta in un tombino.

La T. ha resistito con controricorso.

2 – I tre motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norma di diritto, assumendo che la Corte d’Appello ha errato nel ricondurre la fattispecie all’ipotesi prevista dall’art. 2051 c.c. anzichè a quella di cui al precedente art. 2043.

Il quesito finale si rivela astratto poichè prescinde totalmente dai necessari riferimenti al caso concreto e alla motivazione della sentenza impugnata.

Tuttavia, per ragioni di completezza, è opportuno rilevare che è ormai jus receptum (confronta, per tutte, la recente Cass. Sez. 3, n. 24529 del 2009) che l’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si presume responsabile, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, indipendentemente dalla sua estensione.

Con il secondo motivo il ricorrente ipotizza insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Il tema è quello della possibilità di esercitare il controllo e la vigilanza sulla sede stradale e risulta superato dall’interpretazione giurisprudenziale sopra citata.

In ogni caso manca il momento di sintesi formulato secondo il parametro premesso e necessario non solo per circoscrivere il fatto controverso, ma anche per specificare le ragioni dell’addotta insufficienza della motivazione.

Anche con il terzo motivo il Comune di Trapani lamenta insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Il tema è quello della esclusione di qualsiasi apporto causale da parte della danneggiata e implica esame degli atti e apprezzamenti di fatto, che sono attività riservate al giudice di merito.

Anche questa censura risulta priva del momento di sintesi di cui sopra.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

La resistente ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.500,00, di cui Euro 3.300,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2010

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