Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19676 del 16/09/2010

Cassazione civile sez. III, 16/09/2010, (ud. 17/06/2010, dep. 16/09/2010), n.19676

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 22559-2009 proposto da:

T.T., D.C.A., Q.R., D.

C.G., D.C.M., M.A.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TRIONFALE 5697, presso lo

studio dell’avvocato BATTISTA DOMENICO, che li rappresenta e difende,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

INA – ASSITALIA SPA (nuova denominazione di FATA Assicurazioni SpA

nella quale è stata incorporata ASSITALIA – Le Assicurazioni

d’Italia SpA insieme ad Ina Vita SpA in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato VINCENTI MARCO,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ERCOLANI LUCA,

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

B.M., Z.N.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 282/2009 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA del

18.3.08, depositata il 03/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. VINCENZO

MARINELLI.

La Corte, Letti gli atti depositati:

 

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 Con ricorso notificato il 15 ottobre 2009 D.C.G., Q.R., D.C.A., D.C.M., M.A. e T.T. hanno chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 3 marzo 2009 dalla Corte d’Appello di Bologna, confermativa della sentenza del Tribunale che aveva rigettato la loro domanda di risarcimento dei danni conseguenti al decesso, a seguito di incidente stradale, dei rispettivi congiunti D.C.R. e M.I..

L’Ina – Assitalia ha resistito con controricorso, mentre B. M. e Z.N. non hanno espletato attività difensiva. 2 – I due motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo i ricorrenti denunciano insufficienza di motivazione circa il fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dalla circostanza, affermata dagli odierni ricorrenti, che l’autovettura investitrice condotta da B.L. procedeva non alla propria stretta destra bensì spostata alla propria sinistra verso il centro della strada invadendo la semicarreggiata di pertinenza del ciclomotore.

La censura non contiene il momento di sintesi formulato secondo il modello sopra premesso e necessario non solo per circoscrivere il fatto controverso (adempimento assolto dai ricorrenti), ma anche per specificare le ragioni dell’addotta insufficienza della motivazione della sentenza impugnata. In realtà i ricorrenti postulano una ricostruzione fattuale diversa e più favorevole rispetto a quella concordemente accolta dai due giudici di merito. Ma le argomentazioni addotte a sostegno contengono ampi riferimenti alle risultanze processuali, implicano esame degli atti e apprezzamenti di fatto, attività di esclusiva competenza del giudice di merito e inibite al giudice di legittimità e ripropongono la tesi argomentatamente disattesa dalla Corte territoriale. E’ appena il caso di ribadire che (Cass. Sez. 3 nn. 15604 del 2007 e 22539 del 2006) la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti; ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione. Al fine della congruità della motivazione è sufficiente che da questa risulti che i vari elementi probatori acquisiti siano valutati nel loro complesso, anche senza un’esplicita confutazione di altri elementi non menzionati, purchè risulti logico e coerente il valore preminente attribuito a quelli utilizzati.

Conseguentemente per poter configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. Il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la ratio decidenti venga a trovarsi priva di base.

Le medesime ragioni determinano l’inammissibilità anche del secondo motivo, che presenta le stesse caratteristiche appena sopra criticate, con il quale i ricorrenti lamentano insufficienza di motivazione circa il fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dalla circostanza, affermata dagli odierni ricorrenti, che l’autovettura investitrice condotta da B.L. procedeva a velocità non moderata in considerazione dello stato dei luoghi (strada stretta, in salita e in presenza di curve a visuale coperta).

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

La resistente ha presentato memoria adesiva alla relazione; nessuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2010

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