Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19675 del 21/09/2020

Cassazione civile sez. un., 21/09/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 21/09/2020), n.19675

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3547/2019 proposto da:

D.A., E.H., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA IN ARCIONE 71, presso lo studio dell’avvocato LEONARDO DI BRINA,

che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati DOMENICO

LARATTA, e GERHARD BRANDSTATTER;

– ricorrenti –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA

CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI

25;

– controricorrente –

e contro

PROCURA REGIONALE PRESO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE DI BOLZANO, LEGA

ANTI VIVISEZIONE L.A.V. ONLUS ENTE MORALE, LEGA PER L’ABOLIZIONE

DELLA CACCIA ONLUS;

– intimati –

avverso la sentenza n. 248/2018 della CORTE DEI CONTI – PRIMA SEZIONE

GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il 18/06/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/07/2020 dal Consigliere ROBERTO GIOVANNI CONTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

D.A. e E.H. hanno proposto ricorso per cassazione per motivi di giurisdizione e per straripamento di potere avverso la sentenza n. 248 del 18 giugno 2018, con la quale la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale centrale d’appello per la regione Trentino Alto Adige, li aveva condannati al pagamento in favore dello Stato della somma di Euro 568.125,000, ciascuno, oltre che per danno erariale patito dalla Provincia di Bolzano per le spese processuali nei giudizi definiti negativamente innanzi al Tribunale amministrativo relativi ai provvedimenti di autorizzazione alla caccia, condannando altresì i due soggetti convenuti al pagamento in favore della Provincia di Bolzano della somma di Euro 6.192,23, oltre rivalutazione monetaria e spese del giudizio Il Procuratore generale della Corte dei Conti si è costituito con controricorso.

La Lega Anti vivisezione L.A.V. Onlus e la Lega per l’Abolizione della Caccia Onlus non si sono costituite.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

Il Procuratore Generale non ha depositato conclusioni scritte.

La causa è stata posta in decisione all’udienza camerale di cui all’art. 380 bis c.p.c, del 21 luglio 2020.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte dei Conti, sez. giurisdizionale per la Regione Trentino Alto Adige, nella sentenza in epigrafe ha premesso che:

1) la Procura generale contabile aveva contestato ai convenuti, nella loro qualità rispettivamente di Assessore alle Foreste della Provincia Autonoma di Bolzano – il D. – e di Direttore dell’Ufficio Caccia e Pesca Direttore sostituto della Ripartizione Foreste nonchè Presidente dell’Osservatorio faunistico – l’ H., il danno derivante dall’adozione di circa cento decreti di autorizzazione alla caccia di specie faunistiche protette, consentendone a seconda delle specie il prelievo al di fuori del periodo consentito o autorizzandone l’abbattimento in mancanza dei presupposti normativamente previsti e senza motivare gli atti, in contrasto con la normativa comunitaria, ipotizzando un danno diretto al patrimonio indisponibile dello Stato, derivato da ciascun singolo abbattimento ingiustificato e connesso all’indiscutibile valore intrinseco dell’animale soppresso in violazione del divieto;

2) la Sezione territoriale della Corte dei Conti, dopo l’intervento in giudizio ad adiuvandum delle associazioni ambientaliste Lega Anti vivisezione L.A.V. Onlus e Lega per l’Abolizione della Caccia Onlus, aveva condannato ciascuno dei convenuti al risarcimento di Euro 6.192,23 in favore della Provincia di Bolzano per il danno indiretto consistente nelle spese legali sopportate dalla Provincia nei giudizi innanzi al TRAG di Bolzano promossi per fare valere l’illegittimità di alcuni degli indicati decreti, rigettando ogni altra domanda collegata al danno derivante dall’adozione dei decreti autorizzativi alla caccia di specie protette;

3) la sentenza anzidetta era stata impugnata dalla Procura Generale, rilevando che il danno lamentato non derivava solo dalla mera illegittimità degli atti, ma anche dalla sussistenza del danno al patrimonio indisponibile dello Stato derivato dall’adozione dei ricordati decreti e, dunque, dall’abbattimento di 2655 esemplari.

2. Ciò posto, la sezione giurisdizionale centrale d’appello ha osservato che:

1) la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato, dotato di un valore che prescinde dalla sua collocazione nel contesto ambientalistico e dell’eco-sistema;

2) esistendo un divieto di abbattimento dei singoli animali come regola generale, i prelievi in deroga sono subordinati alla ricorrenza di specifici, rigorosi presupposti, in assenza dei quali l’abbattimento di ogni singolo capo andava configurato come ingiustificata violazione del divieto normativamente imposto, come tale foriero di danno erariale, di misura pari al valore dell’animale;

3) la Procura Generale, che aveva contestato il danno diretto al patrimonio indisponibile dello Stato derivante da ciascun ingiustificato abbattimento, aveva offerto piena dimostrazione del pregiudizio, risultando per converso totalmente ininfluente ai fini del giudizio la prova del danno all’ambiente e/o all’eco-sistema derivante dall’abbattimento;

4) l’insufficienza della motivazione dei decreti di abbattimento contestati dalla Procura Generale a D.A. e E.H. non veniva in rilievo quale mera illegittimità dell’atto, essa integrando la prova dell’inesistenza dei presupposti legittimanti il superamento del divieto della soppressione dell’animale; la totale assenza o inadeguatezza dell’istruttoria e della motivazione erano dunque elementi idonei a far ritenere abnorme e arbitrario l’atto stesso;

5) tale conclusione derivava dalla circostanza che la soppressione dell’animale potesse derivare solo dalla presenza di specifiche condizioni indicate nella motivazione del provvedimento e risalenti ad epoca anteriore all’abbattimento;

6) poichè l’onere di provare l’insussistenza della motivazione e dei presupposti collegati all’abbattimento era stato assolto dalla Procura generale attraverso la dimostrazione tanto dell’omessa giustificazione della violazione del divieto di abbattimento quanto dell’insussistenza dei presupposti giustificativi della deroga attraverso una apposita perizia, risultava privo di rilievo il fatto che i decreti fossero stati scrutinati dal giudice amministrativo, potendo la stessa sezione autonomamente esaminarli per verificarne l’attitudine a fondare la responsabilità erariale dei convenuti;

7) dall’esame dei provvedimenti compiuto singolarmente e nel loro complesso emergeva con chiarezza l’esecuzione dell’abbattimento degli animali in via sistematica in assenza dei presupposti, al punto da essere stato trasformato uno strumento eccezionale in ordinario mezzo di prelievo di specie non cacciabili o cacciabili solo in dati periodi, per come aveva dimostrato la dichiarazione confessoria dell’ E., dalla quale era emerso l’utilizzo dei decreti per finalità ultronee rispetto a quelle normativamente previste per giustificare l’abbattimento, per di più confermata dalla pervicace reiterazione dei decreti nonostante le innumerevoli pronunce del Tribunale amministrativo, dimostrative dell’illegittimità non solo formale;

8) totalmente insussistente era risultato il principio di precauzione in ragione delle innumerevoli pronunce del Tribunale amministrativo, idonee ad escludere che i soggetti citati avessero potuto credere di agire con diligenza e nel rispetto della legge;

9) il danno subito dal patrimonio dello Stato era quantificabile in via equitativa sulla base di un valore ricavato dal valore tassidermico degli animali abbattuti, diminuito del 40%;

10) parimenti poteva dirsi provato il danno prodotto alla Provincia di Bolzano dalle condotte dei due soggetti citati dalla Procura Generale per effetto delle spese sostenute nei giudizi innanzi al tribunale amministrativo, definiti negativamente.

3. Ciò posto, i ricorrenti deducono la violazione delle norme in materia di giurisdizione e lo straripamento di giurisdizione nel quale sarebbe incorso il giudice contabile di appello, in relazione all’art. 111 Cost., art. 207 cod. giust. contabile, art. 24 Cost., comma 1 e art. 113 Cost., commi 1 e 2.

3.1 La Corte dei Conti sarebbe incorsa in un vizio assoluto di motivazione, avendo stravolto le norme di diritto dalla stessa applicate e dunque originato un vero e proprio rifiuto di giurisdizione. Il giudice contabile avrebbe in particolare omesso di esaminare i decreti che a suo dire avevano costituito la prova della responsabilità degli stessi ricorrenti, tralasciando di considerare che l’atto amministrativo illegittimo poteva rappresentare uno solo degli elementi idonei a fondare la fattispecie di responsabilità contabile, unitamente agli altri elementi. La Corte dei Conti, omettendo l’esame dei decreti, avrebbe esercitato in modo abnorme la giurisdizione, tralasciando altresì di verificare la compatibilità delle scelte amministrative risultanti dai provvedimenti della Provincia. Il tutto all’interno di una motivazione insussistente che nemmeno consentirebbe di verificare e il giudice contabile si fosse limitato ad agire nell’ambito delle sue prerogative ovvero avesse invaso il campo delle scelte riservate all’amministrazione.

3.2 Parimenti abnorme risulterebbe la decisione impugnata laddove avrebbe stravolto i principi in tema di onere della prova, per avere addossato sui ricorrenti l’onere della prova in ordine alla legittimità degli atti senza considerare la presunzione di legittimità degli atti stessi e la necessità che la prova della responsabilità fosse fornita dalla Procura Generale. La Corte dei Conti avrebbe dunque fondato la responsabilità contabile su una semplice perizia di parte, sfornita di valore probatorio e dunque stravolgendo le norme di riferimento.

4. Il Procuratore Generale rappresentante il Pubblico Ministero presso la Corte dei Conti, costituitosi con controricorso, ha chiesto che il ricorso fosse dichiarato inammissibile o comunque infondato nel merito.

5. Il ricorso è inammissibile.

6. La prospettata assenza di motivazione della sentenza che, omettendo di individuare gli elementi fondativi della responsabilità contabile, avrebbe integrato un rifiuto della giurisdizione si risolve, in realtà, in un vizio sentenza che non può essere scrutinato all’interno del vizi di eccesso di potere giurisdizionale.

7. Ed invero, queste Sezioni Unite (cfr., in particolare, Cass. S.U. 9giugno 2011 n. 12539) hanno precisato che, anche a seguito dell’inserimento della garanzia giusto del processo nella formulazione dell’art. 111 Cost., il sindacato delle Sezioni Unite della Corte di cassazione sulle decisioni rese dalla Corte dei Conti è limitato all’accertamento dell’eventuale sconfinamento dai limiti esterni della propria giurisdizione da parte del giudice contabile, ovvero all’esistenza di vizi che riguardano l’essenza di tale funzione giurisdizionale e non il modo del suo esercizio, restando, per converso, escluso ogni sindacato sui limiti interni di tale giurisdizione, cui attengono gli errores in iudicando o in procedendo. Ne consegue che il ricorso per cassazione contro le decisioni della Corte dei Conti non è incondizionato, perchè è fatta salva la autonomia della giurisdizione di tale giudice, che non comporti il superamento dei limiti esterni della rispettiva giurisdizione che, avendo riguardo alla Corte dei Conti, contemplano il cosiddetto eccesso di potere giurisdizionale, per avere la Corte esercitato la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa della pubblica amministrazione e l’esplicazione della giurisdizione in materia attribuita a quella ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, così verificandosi “una usurpazione o indebita assunzione di potestà giurisdizionale” (Cass., S.U., n. 3349/2004; Cass., S.U., n. 14438/2018, Cass., S.U., n. 7457/2020).

8. Nella medesima prospettiva è stato precisato (Cass., S.U., 25 luglio 2011 n. 16165) che in tema di sindacabilità del difetto di giurisdizione delle sentenze della Corte dei Conti, è inammissibile il ricorso che si fondi su vizi processuali relativi a violazioni dei principi costituzionali del giusto processo, quali quelli che ledono il contraddittorio tra le parti o la loro parità di fronte al giudice o l’esercizio del diritto di difesa, trattandosi di violazioni endoprocessuali rilevabili in ogni tipo di giudizio, al pari di tutti gli altri errores in procedendo e non inerenti all’essenza della giurisdizione o allo sconfinamento dei limiti esterni di essa ma solo al modo in cui è stata esercitata (Cass., Sez. U, 9 giugno 2011, n. 12539; Cass., Sez. U, 21 giugno 2010, n. 14890, Cass., S.U., n. 13244/2019).

9. Tale indirizzo si inscrive pienamente nell’altro, anch’esso radicato nella giurisprudenza di queste Sezioni Unite, a proposito della delimitazione del ricorso ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8, questo potendosi configurare unicamente in caso di rifiuto dell’esercizio della giurisdizione allorchè si riconosca – contro la regula iuris che attribuisce a quel giudice il potere di dicere ius sulla domanda – che la situazione soggettiva fatta valere in giudizio sia, in astratto, priva di tutela e corredata dal rilievo dell’estraneità di tale situazione non solo alla propria giurisdizione, ma anche a quella di ogni altro giudice (Cass., S.U., n. 20169/2018, Cass., S.U., 27 giugno 2018, n. 16973; Cass., Sez. U., nn. 13976/17, 3561/17, 5070/16 e 3037/13, unitamente a Corte Cost. n. 6/2018).

10. In definitiva, il sindacato che queste Sezioni Unite, dopo l’intervento della Corte costituzionale – sent. n. 6/2018 – hanno anche di recente ricondotto sotto il cono d’ombra dell’art. 111 Cost., comma 8, riguarda, a differenza di quanto per l’appunto ritenuto dai ricorrenti v. sul punto anche la memoria dei ricorrenti – esclusivamente i casi di vero e proprio rifiuto dell’esercizio della giurisdizione del giudice ordinario o di quello speciale o rispetto ad una questione concernente materia riservata alla cognizione di altri organi costituzionali – cfr. Cass., S.U., 15 febbraio 2013 n. 3731, Cass., S.U., 1 febbraio 2008 n. 2439, Cass., S.U., 1 dicembre 2016 n. 24624 – o di difetto assoluto di giurisdizione, ipotizzabile soltanto ove il Consiglio di Stato o la Corte dei Conti abbia affermato la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o all’amministrazione (c.d. invasione o sconfinamento), ovvero, al contrario, l’abbia negata sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale (c.d. arretramento) – cfr. Cass., S.U., 19 luglio 2018 n. 19283. Sicchè resta estraneo al sindacato delle Sezioni Unite la verifica sulla delimitazione interna dell’ambito di un plesso giurisdizionale dal medesimo concretamente operata, posto che un controllo siffatto involgerebbe un inammissibile sindacato sui limiti interni a quella stessa giurisdizione – cfr. Cass., S.U., n. 20529/2018, con riferimento al ricorso per motivi attinenti alla giurisdizione innanzi a queste S.U. avverso sentenze del Consiglio di Stato.

11. Dai principi sopra enunciati deriva quindi che la censura basata sull’assunto dell’assenza di motivazione della sentenza impugnata, o sulla sussistenza degli estremi della violazione del canone del giusto processo non può essere esaminata in questa sede,tin quanto non compresa nei limiti del sindacato delle Sezioni Unite della Corte di cassazione sulle decisioni rese dalla Corte dei Conti – cfr. Cass., S.U., n. 1979/2012.

12. Del resto, la Corte dei Conti ha ampiamente esposto le ragioni sulle quali ha fondato il giudizio di responsabilità, per l’un verso riconoscendo, correttamente, la possibilità di vagliare il contenuto dei decreti di autorizzazione alla caccia di specie protette al di là dell’eventuale annullamento disposto dal giudice amministrativo con riguardo ad alcuni soltanto dei provvedimenti richiamati dalla Procura contabile, riconoscendosi un potere di cognizione autonomo sugli stessi – non certo in contrapposizione rispetto ad eventuali pronunzie adottate dal giudice amministrativo, ma semmai collegato o alla ritenuta illegittimità degli atti ove pronunziata dal g.a. o all’autonoma valutazione su altri provvedimenti aventi medesimo oggetto e natura non impugnati – al fine di fondare, in ragione della loro radicale contrarietà al diritto UE, la responsabilità erariale dei convenuti. Ciò che non poteva certo integrare alcuno straripamento di potere del giudice contabile nell’ambito delle prerogative dell’amministrazione, ma semmai integrare l’attività valutativa del giudice contabile in ordine all’esistenza dei presupposti della responsabilità per danno erariale.

13. Parimenti inammissibile risulta il vizio prospettato con riferimento alla questione relativa alla disciplina in tema di onere della prova che il giudice contabile avrebbe stravolto, tale rilievo risolvendosi nella verifica delle modalità di esercizio della giurisdizione contabile che esula dal controllo riservato a queste Sezioni Unite, attenendo ai c.d. limiti interni di quella giurisdizione al cui interno la sentenza impugnata ha rinvenuto, artiche attraverso la perizia prodotta dalla Procura contabile, gli elementi dimostrativi dell’accertata responsabilità per danno erariale.

13. Sulla base di tali considerazioni il ricorso va dichiarato inammissibile.

14. Nulla sulle spese, dandosi atto che non vi è luogo a pronunzia sulle spese del giudizio di legittimità, atteso che il Procuratore Generale della Corte dei Conti, contraddittore dei ricorrenti soccombenti, è parte soltanto formale; sussistono invece i presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte degli stessi ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per l’impugnazione (Cass., S.U., n. 23535/2019).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte degli stessi ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, dalle Sezioni Unite Civili, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2020

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