Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19675 del 16/09/2010

Cassazione civile sez. III, 16/09/2010, (ud. 17/06/2010, dep. 16/09/2010), n.19675

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 22554-2009 proposto da:

P.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANARO 11,

presso lo studio dell’avvocato MARCELLI LUIGI, rappresentata e difesa

dall’avvocato AULINO GIUSEPPE, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE CASERTA (OMISSIS) – GESTIONE

LIQUIDATORIA EX

UNITA’ SANITARIA LOCALE N. (OMISSIS) di Teano Regione Campania

D.M.

G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2771/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

12.6.08, depositata il 10/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. VINCENZO

MARINELLI.

La Corte, Letti gli atti depositati:

 

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 9 ottobre 2009 P.P. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 10 luglio 2008 dalla Corte d’Appello di Napoli, che aveva riformato unicamente nella liquidazione degli onorari, mentre aveva confermato nel resto, la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, la quale aveva condannato D.M.G. e la USL (OMISSIS) di Teano (poi ASL Caserta (OMISSIS)) a pagarle Euro 332.533,88 a titolo di risarcimento dei danni conseguenti all’errato intervento di interruzione della gravidanza.

Gli intimati, Azienda Sanitaria Locale Caserta (OMISSIS) e D.M. G., non hanno espletato attività difensiva.

2 – I tre (rectius: quattro) motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia nullità della sentenza ex art. 360, nn. 3, 4 e 5 per violazione errata e falsa applicazione di legge nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in cui non riconosce il danno patrimoniale e ne esclude la liquidazione in violazione di quanto previsto dall’art. 112 c.p.c. e dagli artt. 4 e 37 Cost. e dagli artt. 1218 e 2043 c.c. con conseguente nullità dell’intero procedimento.

A prescindere dalla laboriosa, imprecisa ed erronea (i vizi denunciati non possono determinare la nullità dell’intero procedimento) titolazione della censura, è agevole rilevare che le argomentazioni a sostegno attengono al merito e si basano sulla C.T.U. nei confronti della quale non è stato rispettato il disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 6 e che mancano sia il quesito di diritto fondato sulle nome indicate sia il momento di sintesi idoneo a specificare le rispettive ragioni delle denunciate omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti ed emerso dagli atti del giudizio con conseguente violazione di legge nella parte in cui esclude la liquidazione del danno patrimoniale sull’errato presupposto del suo mancato riconoscimento da parte del C.T.U..

La censura presenta le medesime connotazioni negative evidenziate per la precedente con riferimento a titolazione, argomentazioni di merito, mancanza di autosufficienza e mancanza del prescritto quesito di diritto e del necessario momento di sintesi formulati secondo i criteri sopra premessi.

Identica sorte colpisce il terzo motivo (erroneamente indicato ancora come secondo) con cui la ricorrente ipotizza nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione di legge e falsa applicazione della sentenza impugnata con motivazione insufficiente, omessa e comunque contraddittoria in relazione alla liquidazione del danno biologico da inabilità permanente e da inabilità temporanea con violazione di quanto previsto dagli artt. 1223, 1227, 2057 e 2058 c.c. nonchè dall’art. 32 Cost..

Con il quarto motivo (erroneamente indicato come terzo) la P. denuncia nullità della sentenza ex art. 360, nn. 3 e 5 violazione di legge e falsa applicazione della sentenza impugnata con motivazione insufficiente, omessa e contraddittoria motivazione della sentenza in relazione a quanto previsto dalla L. n. 794 del 1942, art. 24 per la liquidazione delle spese del giudizio anche in riferimento a quanto previsto dagli artt. 91 e 92 c.p.c..

Anche questa censura, che prescinde dalla motivazione della sentenza impugnata, risulta priva sia del quesito di diritto, sia del momento di sintesi.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Non sono state presentate conclusioni scritte nè memorie nè alcuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; nulla spese;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 17 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2010

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