Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19672 del 16/09/2010

Cassazione civile sez. III, 16/09/2010, (ud. 17/06/2010, dep. 16/09/2010), n.19672

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 21207-2009 proposto da:

F.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PANARITI BENITO, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato VENERI MASSIMO,

giusta procura alle liti a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

G.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PANAMA 12,

presso lo studio dell’avvocato COLARIZI MASSIMO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GUARNATI MARIO VITTORIO, giusta

procura alle liti a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 153 7/2009 del TRIBUNALE di TRENTO del

12/06/09, depositata il 22/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

è presente il P.G. in persona del Dott. VINCENZO MARINELLI.

La Corte, Letti gli atti depositati:

 

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 22 settembre 2009 F.L. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 22 giugno 2009 dal Tribunale di Trento, che, in parziale accoglimento dell’opposizione al precetto intimatole da G. L., aveva ridotto gli importi indicati in tale atto.

2 Il ricorso è inammissibile per due ordini di ragioni. In primo luogo vi è confusione in ordine alla sentenza impugnata, stante i riferimenti alla sentenza 1537/2009 in data 22 giugno 2009 del Tribunale di Verona, che invece risulta essere stata pronunciata dal Tribunale di Trento in sede di opposizione a precetto, e la sentenza n. 2321/2005 del Tribunale di Verona, che costituisce il titolo posto alla base del precetto.

3. – In secondo luogo i tre motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione art. 132 c.p.c., comma 2, n. 3, artt. 112 91 e 92 c.p.c.. Il quesito finale non postula l’enunciazione di un principio di diritto fondato sulle norme indicate, ma chiede una verifica della correttezza della censura con cui si assume che la sentenza ha riportato le conclusioni di parte opposta in maniera difforme da quelle rassegnate. Inoltre non viene rispettato il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.

Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.. Il quesito finale chiede una diversa determinazione in ordine alle spese processuali prescindendo totalmente dalla motivazione della sentenza impugnata.

Il terzo motivo ipotizza violazione degli artt. 1282, 1284 e 1224 c.c.. La censura e il quesito finale implicano accertamenti di fatto (versamenti degli acconti e il conseguente conteggio degli interessi) che esulano dal giudizio di legittimità.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

La ricorrente ha presentato memoria; nessuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dalla ricorrente con la memoria non inducono a diversa statuizione restando confermata l’inadeguatezza dei quesiti;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione con riferimento alla formulazione dei motivi di ricorso;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2010

 

 

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