Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19669 del 21/09/2020

Cassazione civile sez. un., 21/09/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 21/09/2020), n.19669

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7312/2019 proposto da:

T.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALADIER 44,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO MANGAZZO, rappresentata e

difesa dall’avvocato FELICE LAUDADIO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI NAPOLI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA APPENNINI 46, presso lo STUDIO LEGALE

LEONE, rappresentata e difesa dagli avvocati ANNA IVANA FURNARI,

FABIO MARIA FERRARI, ed ANTONIO ANDREOTTOLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4477/2018 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 23/07/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LUCIO CAPASSO, il quale conclude chiedendo dichiararsi

l’inammissibilità del proposto ricorso.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. La sig.ra T.G. ha proposto ricorso ex art. 111 Cost. e art. 110 c.p.a., sulla scorta di un solo motivo, per la cassazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 4477 del 2018, lamentando la violazione dei limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo.

2. Con la suddetta sentenza il Consiglio di Stato ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione proposto dalla stessa sig.ra T. avverso la sentenza del medesimo Consiglio di Stato n. 5315 del 2015. Quest’ultima sentenza, confermando la decisione adottata in primo grado dal TAR Campania, aveva rigettato la domanda della odierna ricorrente di annullamento dell’Ord. Dirig. 16 marzo 2011, n. 85, con cui il Comune di Napoli aveva rigettato l’istanza di condono edilizio da lei presentata in relazione ad una villetta unifamiliare in muratura ad un piano, edificata in (OMISSIS).

3. L’argomentazione sviluppata dal Consiglio di Stato nella menzionata sentenza n. 5315 del 2015 per escludere, in conformità alle conclusioni raggiunte dall’Amministrazione municipale e dal TAR Campania, la condonabilità dell’opera in questione muoveva dal presupposto che tale opera non poteva qualificarsi quale ristrutturazione consentita dalle Norme Tecniche di Attuazione della variante al Piano Regolatore Generale applicabile nella zona, giacchè essa costituiva nuova costruzione e implicava un ampliamento di superficie e di volumetria (p. 11.1).

4. Nel ricorso per revocazione la sig.ra T., lamentando come il Consiglio di Stato avesse omesso di esaminare la documentazione da lei prodotta, aveva sostenuto che la suddetta sentenza n. 5315 del 2015 sarebbe stata viziata da errore di fatto ex art. 395 c.p.c., n. 4, in quanto, contrariamente a quanto ivi affermato, nessun incremento volumetrico sarebbe stato da lei realizzato rispetto alla preesistenza edilizia.

5. La sentenza qui gravata, premessa una puntuale ricostruzione dei principi di diritto che regolano la rievocazione per errore di fatto ex art. 395 c.p.c., n. 4, ha rigettato il ricorso per revocazione sul rilievo che “la questione se il manufatto in contestazione avesse effettivamente comportato un incremento di superficie e di volumetria – con conseguente riconducibilità dello stesso alla nozione di nuova costruzione e non di ristrutturazione – attiene ad un fatto che ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza si è espressamente pronunciata” (p. 2.2.).

6. Con l’unico motivo di ricorso, riferito dell’art. 360 c.p.c., n. 1, la sig.ra T. deduce la violazione dell’art. 111 Cost., u.c. e dei limiti esterni della giurisdizione sotto il profilo del diniego di giustizia, in relazione all’art. 6, par. 1 e art. 13 CEDU, all’art. 47 CDFUE, ai principi dell’effettività della tutela giurisdizionale, della parità delle parti, del contraddittorio e di proporzionalità, all’art. 45, lett. d), della direttiva n. 18/2004, all’art. 24 Cost., art. 111 Cost., comma 1, art. 113 Cost., comma 2 e agli artt. 1,2, art. 7, comma 7, c.p.a..

7. Il Comune di Napoli ha depositato controricorso.

8. La causa è stata chiamata all’adunanza di Camera di consiglio del 17 marzo 2020, in prossimità della quale la ricorrente ha depositato memoria ed il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato una requisitoria scritta, concludendo per la declaratoria di inammissibilità del ricorso. In seguito al differimento di ufficio disposto ai sensi del D.L. 8 marzo 2020, n. 11, art. 1, comma 1, (Misure straordinarie ed urgenti per contrastate l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria), la causa è stata nuovamente chiamata all’adunanza di Camera di consiglio del 21 luglio 2020, in cui è stata decisa.

9. L’unico mezzo di impugnazione esordisce, nelle pagine 6 e 7 del ricorso, con una argomentazione relativa al disposto dell’art. 38, comma 1, lett. f), del codice degli appalti del 2006 – concernente il potere della stazione appaltante di escludere dalla gara coloro che abbiano “commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara” – manifestamente priva di qualunque attinenza al presente giudizio, al pari dei riferimenti che si leggono all’inizio di pag. 7 del ricorso ad atti di procedimenti penali di cui non vi è traccia nella sentenza gravata. Successivamente, alla pag. 8 del ricorso, la difesa della sig.ra T. deduce che il Consiglio di Stato “sotto lo schermo di malintesi parametri giurisprudenziali elevati a fonte regolatrice del giudizio di revocazione” (p. 1.1) sarebbe incorso nel diniego di giustizia omettendo di valutare, e finanche di menzionare, la documentazione prodotta ed esistente nel fascicolo di primo grado, asseritamente idonea a dimostrare che l’opera in questione costituiva mera ristrutturazione della vecchia preesistenza edilizia.

10. La doglianza va giudicata inammissibile. Queste Sezioni Unite hanno già più volte affermato che è inammissibile il ricorso per cassazione, proposto ai sensi dell’art. 362 c.p.c. e art. 111 Cost., con il quale si censura la valutazione delle condizioni di ammissibilità dell’istanza di revocazione da parte del Consiglio di Stato, giacchè con esso non viene posta una questione di sussistenza o meno del potere giurisdizionale di operare detta valutazione e, dunque, dedotta una violazione dei limiti esterni alla giurisdizione del giudice amministrativo, rispetto alla quale soltanto è consentito ricorrere in sede di legittimità in base alle anzidette norme (Cass. Sez. U, 8 aprile 2008, n. 9150; Cass., Sez. U, 17 settembre 2019, n. 23101; Cass., Sez. U, 11 novembre 2019, n. 29182; da ultimo, Cass. Sez. U. 14 aprile 2020 n. 7829). A tale indirizzo il Collegio intende dare continuità; nella specie, la sentenza del Consiglio di Stato qui gravata ha pienamente valutato le condizioni di ammissibilità del ricorso per revocazione proposto dalla sig.ra T. e perciò il ricorso per cassazione da costei presentato risulta inammissibile, giacchè esso non pone in discussione la sussistenza o meno del potere giurisdizionale di operare detta valutazione, e dunque una violazione dei limiti esterni alla giurisdizione del giudice amministrativo, limitandosi, piuttosto, a denunciare un cattivo esercizio del proprio potere giurisdizionale da parte del Consiglio di Stato nel verificare i presupposti della revocazione; vizio che, attenendo all’esplicazione interna del potere giurisdizionale conferito dalla legge al giudice amministrativo, non può essere dedotto con il ricorso ex art. 362 c.p.c..

11. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

12. Le spese seguono la soccombenza.

13. Deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente a rifondere al Comune controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4.000, oltre Euro 200 per esborsi e oltre accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite delle Suprema Corte di Cassazione, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2020

 

 

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