Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19669 del 16/09/2010

Cassazione civile sez. III, 16/09/2010, (ud. 17/06/2010, dep. 16/09/2010), n.19669

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 14376-2009 proposto da:

O.M.V., O.P., O.A.,

elettivamente domiciliate in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 19, presso lo

studio dell’avvocato SUCCI ANTONELLA, che le rappresenta e difende,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

E.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UMBERTO

BOCCIONI 4, presso lo studio dell’avvocato CASSIANO ANTONIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato PREZZA MAURO, giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

E.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 33/2009 del TRIBUNALE DI VELLETRI, SEZIONE

DISTACCATA DI ANZIO, depositata il 06/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito l’Avvocato Stefania Ciaschi, (delega avvocato Antonella Succi),

difensore delle ricorrenti che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. VINCENZO MARINELLI che si

riporta alla relazione scritta.

La Corte, Letti gli atti depositati:

 

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 9 giugno 2009 O.A., O.M.V. e O.P. hanno chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 6 febbraio 2009 dal Tribunale di Velletri Sezione distaccata di Anzio – che aveva rigettato l’opposizione al precetto ad esse intimato da E.G. e E.M. avente ad oggetto la reintegra nel possesso di una striscia di terreno.

E.M. ha resistito con controricorso, mentre E. G. non ha svolto attività difensiva.

2 – I sette motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366- bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle imputazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo le ricorrenti lamentano insufficiente motivazione sulla qualificazione dell’azione esecutiva intrapresa dalle E., cioè se esecuzione di tipo diretto ovvero esecuzione ordinaria. La censura, proposta esclusivamente sotto il profilo del vizio di motivazione e non anche sotto quello di violazione di norme di diritto, è inammissibile poichè (confronta Cass. n. 17235 del 2002) con il ricorso per cassazione di cui all’art. 111 Cost., comma 2, si possono denunciare soltanto “violazioni di legge”, con riferimento sia alla legge regolatrice del rapporto sostanziale controverso, sia alla legge regolatrice del processo.

D’altra parte la censura risulta priva anche del momento di sintesi formulato secondo il modello sopra enunciato.

Le medesime considerazioni determinano l’inammissibilità del secondo motivo, mediante il quale le ricorrenti assumono insufficiente motivazione sull’individuazione dell’azione giuridica preannunciata con l’atto di precetto.

Con il terzo motivo le O. denunciano violazione dell’art. 479 c.p.c..

La censura si basa su un presupposto di fatto (omessa notifica del titolo esecutivo unitamente all’atto di precetto) contrario a quello affermato dal Tribunale. Il quesito finale è inammissibilmente astratto, poichè non postula l’enunciazione di un principio di diritto fondato sulla norma indicata e prescinde dalla motivazione della sentenza impugnata.

Con il quarto motivo le O. denunciano violazione dell’art. 480 c.p.c. con riferimento all’atto di precetto, assumendo che esso non specifica adeguatamente il facere richiesto. La censura implica esame e valutazione dell’atto, in relazione al quale non è stato onorato il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.

Il quesito finale è inappropriato per le stesse ragioni evidenziate a proposito del precedente.

Con il quinto (erroneamente indicato come sesto) motivo si ipotizza violazione dell’art. 480 c.p.c. con riferimento al secondo atto di precetto.

La censura presenta i medesimi connotati negativi evidenziati per la precedente e, quindi, si rivela inammissibile per le medesime ragioni. In particolare, si ribadisce l’assoluta astrattezza del quesito che non postula l’enunciazione di un principio di diritto decisivo per il giudizio e di applicabilità generalizzata e prescinde dai riferimenti al caso concreto e alla motivazione della sentenza impugnata.

Il sesto motivo, violazione dell’art. 612 c.p.c. in tema di attuazione di un’ordinanza di reintegra nel possesso priva di obblighi di facere fungibili, soffre dei medesimi vizi sopra evidenziati e, inoltre, risulta addirittura priva di argomentazioni a sostegno.

Ragioni di completezza inducono a rilevare che le tesi sostenute non giovano alle ricorrenti. Intatti (Cass. n. 6621 del 2008) per procedere all’esecuzione dei provvedimenti possessori di natura sommaria non deve essere seguita la disciplina normativa dell’esecuzione forzata relativa agli obblighi di fare stabilita negli artt. 612 e 614 c.p.c.. Pertanto, a tal fine, non è necessaria la notificazione del precetto ma, esclusivamente, la notifica del titolo esecutivo, e, in caso di contestazione relativa alle modalità di attuazione del provvedimento, deve essere proposto ricorso, ai sensi dell’art. 669 duodecies c.p.c. allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento sommario. Ne discende la nullità in radice della opposizione proposta dalle O..

Queste considerazioni riverberano i loro effetti anche sul settimo motivo, peraltro intrinsecamente inammissibile per inidoneità del quesito, con il quale si assume violazione degli artt. 480 e 608 c.p.c..

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Le ricorrenti hanno presentato memoria e chiesto d’essere ascoltate in camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio, dato atto della prospettabilità anche nei ricorsi ex art. 111 Cost., del vizio di motivazione, ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione con riferimento alla mancanza, quanto al primo e al secondo motivo, dei prescritti momenti di sintesi necessari non solo per circoscrivere il fatto controverso, ma anche per specificare in quali parti e per quali ragioni la motivazione della sentenza sia insufficiente ed ha ritenuto, quanto ai successivi motivi, che le argomentazioni addotte con la memoria non superino i rilievi contenuti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna le ricorrenti al pagamento in solido delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2010

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