Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19667 del 22/07/2019

Cassazione civile sez. lav., 22/07/2019, (ud. 29/04/2019, dep. 22/07/2019), n.19667

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4898/2014 proposto da:

REGIONE PUGLIA – GESTIONE STRALCIO EX ATAF G.P.A., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VICOLO ORBITELLI 31, presso lo studio dell’avvocato MICHELE

CLEMENTE, rappresentata e difesa dall’avvocato ROSANNA SCARANO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione

dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati LELIO MARITATO, CARLA

D’ALOISIO, GIUSEPPE MATANO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE;

– controricorrenti –

e contro

EQUITALIA S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6428/2012 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 28/02/2013 R.G.N. 2736/2010.

Fatto

RITENUTO

che:

la Corte d’appello di Bari, con sentenza n. 6428 del 2012, ha rigettato l’impugnazione proposta dalla Regione Puglia – Gestione stralcio ex ATAF G.P.A. ai sensi delle leggi regionali n. 37 del 1995 e n. 14 del 1998 – avverso la sentenza del Tribunale di Foggia, resa nei confronti dell’Inps anche quale mandatario di S.C.C.I. S.p.a. e di Equitalia Sud s.p.a., con la quale era stata dichiarata inammissibile, per tardività D.Lgs. n. 46 del 1999, ex art. 24, l’opposizione alla cartella esattoriale n. (OMISSIS) relativa al pagamento di Euro 5.151.920,05, dovuti per contributi e somme aggiuntive maturati nel periodo febbraio 1992 – giugno 1994, promossa con ricorso depositato il 20 febbraio 2004 dalla Regione Puglia Gestione stralcio ex ATAF G.P.A;

ad avviso della Corte territoriale, doveva essere condiviso l’accertamento del primo giudice relativo alla avvenuta notifica della cartella esattoriale in data 23 dicembre 2003 e non in data 13 gennaio 2004, come preteso dalla Regione Puglia Gestione Stralcio ex ATAF G.P.A. al fine di provare la tempestività dell’opposizione proposta il 20 febbraio 2004;

l’appellante aveva, infatti, sostenuto che la cartella esattoriale le era stata consegnata in data 13 gennaio 2004 come poteva evincersi dal timbro postale apposto sulla medesima cartella e non, come sostenuto da Equitalia s.p.a., il 23 dicembre 2003 – posto che in tale data la cartella era stata consegnata a diverso destinatario – con la conseguenza che, non essendo stata provata la riferibilità alla Regione Puglia del timbro apposto sull’avviso di ricevimento restituito al concessionario e della sigla apposta in calce al medesimo, avrebbe dovuto ritenersi la tempestività dell’opposizione;

ad avviso della Corte territoriale, la parte appellante non aveva fornito prova del proprio assunto dal momento che il timbro del 13 gennaio 2004 indicato a tal fine, nulla dimostrava quanto all’identità di chi lo aveva opposto;

la Corte di merito ha, quindi, descritto i caratteri materiali relativi al timbro di cui si parla (riproducenti la data, un numero di protocollo ed un nome), e li ha ritenuti di origine interna all’amministrazione regionale, anche in considerazione del fatto che l’appellante non aveva mai chiarito con quali modalità fosse venuta a conoscenza ed in possesso della cartella in oggetto;

a fronte di tale carenza probatoria, andava considerata la piena efficacia della copia conforme dell’avviso di ritorno prodotta in primo grado da Equitalia s.p.a. che costituisce, al pari della relata di notifica, un atto pubblico assistito da pubblica fede ai sensi dell’art. 2700 c.c.;

inoltre, quanto alla prova dell’effettiva consegna alla Regione e non ad altro soggetto, la sentenza impugnata ha ritenuto che sarebbe stato onere della parte contestare con querela di falso la risultanza contenuta nell’avviso di ritorno, anche a voler trascurare il fatto che comunque la cartella era entrata in possesso della Regione e che le concrete modalità della consegna non avevano certo determinato l’inesistenza della notifica;

avverso tale sentenza la Regione Puglia Gestione Stralcio ex ATAF G.P.A. propone ricorso per cassazione con otto motivi illustrati da memoria;

l’INPS, anche quale mandatario di S.C.C.I. s.p.a., resistite con controricorso;

Equitalia s.p.a. è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo si deduce la violazione del combinato disposto di cui all’art. 2700 c.c., L. n. 890 del 1982, artt. 1, 4 e 7e art. 358 c.p., in ragione del fatto che la sentenza impugnata aveva ritenuto che le false ed erronee attestazioni presenti nell’avviso di ricevimento della raccomandata a.r., con la quale era stata effettuata la notifica della cartella impugnata, avrebbero dovuto essere contestate dalla Regione Puglia con procedimento per querela di falso, senza verificare a chi in concreto fosse stata consegnata la cartella in data 23 dicembre 2003 (violando la L. n. 80 del 1982, art. 7) e ciò nonostante l’indirizzo indicato ((OMISSIS)) non corrispondesse a quello della sede della Regione stessa ((OMISSIS)); peraltro, con ciò confondendo la disciplina relativa alla notifica degli atti giudiziari con quella della cartella, la Corte territoriale aveva giudicato applicabile l’art. 2700 c.c., anche alla notifica a mezzo del servizio postale, effettuata non dall’ufficiale giudiziario o da un suo delegato, senza considerare che in ogni caso l’agente postale riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio ai fini della inapplicabilità del procedimento di querela di falso;

con il secondo motivo, si deduce l’omesso esame della documentazione prodotta dalla Regione Puglia, costituente prova di fatto decisivo e pur indicata alla pagina 2 della sentenza, volta a dimostrare che alla data del 23 dicembre 2003 la cartella pervenne ad altro soggetto e, precisamente: a) la copia notificata della cartella ove era apposto il timbro del 13 gennaio 2004; la missiva dell’otto febbraio 2009 in cui si precisava che la sede del soggetto destinatario della notifica era in (OMISSIS); la visura della Camera di commercio, industria ed artigianato relativa alla società consortile per azioni ” Sintesi” dalla quale si evinceva che tale società aveva avuto sede sin dalla sua costituzione in (OMISSIS); in ogni caso, ad avviso della ricorrente, in presenza di discordanza tra la data apposta nella copia consegnata al destinatario della notifica e l’originale, si sarebbe dovuta dare prevalenza alla prima;

con il terzo motivo, si deduce la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26,D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, art. 137 c.p.c.e art. 2700 c.c., in ragione del fatto che, a causa dell’erronea applicazione della normativa prevista per la notifica degli atti giudiziari alla notifica della cartella esattoriale, la Corte d’appello di Bari aveva equiparato la valenza probatoria dell’avviso di ricevimento compilato dall’agente postale alla relata di notifica compilata dall’ufficiale giudiziario nell’ambito dell’attività di notificazione di atti giudiziari con l’effetto illegittimo di consentire all’agente per la riscossione di notificare la cartella esattoriale direttamente, senza l’indispensabile intermediazione dell’agente notificatore, in violazione del disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, che non prevede, quanto alla cartella di pagamento, tale possibilità; da ciò, l’inesistenza della notifica e l’inapplicabilità del disposto dell’art. 2700 c.c., con l’ulteriore impossibilità, nell’ipotesi in cui si ritenesse la notificazione solamente nulla, di ritenere sanato il vizio per effetto della proposizione del ricorso in opposizione che sarebbe intervenuto successivamente al decorso del termine entro il quale il ruolo va notificato al contribuente; con il quarto motivo di ricorso si denuncia la violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, con riferimento a tutte le somme richieste in cartella giacchè le stesse non erano mai state richieste inprecedenza ed alcun atto interruttivo era stato in essere dall’INPS prima dell’invio della cartella di pagamento in oggetto;

con il quinto motivo di ricorso si rileva la violazione di tutte le norme di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999 e del D.P.R. n. 602 del 1973, in relazione al fatto che la Regione Puglia ha proposto opposizione alla cartella solo in quanto la L.R. n. 37 del 1995, art. 3 e la L. n. 14 del 1998, art. 47, a seguito della cessazione delle gestioni di trasporto extraurbano a suo tempo affidate all’ATAF, avevano disposto l’istituzione di una gestione stralcio, assunta direttamente dalla Giunta regionale, per la definizione delle pendenze residuate anche se accertate successivamente ed a tali oneri si sarebbe dovuto provvedere con i rimborsi liquidati dall’INPS per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 261 del 1991; il ruolo era stato formato a carico di ATAF Gestione Precaria Autolinee Extraurbane e non nei confronti della Regione, cui pure la cartella era stata notificata; da qui l’inesistenza originaria dell’azione esecutiva posta in essere a carico della Regione Puglia;

il sesto motivo di ricorso ha per oggetto la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3 e le norme del D.P.R. n. 602 del 1973, nonchè la violazione dell’art. 24 Cost., in ragione del fatto che la cartella risultava redatta senza alcun riferimento normativo e senza indicazioni sulle modalità di calcolo osservate e ciò aveva impedito la difesa in giudizio sul piano sostanziale dell’opponente, che aveva comunque già versato il dovuto; peraltro, era rimasto inespresso il calcolo delle somme richieste a titolo di una tantum ed ulteriori somme aggiuntive sulla base della L. n. 662 del 1996, senza tenere conto della nuova disciplina introdotta dalla L. n. 388 del 2000, art. 116, commi 8 e segg.;

con il settimo motivo, si deduce la violazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 24 e 25, in relazione alla decadenza in cui era incorso l’INPS laddove non aveva proceduto a norma del citato art. 25 ad iscrivere a ruolo il credito nel termine del 31 dicembre dell’anno successivo all’accertamento, avvenuto nel 1996, nè nei sei mesi successivi alla notifica della cartella (D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 2); con l’ottavo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 602 del 1973 e del D.Lgs. n. 46 del 1999, in ragione della nullità ed inesistenza del titolo per difetto originario del presupposto del credito, dal momento che le somme pretese erano già state versate all’INPS con conseguente illegittimità di una doppia imposizione contributiva e dell’indebito arricchimento dell’Inps; la ricorrente evidenzia che, con il verbale ispettivo posto a fondamento della pretesa, l’Inps aveva comunicato di aver accertato il diritto di ATAF a fruire di sgravi per oneri sociali per Lire 26.983.838.979 ed, al contempo, di aver pure accertato l’illegittima fruizione di sgravi indebiti per Lire 4.280.497.000, oltre somme aggiuntive per Lire 4.204.674.000; lo stesso verbale conteneva la precisazione dell’avvenuto pagamento di differenze contributive contenute in note di rettifica di cui al tabulato ivi allegato, inoltre, in ordine alla situazione creditoria dell’INPS la ricorrente aveva, sin dal primo grado, fatto presente che si era formato il giudicato a seguito della sentenza della Corte di Cassazione n. 3702 del 1999 che aveva, tra l’altro, affermato come l’INPS avesse abbandonato, in grado d’appello, la pretesa ad ottenere il pagamento di Lire 7.818.240.499 per contributi previdenziali relativi al periodo compreso tra il primo marzo 1991 ed il 30 novembre 1993;

vanno trattati, in via preliminare, i primi tre motivi che attengono alla questione preliminare della tempestività della proposizione del ricorso in opposizione, posto che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità è consolidata nell’affermare che in tema di iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, il termine previsto dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, per proporre opposizione nel merito, onde accertare la fondatezza della pretesa dell’ente, deve ritenersi perentorio, pur in assenza di un’espressa indicazione in tal senso, perchè diretto a rendere incontrovertibile il credito contributivo dell’ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione ed a consentire una rapida riscossione del credito iscritto a ruolo. Tale disciplina non fa sorgere dubbi di legittimità costituzionale per contrasto con l’art. 24 Cost., poichè rientra nelle facoltà discrezionali del legislatore la previsione dei termini di esercizio del diritto di impugnazione (v. Corte costituzionale, ord. n. 111 del 2007), nè per contrasto con l’art. 76 Cost. e art. 77 Cost., comma 1, rientrando nell’ambito della delega, avente ad oggetto il riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, la previsione di un sistema di impugnazione del ruolo stesso. Ne consegue che, trattandosi di decadenza di natura pubblicistica, attinente alla proponibilità stessa della domanda, il suo avverarsi, rilevabile d’ufficio, preclude l’esame del merito della pretesa creditoria quale sia la natura delle contestazioni mosse dal debitore (Cass. n. 8931 del 2011; n. 11595 del 2016);

i motivi sono infondati;

si sostiene, in primo luogo, che la notificazione sarebbe inesistente, perchè effettuata direttamente da parte del concessionario della riscossione, senza l’intervento dell’Ufficiale Giudiziario, sul presupposto che una notifica a mezzo posta per raccomandata non potrebbe essere attuata in tali forme;

sul punto si è però stabilito e qui va ribadito, che “in tema di riscossione delle imposte, la notifica della cartella esattoriale può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 1, seconda parte, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tal caso, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal penultimo comma del citato art. 26, secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione” (Cass. 19 luglio 2018 n. 19270; Cass. 17 ottobre 2016, n. 20918; Cass. 6 marzo 2015, n. 4567; Cass. 19 marzo 2014, n. 6395);

da altro punto di vista, la ricorrente afferma che la cartella oggetto di opposizione sarebbe stata notificata presso una sede non riferibile alla Regione Puglia ed a persona non identificata per cui sarebbe addirittura inesistente;

va rilevato, in contrario, come l’inesistenza della notificazione, con riferimento alla fase di consegna, sussista solo nei casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente (Cass., S.U., 20 luglio 2016, n. 14916), mentre nelle altre ipotesi, può ricorrere, semmai, la nullità della notifica stessa;

nel caso di specie, quello che la ricorrente lamenta è un vizio della fase di consegna che avrebbe inciso sul momento dell’effettiva conoscenza, determinante per l’inizio del decorso del termine per proporre l’opposizione; secondo la ricostruzione della ricorrente, la notifica sarebbe inesistente, o almeno nulla, perchè consegnata a persona non identificata all’indirizzo di (OMISSIS) e non n. (OMISSIS) ove è la sede della Regione, e a nulla servirebbe che l’avviso di ritorno, prodotto da Equitalia, mostri la data del 23 dicembre 2003, perchè tale indicazione non sarebbe riferibile alla stessa Regione che, invece, avrebbe ricevuto la cartella solo in data 13 gennaio 2004 come dimostrerebbe il timbro apposto sull’originale;

la valutazione in concreto dei contenuti dell’avviso di ritorno, nonchè del timbro apposto sull’originale in possesso della Regione, effettuata dalla Corte d’appello, ha condotto lo stesso giudice a considerare i rilievi della Regione non probanti dell’irregolarità denunciata e, soprattutto, inidonei a fissare la data della notifica al 13 gennaio 2004; su queste basi è evidente che non è fondato il secondo motivo che denuncia il vizio di nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., comma 1 n. 4) derivante dalla omessa valutazione dei documenti attestanti che all’indirizzo di (OMISSIS) si trovava la sede della società “Sintesi” e che la sede della Regione Puglia è al n. (OMISSIS) della stessa via, in quanto la sentenza impugnata non solo ha dato atto compiutamente della loro esistenza in atti, ma ha anche inequivocabilmente, anche se implicitamente, ritenuto che i medesimi non riuscissero a superare, in mancanza di proposizione di querela di falso, la presunzione di vericità delle risultanze di ricevimento prodotto da Equitalia in copia conforme all’originale (pag. 3 della sentenza);

peraltro, non giova alla ricorrente quanto sostenuto nella memoria illustrativa a proposito della inutilizzabilità processuale dell’avviso di ricevimento di cui si parla in ragione del disconoscimento che la ricorrente avrebbe effettuato alla prima udienza successiva alla produzione di una sua semplice fotocopia e poi reiterato in assenza di produzione della cartolina in originale, posto che trattasi di argomenti del tutto nuovi e diversi rispetto ai motivi articolati in ricorso (Cass. n. 3471 del 2016) e comunque dovendosi dare atto che, invece, la sentenza ha affermato di aver effettuato le proprie verifiche esaminando la copia conforme dell’avviso di ricevimento che Equitalia s.p.a. aveva prodotto in primo grado (pag. 3);

con ulteriore e concorrente affermazione in diritto, peraltro, la Corte di merito ha pure correttamente rilevato che la contestazione della non corrispondenza al vero della consegna della raccomandata a soggetto abilitato appartenente all’organizzazione della Regione non poteva che essere fatta valere azionando il procedimento di querela di falso trattandosi di documento dotato di fede pubblica (art. 2700 c.c.); questa Corte di cassazione ha infatti precisato che poichè la seconda parte del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 1, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati, in tal caso, la notifica si perfeziona alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica, in quanto l’avvenuta effettuazione della notificazione, su istanza del soggetto legittimato, e la relazione tra la persona cui è stato consegnato l’atto ed il destinatario della medesima costituiscono oggetto di attestazione dell’agente postale assistita dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c., trovando applicazione le norme del regolamento postale relative agli invii raccomandati e non quelle relative alla notifica a mezzo posta ex L. n. 890 del 1982 (cfr., tra le molte, Cass. sez. 6-5, ord. 3 aprile 2018, n. 8086; Cass. sez. 6-5, ord. 21 febbraio 2018, n. 4275; Cass. sez. 6-5, ord. 21 5 dicembre 2017, n. 29022; Cass. sez. 5, 21 febbraio 2017, n. 4376; Cass. sez. 5, 19 gennaio 2017, n. 1304;; Cass. sez. 5, 18 novembre 2016, n. 23511; Cass., sez. 6- 5, ord. 13 giugno 2016, n. 12083; Cass. sez. 6-5, ord. 24 luglio 2014, n. 16949; Cass. sez. 5, 19 marzo 2014, n. 6395; Cass. sez. 5, 27 maggio 2011, n. 11708);

la legittimità costituzionale di detta disposizione è stata affermata da ultimo da Corte Cost. 23 luglio 2018, n. 175, che ha comunque affermato che, per colmare lo scarto tra conoscenza legale e conoscenza effettiva dell’atto, colui che assuma in concreto la mancanza di conoscenza effettiva per causa a lui non imputabile, può chiedere la rimessione in termini, ex art. 153 c.p.c., ove comprovi, anche sulla base di idonei elementi presuntivi, la sussistenza di detta situazione;

nel caso di specie detta istanza non è stata formulata, nè alcunchè al riguardo risulta aver addotto la ricorrente che, anzi, non ha neanche illustrato, a fronte dei rilievi prospettati circa la consegna a soggetto estraneo alla propria organizzazione, con quali modalità sia venuta in possesso della copia della cartella poi opposta nonostante l’erronea indicazione del solo numero civico nell’indirizzo indicato in cartella;

il rigetto dei motivi appena trattati, preclude la concreta possibilità di esame dell’ulteriore quarto motivo, relativo a vizi formali legati a carenze di motivazione della cartella, anch’essi, D.Lgs. n. 46 del 1999, ex art. 29, soggetti ad opposizione nel più ristretto termine di 20 giorni dalla notifica della cartella, previsto dall’art. 617 c.p.c.;

analoga preclusione esiste quante all’esame dei restanti motivi, tutti relativi al merito dell’obbligo contributivo oggetto della cartella e precisamente alla titolarità passiva in capo alla Regione Puglia del debito, alla sua prescrizione, alla corretta determinazione del quantum e del regime sanzionatorio applicato ed agli effetti di un giudicato esterno determinatosi tra le parti;

alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso va pertanto rigettato;

le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo nel rapporto tra la ricorrente e l’Inps, mentre nulla va statuito riguardo alle spese nel rapporto tra la ricorrente e l’agente della riscossione, che non ha svolto difese;

sussistono, dato l’esito del ricorso, i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 30000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 29 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2019

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