Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19666 del 07/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 07/08/2017, (ud. 22/06/2017, dep.07/08/2017),  n. 19666

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9982-2014 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

B.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO 23,

presso lo studio dell’avvocato CINZIA DE MICHELI che la

rappresentata e difesa unitamente all’avvocato ROBERTO CARAPELLE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 28/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 22/06/2017 dal Consigliere Dott. FERNANDES GIULIO.

Fatto

RILEVATO

che la Corte di Appello di Torino ha respinto il gravame proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca avverso la sentenza del Tribunale in sede, che aveva riconosciuto il diritto di B.D. – docente alle dipendenze del MIUR in forza di consecutivi contratti a tempo determinato – alla progressione professionale retributiva in relazione al servizio prestato e condannato il Ministero a corrispondere alla predetta le differenze stipendiali in ragione dell’anzianità di servizio maturata;

che la Corte territoriale ha richiamato, a fondamento della pronuncia di rigetto del gravame, il principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, trasfuso nella Direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999 e recepito nel nostro ordinamento del D.Lgs n. 368 del 2001, art. 6,richiamandosi ai principi espressi dalla CGUE ed escludendo la rilevanza della specialità del sistema del reclutamento scolastico (disciplina dettata solo per il personale docente ed educativo ma indicata come applicabile anche agli A.T.A) per giustificare la diversità del trattamento economico riservato agli assunti a tempo determinato, precisando altresì l’incidenza dell’obbligo di disapplicazione delle norme in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato trasfuso nella indicata Direttiva;

che avverso tale decisione il MIUR ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo cui resiste con controricorso la B.;

che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il MIUR ha depositato rinuncia al ricorso non notificata a controparte la quale, a sua volta, ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., chiedendo la condanna alle spese del ricorrente;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che, non essendo rispettate le formalità previste dall’art. 390 c.p.c., (rinuncia notificata alla parte costituta o comunicata agli avvocati della stessa), non può farsi luogo alla dichiarazione di estinzione del processo ai sensi di tale norma;

che, invero, l’atto di rinunzia ha carattere recettizio, esigendo l’art. 390 c.p.c., che esso sia notificato alle parti costituite o comunicata ai loro avvocati che vi appongono il visto (cfr. Cass., Sez. Un., 18 febbraio 2010, n. 3876; Cass. 31 gennaio 2013, n. 2259) e che l’accettazione della controparte rileva unicamente quanto alla regolamentazione delle spese, stabilendo l’art. 391 c.p.c., comma 2 che, in assenza di accettazione, la sentenza che dichiara l’estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese;

che la rinunzia non notificata, sebbene non idonea a determinare l’estinzione del processo, denota comunque il venire meno di ogni interesse alla decisione e comporta pertanto l’inammissibilità del ricorso (cfr. Cass. n. 2259 del 2013, Cass. n. 11606 del 2011, ss. uu.n. 3876 del 2010, n. 23685 del 2008, n. 3456 del 2007, n. 24514 del 2006, n. 15980 del 2006, n. 22806 del 2004, n. 10573 del 2016);

che il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile alla stregua di tale rilevata mancanza di interesse della parte ricorrente, a prescindere dalla valutazione delle questioni relative alla ritualità e tempestività della notifica dell’impugnazione in presenza di sentenza notificata;

che la novità e la complessità della questione affrontata in ricorso, diversamente risolta dalle Corti territoriali e dalla Corte di legittimità soltanto dopo il deposito del ricorso, giustificano la compensazione delle spese del giudizio;

che non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. 1778/2016).

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2017

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