Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19666 del 03/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 03/10/2016, (ud. 18/05/2016, dep. 03/10/2016), n.19666

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15062-2012 proposto da:

G.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO TROGO

21, presso lo studio dell’avvocato MARIO FARAMONTI, rappresentata e

difesa dall’avvocato LEANDRO DI CINTIO giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente-

contro

ALLIANZ SPA (già R.A.S. SpA – conferitaria dell’azienda di ALLIANZ

SUBALPINA SPA), in persona dei procuratori dr.ssa G.A. e

dr. C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA

88, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO SPADAFORA, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente-

nonchè contro

SACEMI SRL, MILANO ASSSICURAZIONI SPA, ITAC TRASPORTI SPA, SAM SRL

P.G., C.L., C.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1398/2011 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 14/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/05/2016 dal Consigliere Dott. SCRIMA Antonietta;

udito l’Avvocato LEANDRO DI CINTIO;

udito l’Avvocato GIORGIO SPADAFORA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.S., premesso che entrambi i genitori, G.G. e R.A., erano deceduti a seguito di un incidente stradale causato, a suo avviso, da C.G., conducente di una motrice Fiat di proprietà di Sacemi S.r.L., assicurata dalla MAA Assicurazioni S.p.a. e che trainava un rimorchio di proprietà della Itac Trasporti S.r.l. e assicurato dalla Allianz S.p.a., conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Bergamo, il C. e le predette società chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni da lei subiti.

Tutti i convenuti, tranne Sacemi S.r.l., si costituivano contestando la domanda e deducevano, comunque, la responsabilità esclusiva o concorsuale del G.; la proprietaria e l’assicuratrice del rimorchio sostenevano, altresì, che del sinistro avrebbero dovuto rispondere unicamente il proprietario e l’assicuratore della motrice.

Sam S.r.l., altra società assicuratrice del rimorchio, spiegava intervento adesivo in favore di Itac Trasporti S.r.l..

Il Tribunale adito, con sentenza del 18 settembre 2004, accertava la concorrente e pari responsabilità del C. e del G. nella causazione del sinistro e, preso atto dell’avvenuto versamento da parte della MAA S.p.a., in favore dell’attrice, di un acconto di Lire 200.000.000, condannava i convenuti in solido al pagamento, in favore della G., della somma di Euro 33.594,66, pari al 50% dell’importo residuo liquidato a titolo di risarcimento, oltre interessi, provvedeva sulle domande di manleva proposte e regolava le spese tra le parti.

Avverso tale decisione G.S. proponeva appello, cui resistevano C.G., Itac Trasporti S.r.l., Allianz Subalpina S.p.a. e Milano Assicurazioni S.p.a. (già MAA S.p.a.) le società appena indicate proponevano distinti appelli incidentali.

Il Consigliere istruttore, alla prima udienza, rilevato che la causa era stata iscritta a ruolo tardivamente, ne ordinava la cancellazione dal ruolo.

La G. provvedeva alla riassunzione del giudizio. Le altre parti, già costituite, si costituivano nuovamente e riproponevano le precedenti difese e domande; Itac Trasporti S.p.a eccepiva, inoltre, l’inammissibilità della riassunzione e l’improcedibilità dell’appello per violazione degli artt. 347 e 348 c.p.c., nuovo testo.

Il processo, interrotto per la morte di C.G., veniva poi riassunto dall’appellante.

La Corte di appello di Brescia, con sentenza depositata il 14 dicembre 2011, dichiarava improcedibile l’appello proposto dalla G. per tardiva costituzione dell’appellante, affermando che l’automatica improcedibilità dell’appello rendeva inammissibile la successiva riassunzione del processo e preludeva la trattazione del merito, anche con riguardo agli appelli incidentali formulati e compensava tra le parti le spese di quel grado.

Avverso la sentenza della Corte di merito la G. ha proposto ricorso per cassazione basato su un unico motivo e illustrato da memoria. Allianz S.p.a. (già R.A.S. S.p.a., conferitaria dell’Azienda di Allianz Subalpina) ha resistito con controricorso illustrato da memoria.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del ricorso si deduce la “violazione della L. 20 dicembre 1995, n. 534, art. 9, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Sostiene la ricorrente che la Corte di merito, nel dichiarare tardiva la costituzione in giudizio dell’appellante e, quindi, improcedibile l’appello ai sensi dell’art. 348 c.p.c., come novellato dalla L. n. 353 del 1990, art. 54, ritenuto dalla medesima Corte applicabile al caso di specie “per effetto della disciplina transitoria, di cui alla stessa L. n. 353 del 1990, art. 90, comma 8”, sarebbe incorsa nel lamentato vizio, in quanto la disciplina transitoria del richiamato art. 90 sarebbe stata più volte modificata (da ultimo dal D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, art. 9, convertito in L. 20 dicembre 1995, n. 543) ed alla data dell’iscrizione a molo di cui si discute il predetto art. 90 stabiliva che “ai giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995 si applicano le disposizioni vigenti anteriormente a tale data”. Ad avviso della ricorrente, essendo stato l’atto di appello notificato in data 9 maggio 2005 e il giudizio riassunto con atto notificato il 20 ottobre 2005, la Corte di merito avrebbe erroneamente dichiarato improcedibile l’appello sulla scorta dell’art. 348 c.p.c., comma 1, nel testo sostituto, con efficacia dal 30 aprile 1995, dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 54, in base ad una norma non applicabile al caso all’esame, essendo stato l’atto introduttivo del giudizio di primo grado notificato il 20 gennaio 1990 ed essendo, quindi, la causa de qua pendente alla data del 30 aprile 1995.

1.1. Il motivo è ammissibile, pur essendo stato veicolato, in rubrica, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e non al n. 4. Questa Corte ha già avuto modo di affermare il principio, che va ribadito in questa sede, secondo cui, ai fini della ammissibilità del ricorso per cassazione, non è necessaria l’esatta indicazione delle norme di legge delle quali si lamenta l’inosservanza, essendo necessario, invece, che si faccia valere un vizio astrattamente idoneo ad inficiare la pronuncia, con la conseguenza che è ammissibile il ricorso col quale si lamenti la violazione di una norma processuale sotto il profilo della violazione di legge, anzichè sotto il profilo dell’errar in procedendo di cui all’ipotesi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, (Cass., sez. un., 24/07/2013, n. 17931, Cass. 29/08/2013, n. 19882). E’ stato pure precisato che l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 14, nè determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato, come nella specie all’esame (Cass., ord., 20/02/2014, n. 4036).

1.2. Il motivo è fondato.

La L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 90, rubricato “Disciplina transitoria” nella sua formulazione originaria, in vigore fino al 26 dicembre 1992, prevedeva quanto segue:

“1. I giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge sono definiti dal giudice competente secondo la legge anteriore. Tuttavia, i giudizi pendenti dinanzi al pretore sono da quest’ultimo decisi qualora rientrino nella sua competenza ai sensi della nuova formulazione dell’art. 8 c.p.c., ancorchè il pretore fosse incompetente a deciderlì ai sensi della legge anteriore.

2. L’incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio nei casi previsti dall’art. 28 c.p.c., sono rilevate d’ufficio non oltre la prima udienza successiva alla data di entrata in vigore della presente legge.

3. Se nessuna delle parti compare alla prima udienza successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, nè propone, non oltre tale udienza, istanza per la prosecuzione del giudizio, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo.

4. Se almeno una delle parti è comparsa ovvero se è stata presentata (istanza di cui al comma 3, il giudice istruttore o il pretore, nella prima udienza successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, assegna alle parti un termine perentorio non superiore a quaranta giorni per provvedere, ferme restando le decadenze già verificatesi, gli adempimenti di cui agli artt. 163 e 167 c.p.c., art. 183 c.p.c., comma 4, e art. 184 c.p.c., nonchè un ulteriore termine non superiore a venti giorni per provvedere agli adempimenti resisi necessari a seguito delle integrazioni formulate entro il primo termine.

5. Il tribunale giudica con il numero invariabile di tre votanti nei procedimenti che alla data di entrata in vigore della presente legge gli sono stati rimessi ai sensi dell’art. 189 c.p.c.. 6. Ai giudizi pendenti in grado d’appello non si applica il nuovo testo dell’art. 345 c.p.c.. Ai giudizi in grado d’appello iniziati dopo la data di entrata in vigore della presente legge non si applica il nuovo testo dell’art. 345 c.p.c., ove il giudizio di primo grado si sia svolto sotto la disciplina della legge anteriore.

7. L’art. 447 – bis c.p.c., si applica ai giudizi pendenti previa ordinanza di mutamento di rito ai sensi dell’art. 426 medesimo codice.

8. Per quanto non disposto dai commi da 1 a 7, le disposizioni della presente legge si applicano ai giudizi in corso alla data della sua entrata in vigore”.

La Corte di merito ha ritenuto applicabile nel caso all’esame l’art. 348, nel testo novellato ai sensi della L. n. 353 del 1990, art. 54, richiamando espressamente dell’art. 90, comma 8, nel testo sopra riportato.

Va però evidenziato che l’art. 90 in parola è stato più volte modificato, dapprima, con la L. 4 dicembre 1992, n. 477, art. 2, comma 3, successivamente, con il D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, art. 4, convertito con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673 e, da ultimo, con il D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, art. 9, convertito con modificazioni dalla L. 20 dicembre 1995, n. 534.

L’art. 9 da ultimo citato, in vigore dal 22 ottobre 1995, e di cui si lamenta in questa sede la violazione dispone, per quanto qui rileva, che:

“1. La L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 90, già modificato dalla L. 4 dicembre 1992, n. 477, e dal D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, è sostituito dal seguente:

“Art. 90 (Disciplina transitoria);

1. Ai giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995 si applicano le disposizioni vigenti anteriormente a tale data, nonchè l’art. 186 – quater c.p.c.. L’art. 5 c.p.c., art. 40 c.p.c., commi 3, 4 e 5, art. 42 c.p.c., art. 181 c.p.c., comma 1, artt. 186 – bis, 186-ter e 295 c.p.c., art. 336 c.p.c., comma 2, art. 360 c.p.c., comma 1, art. 361 c.p.c., comma 1, art. 367 c.p.c., comma 1, art. 371 – bis c.p.c., art. 373 c.p.c., comma 2, art. 375 c.p.c., comma 1, art. 377 c.p.c., art. 384 c.p.c., comma 1, art. 391 – bis c.p.c., art. 398 c.p.c., comma 4, art. 495 c.p.c., art. 525 c.p.c., comma 2, e gli artt. 144 – bis e 159 disp. att. c.p.c., come modificati dalla presente legge, si applicano anche ai giudizi pendenti alla data del 1 gennaio 1993.

2. Gli artt. 282 e 283 c.p.c., art. 337 c.p.c., comma 1, e art. 431 c.p.c., commi 5 e 6, come modificati dalla presente legge, si applicano ai giudizi iniziati dopo il (OMISSIS), nonchè alle sentenze pubblicate dopo il 19 aprile 1995.

3. I giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995 sono definiti dal giudice competente secondo la legge anteriore. Tuttavia, i giudizi pendenti dinanzi al pretore sono da quest’ultimo decisi qualora rientrino nella sua competenza ai sensi della nuova formulazione dell’articolo 8 del codice di procedura civile, ancorchè il pretore fosse incompetente a deciderà ai sensi della legge anteriore.

4. Ai giudizi pendenti dinanzi al pretore alla data del 30 aprile 1995, relativi alle controversie in materia di locazione, di comodato e di affitto, si applica l’art. 447 – bis c.p.c., previa ordinanza di mutamento di rito ai sensi dell’art. 426 del medesimo codice.

Essendo stato il giudizio instaurato in primo grado con atto notificato il 20 gennaio 1990, lo stesso era quindi pendente al 30 aprile 1995; pertanto, essendo stato l’atto di appello notificato in data 9 e 17 maggio 2005 ed essendosi l’appellante costituita in data 25 maggio 2005, in base alla L. n. 353 del 1990, art. 90, nella formulazione ratione temporis applicabile, al giudizio di secondo grado vanno applicati, nella specie, gli artt. 347 e 348 c.p.c., nella formulazione vigente anteriormente al 30 aprile 1995.

Nè induce a diversa conclusione il testo della L. n. 353 del 1990, art. 92, richiamato dalla controricorrente, peraltro in una formulazione anteriore a quella applicabile al caso di specie. Ed invero, anche tale norma è stata più volte modificata, prima con la L. 21 novembre 1991, n. 374, art. 50, comma 1, in seguito con la L. 4 dicembre 1992, n. 477, art. 2, comma 5 ed infine con il D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, art. 6, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673. In particolare l’art. 92 citato nel testo in vigore dal 10 dicembre 1994, rubricato “Entrata in vigore ed efficacia di singole disposizioni. Norma transitoria”, così dispone:

“1. Fatta eccezione per la disposizione di cui all’art. 1, la presente legge entra in vigore il (OMISSIS). Ai giudizi pendenti a tale data si applicano, fino al 30 aprile 1995, le disposizioni anteriormente vigenti.

2. Le disposizioni di cui agli artt. 3, 4, da 7 a 15; da 17 a 19; da 22 a 32; da 36 a 47; da 50 a 58; 70; 73; da 78 a 83 e 88 hanno efficacia a partire dal 30 aprile 1995.”.

Ed invero le due norme vanno lette in combinato disposto e dalle stesse risulta così, con sufficiente chiarezza, tenuto conto dei ripetuti interventi del legislatore nel tempo sulle stesse, quali siano le norme applicabili alle cd. cause di nuovo rito e quali siano quelle che disciplinano le cd. cause di vecchio rito, e tale lettura conferma le conclusioni sopra esposte.

Da quanto precede risulta che la costituzione dell’appellante oltre il termine stabilito dall’art. 165 c.p.c., – il che è pacifico sia avvenuto nella specie, evidenziandosi che detto termine, nel caso, come quello all’esame, in cui l’atto introduttivo del giudizio venga notificato a più persone, è di dieci giorni decorrenti dalla prima notificazione sia nel giudizio di primo grado che in quello d’appello (Cass., sez. un., 18/05/2011, n. 10864 – non integra alcuna delle ipotesi di improcedibilità dell’appello previste dall’art. 348 c.p.c., nel testo ratione temporis applicabile, ma dà luogo soltanto alla cancellazione della causa dal ruolo con la conseguente possibilità di riassunzione del processo nei termini stabiliti dall’art. 307 c.p.c. (Cass. 19/09/2000, n. 12419).

3. Stante la fondatezza dell’unico motivo proposto, il ricorso deve essere accolto; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, che si uniformerà a quanto sopra evidenziato.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2016

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