Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19665 del 27/08/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19665 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 15909-2011 proposto da:
ORTENZI PAOLA RTNPLA52M61H501V, FRENI CESARE
FRNCSR51C21H501S, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
VIRGILIO 38, presso lo studio dell’avvocato BORGESE
FRANCESCO, che li rappresenta e difende, giusta procura speciale in
calce al ricorso;

– ricorrenti contro
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– resistente –

Data pubblicazione: 27/08/2013

avverso la sentenza n. 107/2/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di ROMA del 14.5.2010, depositata il 23/06/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
dell’11/07/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO.

BASILE.

Ric. 2011 n. 15909 sez. MT – ud. 11-07-2013
-2-

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. TOMMASO

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva:
La CTR di Roma ha accolto l’appello dell’Agenzia — appello proposto contro la
sentenza n.19/59/2008 della CTP di Roma che aveva accolto il ricorso di Freni
Cesare avverso avviso di liquidazione imposta di registro per l’anno 2000 sulla
premessa della revoca dei benefici fiscali richiesti per l’acquisto della prima casa di
abitazione, apparendo essere detta abitazione una “casa di lusso” e cioè dotata di
superficie superiore ai 240 mq.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che —atteso che all’avviso di
liquidazione deve attribuirsi funzione di “provocatio ad opponendum,”- il
contribuente non aveva assolto all’onere posto a suo carico ed anzi avendo
quest’ultimo ammesso che la superficie dell’immobile superava i 240 mq, sebbene
per effetto di “variazioni toponomastiche” dallo stesso eseguite due mesi circa dopo
(26.06.2000) la data dell’acquisto (06.04.2000). D’altronde, neppure aveva pregio
l’eccezione di decadenza dell’Ufficio dal potere di determinazione della rendita
catastale definitiva.
Il contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia non si è costituita se non con atto finalizzato alla sola partecipazione alla
discussione orale.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere
definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, il primo motivo di impugnazione (improntato al vizio di motivazione) appare
inammissibilmente formulato, non avendo la parte ricorrente identificato il “fatto

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letti gli atti depositati

controverso” in relazione al quale soltanto la asserita insufficienza o la
contraddittorietà degli argomenti motivazionali avrebbero rilevanza in questa sede.
Con il secondo motivo (improntato alla violazione dell’art.6 DM 2.8.1969 e del DM
701/1994 nonché dell’art.49 del DPR 1142/1949) la parte ricorrente si duole che la
Commissione di appello abbia “ignorato ed omesso di valutare in punto di

quale viene presentata una migliore rappresentazione grafica anche per il catasto”. La
censura prosegue poi con lo sviluppo di una serie di argomenti privi di correlazione
logica con l’assunto di cui si è detto e relativi ad una questione (l’efficacia fiscale
delle rendite catastali) di cui non è stato chiarita la rilevanza ai fini della materia qui
in controversia.
Anche detto motivo di impugnazione appare inammissibilmente formulato.
Ed infatti l’argomento principale sui cui il motivo è fondato (l’omessa valutazione
della perizia di parte) non risulta avere alcun fondamento specifico nelle norme che
sono state valorizzate in rubrica e con riferimento alle quali la censura è stata
proposta. Queste ultime sono rimaste mera enunciazione, senza che la parte ricorrente
abbia esplicitato la ragione specifica per cui esse sono state violate dal giudice del
merito e senza che sia stata identificata la parte precipua della disciplina che sarebbe
stata violata dalla pronuncia giudiziale.
Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per
inammissibilità.
Roma, 15 novembre 2012

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa

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applicazione normativa, quanto dimostrato nella perizia di stima giurata di parte nella

non si è costituita.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Depositato in Cancelleria

Così deciso in Roma il 11 luglio 2013

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