Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19664 del 21/09/2020

Cassazione civile sez. un., 21/09/2020, (ud. 09/06/2020, dep. 21/09/2020), n.19664

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente di Sez. –

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sez. –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29618/2019 proposto da:

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO

12, presso lo studio dell’avvocato FRANCO DI LORENZO, rappresentato

e difeso dall’avvocato NUNZIO MANCIAGLI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– controricorrente –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n.

34/2018 del TRIBUNALE di CATANIA.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/06/2020 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIOVANNI GIACALONE, il quale chiede che la Corte, a Sezioni Unite,

in Camera di consiglio, dichiari la giurisdizione del giudice

amministrativo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. A.G. con ricorso depositato il 3/1/2018 ha adito il Tribunale di Catania esponendo che con verbale di accertamento del 4/8/2017 la Questura gli aveva contestato la violazione del D.L. n. 158 del 2012, art. 7, comma 8, per avere consentito l’ingresso nel proprio locale, sito in (OMISSIS) e destinato al gioco sportivo e video lotterie, ad un minore di età. Al ricorrente era stata irrogata la sanzione pecuniaria di Euro 6.666,67, tempestivamente pagata e la ulteriore sanzione della sospensione della licenza di gioco per tre giorni, ottemperata con la chiusura dell’esercizio commerciale. Dopo un mese circa, con successiva nota, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Catania, gli aveva inflitto la sanzione della chiusura dell’esercizio commerciale per 10 giorni dal 25/2/2018 del D.L. n. 98 del 2011, art. 7, comma 8.

1.1 Il ricorso ha riguardato quest’ultima sanzione ritenuta illegittima. L’Avvocatura di Stato ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e, in sede di esame dell’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sanzione inflitta, il Tribunale di Catania ha espresso dubbi sulla giurisdizione non ritenendo la predetta sanzione nè accessoria nè alternativa a quella pecuniaria,ma autonoma e riferibile al potere discrezionale di controllo dell’esercizio del gioco riservato alla P.A., citando, in funzione della giurisdizione del giudice amministrativo, la sentenza delle S.U. n. 11937 del 1998.

2. A.G. ha allora proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione osservando:

il riparto di giurisdizione in tema di sanzioni amministrative dipende dall’esercizio di un potere discrezionale o vincolato da parte della P.A. La giurisdizione del giudice amministrativo si riscontra quando il legislatore abbia riservato alla pubblica amministrazione il potere di infliggere la sanzione pecuniaria ed, in alternativa, quella di chiusura dell’esercizio commerciale o una diversa sanzione discrezionale di natura ripristinatoria. Al contrario, quando siano previste cumulativamente la sanzione pecuniaria e quella accessoria sussiste la competenza del giudice ordinario in quanto il provvedimento sanzionatorio è da considerare unitario con la conseguenza che l’autorità che infligge la sanzione non esercita alcun potere discrezionale in quanto il presupposto è rigidamente indicato dalla legge. La sanzione, anche se non pecuniaria, ha natura esclusivamente afflittiva e, di conseguenza, sorge il diritto soggettivo del destinatario della stessa a non subire le illegittime limitazioni economiche della sua irrogazione. La L. n. 689 del 1981, ha attribuito al giudice ordinario l’intera materia delle sanzioni amministrative ripartendo la competenza tra tribunale e giudice di pace e l’integrazione successivamente dovuta al D.Lgs. n. 150 del 2011 (art. 6) non ha mutato questo assetto. Infine, il D.L. n. 98 del 2011, art. 24, comma 21, radica la competenza territoriale nel giudice del luogo ove ha sede l’ufficio che ha emesso i provvedimenti sanzionatori. L’articolazione organizzativa dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato è territoriale così da non essere compatibile con la ripartizione territoriale della giurisdizione amministrativa.

3. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato ha resistito con propria memoria di costituzione. Il procuratore generale, nella requisitoria scritta, ha concluso con l’indicazione della giurisdizione del giudice amministrativo. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

4. La norma irrogativa della sanzione della chiusura temporanea dell’esercizio commerciale, quando venga accertato l’ingresso di un minore nel locale adibito a video giochi o lotterie, è il D.L. n. 28 del 2011, art. 24, comma 11, così formulato: “Indipendentemente dalla sanzione amministrativa pecuniaria e anche nel caso di pagamento in misura ridotta della stessa, la violazione prevista dal presente comma è punita con la chiusura dell’esercizio commerciale, del locale o, comunque, del punto di offerta del gioco da dieci fino a trenta giorni; ai fini di cui al presente comma, il titolare dell’esercizio commerciale, del locale o, comunque, del punto di offerta del gioco, all’interno dei predetti esercizi, identifica i giocatori mediante richiesta di esibizione di un idoneo documento di riconoscimento. Le sanzioni amministrative previste nei periodi precedenti sono applicate dall’ufficio territoriale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato competente in relazione al luogo e in ragione dell’accertamento eseguito”.

La tutela giurisdizionale relativa alle sanzioni amministrative di natura pecuniaria, in origine interamente affidata alla L. n. 689 del 1981, per quanto riguarda i principi generali ed il modello processuale applicabile, è attualmente disciplinata, quanto all’ultimo profilo, dal D.Lgs. n. 150 del 2011. Il giudizio di opposizione, è stato esteso, fin dalla formulazione originaria della L. n. 689 del 1981, art. 22, anche alla confisca. Nell’attuale versione, salvo quanto previsto nel D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, che determina l’ambito delle materie soggette alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, è stata conservata l’applicazione del rito processuale semplificato, modellato sul processo del lavoro, anche alla sanzione accessoria della confisca. La attuale formulazione della L. n. 689 del 1981, art. 22, stabilisce infatti: “Salvo quanto previsto dal D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 133 e da altre disposizioni di legge, contro l’ordinanza-ingiunzione di pagamento e contro l’ordinanza che dispone la sola confisca gli interessati possono proporre opposizione dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria. L’opposizione è regolata dal D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 6)”.

A sostegno della giurisdizione amministrativa si ritiene che le sanzioni accessorie diverse dalla confisca, alla luce della chiara disposizione della norma sopra indicata, non possono essere assoggettate alla giurisdizione del giudice ordinario quando abbiano natura autonoma rispetto alla sanzione pecuniaria, in quanto caratterizzate da un contenuto conformabile dalla pubblica amministrazione, mediante l’esercizio del proprio potere discrezionale, alla violazione concretamente posta in essere ed espressione dell’esercizio del potere, anch’esso discrezionale, di vigilanza e di controllo dell’autorità amministrativa.

5. Il collegio non condivide questa soluzione al problema di riparto di giurisdizione posto nel ricorso.

5.1. Si osserva in primo luogo che l’autonoma applicazione della sanzione non pecuniaria, non è sicuro indice di esercizio del potere discrezionale della pubblica amministrazione che la irroga. Quando, come nel paradigma normativo fissato nel D.L. 98 del 2011, art. 24, comma 21, è predeterminata la condotta e la sanzione minima e massima, essa ha natura esclusivamente afflittiva al pari di quella pecuniaria alla quale si aggiunge ancorchè senza alcun collegamento causale o consequenziale, come attestato dall’uso dell’avverbio “indipendentemente” nell’incipit della norma. Il legislatore ha fatto scaturire dalla medesima condotta illecita due diverse ed autonome sanzioni, del tutto cumulabili, predeterminandone integralmente i requisiti. Deve escludersi che la sanzione non pecuniaria introdotta dal D.L. n. 98 del 2011, citato art. 24, comma 21, possa ritenersi collegata all’esercizio del potere discrezionale di vigilanza e controllo sul settore dei giochi vietati ai minori, non solo perchè la condotta non risulta accertata dall’autorità amministrativa che irroga la sanzione, ma soprattutto perchè tale autorità è priva del potere di stabilire se applicare la sanzione nè può articolarne il contenuto come nelle sanzioni ripristinatorie della situazione modificata a causa della condotta illecita. Non può ritenersi esercizio di potere discrezionale la determinazione dei giorni di chiusura del locale aperto al pubblico, in quanto la scelta dell’autorità irrogante è circoscritta nel minimo e nel massimo di durata della sanzione. Conseguentemente, la modulazione temporale della sanzione è del tutto coerente con l’esercizio di un potere afflittivo vincolato perchè predeterminato dalla norma di legge relativamente a tutti i requisiti.

5.2 Non costituisce decisivo argomento in favore della giurisdizione del giudice amministrativo la previsione, contenuta nella L. n. 689 del 1981, art. 22, così come attualmente modificato dal D.Lgs. n. 150 del 2011, che limita alla confisca l’applicazione del rito perchè la norma si limita ad indicare il modello processuale applicabile, rinviando al D.Lgs. n. 150 del 2011, che all’art. 6, a sua volta, determina il rito, ripartisce competenze all’interno della giurisdizione ordinaria (comma 4), ma non ha alcuna funzione regolativa dei rapporti tra giurisdizione ordinaria ed amministrativa. Deve aggiungersi che nel comma 5, lett. c) del citato art. 6, viene espressamente prevista la competenza del tribunale (nei limiti delle competenze attribuite dalla norma) anche per sanzioni non pecuniarie diverse dalla confisca, essendo espressamente previsto che: “il tribunale è competente quando è stata applicata una sanzione di natura diversa da quella pecuniaria, sola o congiunta a quest’ultima, fatta eccezione per le violazioni previste dal R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, L. 15 dicembre 1990, n. 386 e dal D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285.

5.3. Non ritiene, infine, il Collegio che i principi delineati alla luce del quadro legislativo esaminato possano essere confutati dall’esame della giurisprudenza delle Sezioni Unite che si è occupata delle sanzioni amministrative non pecuniarie negli anni ‘90 e che è stata ampiamente citata dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli nonchè nella requisitoria del Procuratore Generale, ove esaminata in riferimento alle fattispecie concrete ed in correlazione con quella successivamente, affermatasi negli anni 2000, mediante la più nitida affermazione delle caratteristiche delle sanzioni non pecuniarie costituenti esercizio del potere discrezionale della p.a..

5.3.1. L’affermazione della giurisdizione amministrativa viene fondata, principalmente su due pronunce delle S.U., la n. 8583 del 1996, e la n. 11937 del 1998. La prima è stata così massimata: “L’ordinanza del sindaco con la quale viene disposta, ai sensi della L. n. 558 del 1971, art. 10, la chiusura temporanea di un esercizio commerciale, quale sanzione specifica per il caso di recidiva della violazione dell’obbligo di osservanza degli orari di apertura, è atto discrezionale ed autoritativo, non assimilabile, per contenuto e funzione, a quello di irrogazione, nel caso di assenza della recidiva, della sola sanzione pecuniaria, nè di quella accessoria. Ne consegue che l’impugnazione di siffatto provvedimento, per farne valere l’illegittimità, va proposta davanti al giudice amministrativo, restando esclusa la proponibilità dell’opposizione davanti al pretore, ai sensi della L. n. 689 del 1981, di applicazione limitata ai soli di casi di ordinanza – ingiunzione per pagamento di sanzione pecuniaria o di confisca”. La norma che irroga la sanzione, L. n. 558 del 1971, art. 10 (in vigore fino all’8/5/1998) stabilisce che “le contravvenzioni alle disposizioni della presente legge e dei decreti regionali sono punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Lire 30.000 a Lire 300.000. In caso di recidiva deve essere disposta la chiusura fino ad un massimo di 10 giorni”. La decisione delle S.U. si fonda sull’autonomia della sanzione non pecuniaria e sulla L. n. 689 del 1981, art. 22, nella versione ratione temporis applicabile. Non era vigente, all’epoca della decisione, del D.Lgs. n. 150 del 2011, citato art. 6, nel quale è espressamente prevista la competenza del tribunale in tema di sanzioni diverse da quelle pecuniarie anche ove irrogate non congiuntamente alle pecuniarie. Il quadro normativo previgente, ha indotto a valorizzare esclusivamente il requisito dell’autonomia della sanzione non pecuniaria, senza verificarne la funzione afflittiva o ripristinatoria, ritenendo in via automatica che la l’autonomia da sola fosse indice inequivoco dell’esercizio di potere discrezionale di vigilanza e controllo della tutela dell’interesse pubblico violato indipendentemente dal contenuto vincolato della norma.

La successiva pronuncia, (S.U. n. 11937 del 1998) è stata così massimata: “In tema di sanzioni amministrative, il provvedimento di cui alla L. n. 1002 del 1956, art. 14, comma 4 (chiusura dei panifici esercitati senza la prescritta licenza) si configura non come pena alternativa o accessoria all’ammenda di cui al comma 1 del medesimo articolo, ma come sanzione autonoma, riferibile al potere discrezionale di controllo dell’esercizio del commercio riservato alla P.A., e, come tale, censurabile solo dinanzi al giudice amministrativo”. La norma che contiene la sanzione (L. n. 1002 del 1956, art. 14, comma 4) stabilisce che: “I contravventori alle disposizioni degli artt. 2, 3, 4, 7, 9, 10 e 11, sono puniti con l’ammenda da Lire 10.000 a Lire 1.000.000. Il contravventore è ammesso a presentare, prima dell’apertura del dibattimento, domanda di oblazione al presidente della Camera di commercio, industria ed agricoltura, il quale determina la somma che deve essere pagata a titolo di oblazione e ne prefigge il termine per il pagamento. Tale somma non potrà essere superiore al minimo indicato per le infrazioni all’art. 4 ed al quarto del massimo dell’ammenda per le infrazioni di cui agli artt. 3 e 9, al quinto per le infrazioni di cui agli artt. 2, 10 e 11; ed al decimo per le infrazioni di cui all’art. 7. L’oblazione estingue l’azione penale. Inoltre, nel caso di esercizio di panifici senza la prescritta licenza, il prefetto, su segnalazione della Camera di commercio, industria ed agricoltura, dispone la chiusura dell’esercizio stesso sino all’avvenuto adempimento del predetto obbligo. Le pene comminate dalla presente legge non escludono quelle previste dal testo unico delle leggi vigenti in materia di tasse sulle concessioni governative, approvato con D.P.R. 20 marzo 1953, n. 112, e da altre disposizioni di legge. Le due pronunce esaminate non sono assimilabili, risultando nettamente diversa la previsione normativa relativa alla sanzione non pecuniaria. Nella L. n. 1002 del 1956, art. 14, comma 4, per i panifici che esercitano senza licenza, il prefetto dispone la chiusura fino all’adempimento dell’obbligo violato. Risulta, pertanto, evidente la funzione spiccatamente ripristinatoria della sanzione inflitta, rivolta alla tutela dell’interesse pubblico dell’esercizio legale e controllato della panificazione.

5.3.2. Le stesse S.U., tuttavia, hanno, successivamente, meglio definito la natura ed il contenuto della sanzione ripristinatoria in relazione al contenuto vincolato o discrezionale del potere esercitato dall’autorità amministrativa irrogante, pur se in relazione a sanzioni diverse dalle pecuniarie ma congiunte ad esse. In particolare nella pronuncia n. 134 del 2001 la giurisdizione del giudice amministrativo è stata esclusa perchè dal paradigma normativo (L.R. Emilia Romagna n. 17 del 1991, art. 22, comma 1, in relazione all’esercizio non autorizzata di escavazione di cava), risultava evidente che non vi fosse “alcuna scelta discrezionale della P.A., diversamente dal caso in cui la norma preveda la sanzione pecuniaria in alternativa a quella ripristinatoria, ovvero il trasgressore si opponga all’ordinanza amministrativa di sospensione o cessazione dell’attività vietata, costituente il mezzo prioritario per attuare la legge violata” (così nella massima ufficiale). La pronuncia è di estremo rilievo perchè individua nella natura, discrezionale o vincolata dell’esercizio del potere sanzionatorio, il discrimen ai fini della giurisdizione. La discrezionalità amministrativa si ravvisa quando all’autorità amministrativa sia rimessa, dalla norma irrogatrice, la scelta tra le sanzioni non pecuniarie prefigurabili (alternativamente) o la medesima autorità sia dotata del potere di conformarne il contenuto in funzione dell’interesse pubblico verso il quale è diretta l’attività di vigilanza e controllo realizzabile anche mediante la deterrenza della sanzione. Il principio è stato successivamente confermato con la pronuncia delle S.U. 14633 del 2011, relativa anch’essa ad una sanzione diversa dalla pecuniaria ma ad essa congiunta. Nella pronuncia è precisato che in caso di sanzione alternativa o autonoma rispetto a quella pecuniaria è rilevante, ai fini della qualificazione della natura e funzione della sanzione, verificare se essa sia “il mezzo prioritario per attuare la legge violata” (così nella massima ufficiale).

In conclusione, la sanzione oggetto del presente ricorso ha natura esclusivamente afflittiva ed il potere dell’autorità irrogante è interamente vincolato dalla norma che definisce dettagliatamente il fatto che integra la violazione, stabilisce l’obbligo di applicare la sanzione determinandone in via esclusiva (e non alternativa) il contenuto anche in relazione alla durata, con la prescrizione inderogabile del minimo e del massimo irrogabili. L’applicazione della sanzione consegue, infine, ad un obbligo di legge, derivante dalla commissione del fatto illecito, accertata dall’autorità di polizia, non costituendo il risultato di autonoma attività di vigilanza e controllo dell’autorità amministrativa irrogante.

Deve, pertanto, essere dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario. Le spese processuali, in relazione alla relativa novità della decisione, devono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e compensa interamente le spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2020

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