Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19664 del 07/08/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 07/08/2017, (ud. 05/04/2017, dep.07/08/2017),  n. 19664

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22900-2015 proposto da:

C.M. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA ULPIANO 29, presso lo studio dell’avvocato ARMANDO PIPERNO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE DE LISA, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DEL LAVORO E POLITICHE SOCIALI C.F. (OMISSIS), in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA

DEI PORTOGHESI 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9298/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 16/02/2015 R.G.N. 3181/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/04/2017 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI RENATO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato IOLANDA PICCININI per delega Avvocato GIUSEPPE DE

LISA.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. C.M., segretario comunale, si avvalse della procedura di mobilità prevista dal D.P.R. 4 dicembre 1997, n. 465 e, per questa via, passò alle dipendenze del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociale.

2. Entrata in vigore la L. n. 311 del 2004, convenne l’Amministrazione in giudizio, per chiedere il riconoscimento del diritto all’inquadramento nella seconda fascia del ruolo unico dirigenziale del Ministero, ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 49 ed alla ricostruzione della carriera giuridica ed economica.

3. Adita dal Ministero, la Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 9298 pubblicata il 16.2.2015, in riforma della sentenza di primo grado, che aveva accolto il ricorso, ha rigettato le domande proposte dal C..

4. Per quanto oggi rileva, la Corte territoriale, uniformandosi ai principi affermati da questa Corte nella sentenza n. 1047/2014, ha ritenuto che della L. n. 311 del 2004, art. 49, il comma 1 non è applicabile alle procedure di mobilità già esaurite alla data della sua entrata in vigore, ed ha negato il diritto al reinquadramento in capo al segretario comunale o provinciale già trasferito, per effetto di procedure di mobilità esaurite, ad una pubblica amministrazione diversa da quella di provenienza.

5. Avverso detta sentenza C.M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, al quale ha resistito con controricorso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 violazione e falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 49, nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

7. Lamenta che la Corte territoriale non avrebbe considerato il documento, rilasciato il 24.3.2014 dal Dirigente del Ministero dell’Interno – Dipartimento degli affari interni e territoriali – Albo dei Segretari, rilasciato il 24.3.2014, che attestava che alla data di entrata in vigore della legge finanziaria del 2005 le procedure di mobilità volontaria ai sensi del D.P.R. n. 465 del 1997, art. 18 erano compiute ed esaurite ed il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 18.4.2002, che costituiva l’ultimo provvedimento di mobilità D.P.R. n. 465 del 1997, ex art. 18. Sostiene che, emergendo da detti documenti che alla data del 1.1.2005 non vi era alcun Segretario in possesso dei requisiti previsti dall’art. 1, comma 9 (tre anni di servizio ed esercizio dell’opzione) nei cui confronti non si fosse conclusa la procedura di mobilità, la disposizione non poteva che ritenersi applicabile nei confronti di coloro per i quali la procedura di mobilità si era già conclusa e che erano già stati inquadrati presso le amministrazioni di destinazione.

8. Assume, inoltre, che con l’art. 1, comma 49 il legislatore aveva inteso rimuovere una disparità di trattamento determinata dal D.P.R. n. 465 del 1997, art. 18 poi abrogato, e adeguare la posizione dei Segretari alle disposizioni introdotte con il D.Lgs. n. 165 del 2001 sul ruolo unico della dirigenza (di prima e seconda fascia) ed al contratto collettivo di lavoro successivamente approvato e che la norma di interpretazione contenuta nella L. n. 246 del 2005, art. 16 sarebbe priva di utilità.

Esame del motivo.

9. Il motivo è infondato.

10. La questione relativa alla interpretazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 48 e 49, e della sua applicabilità anche alle procedure di mobilità già concluse alla data di entrata in vigore della nuova normativa, presentando il requisito di particolare importanza previsto dall’art. 374 c.p.c., comma 2, è stata recentemente decisa dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenze nn. 784, 785, 786/2016).

11. Le Sezioni Unite, effettuando una approfondita ricostruzione del quadro normativo e contrattuale che ha regolato e regola le procedure di mobilità dei segretari comunali (disciplinate, inizialmente, del D.P.R. n. 465 del 1997, artt. 18 e 19 e successivamente dall’art. 32 del contratto collettivo nazionale di lavoro dei segretari comunali e provinciali 1998-2001, dalla L. 27 luglio 2004, n. 186 che abrogò il D.P.R. n. 465 del 1997, art. 18, dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, interpretata autenticamente dalla L. n. 246 del 2005) hanno ritenuto che la L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 49, – che disciplina la possibilità del reinquadramento e dell’accesso alla dirigenza a seguito del passaggio ad altra P.A. non si applica, alla luce di una interpretazione letterale, sistematica e teleologica della norma, ai segretari comunali o provinciali trasferiti per effetto di procedure di mobilità già esaurite alla data di entrata in vigore della citata legge. La disposizione normativa si riferisce, invero, ai soli processi di mobilità eventuali e futuri, dovendosi ritenere che una diversa interpretazione sarebbe lesiva del principio costituzionale dell’accesso alla P.A. per concorso pubblico, applicabile anche alla dirigenza.

12. Il suddetto circoscritto ambito di applicazione è stato desunto, dalle Sezioni Unite, non solo da elementi testuali della disposizione normativa (quali: l’incipit del comma 49, che rinvia ai processi di mobilità disciplinati dal comma 48; lo stesso comma 48, collegato al blocco delle assunzioni previsto dal comma 47, che detta una disciplina derogatoria rispetto al contratto collettivo di settore 1998-2001 e rivolta al futuro, in quanto delimitata dalle regole che le parti sociali, in sede di rinnovo del contratto collettivo, vorranno adottare; la previsione del limite del contingente di spesa contenuto nel comma 49) ma, altresì, da una interpretazione sistematica e teleologica della normativa del 2004, che si colloca nell’ambito di un graduale e costante processo di limitazione dell’accesso alla dirigenza delineato sia dal legislatore che dalle parti sociali. Invero, la regola dettata dal D.P.R. n. 465 del 1997 prevedeva – in caso di passaggio ad altra P.A. – l’attribuzione della qualifica di provenienza; il c.c.n.l. 1998-2001 dei segretari comunali e provinciali ha, da una parte, rivisto il sistema di classificazione e, dall’altra, consentito l’accesso alla dirigenza solamente alle qualifiche più elevate; la L. n. 186 del 2004 ha uniformato la mobilità dei segretari comunali e provinciali alla disciplina generale sulla mobilità dettata dal T.U. sul pubblico impiego (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30); la L. n. 311 del 2004, interpretata autenticamente dalla L. n. 246 del 2005, ha apportato ulteriori modifiche in senso riduttivo, prevedendo che anche per i segretari comunali e provinciali delle qualifiche più elevate l’accesso alla dirigenza non costituisse più la regola. Interpretare, pertanto, della L. n. 311 del 2004, art. 1, il comma 49 in maniera così estensiva da imporre una generalizzazione dell’accesso alla dirigenza sulla base dei due requisiti ivi previsti (servizio di segretario svolto per almeno tre anni ed esercizio dell’opzione per la mobilità prevista dal D.P.R. n. 465 del 1997) risulterebbe fortemente contraddittorio con l’evoluzione normativa e contrattuale riscontrata in materia di mobilità dei segretari comunali e provinciali. Nè può correttamente invocarsi il principio di conservazione affermato dall’art. 1367 c.c., criterio sussidiario e concernente l’interpretazione degli atti negoziali (e non normativi), anche a fronte della sussistenza di casi, seppur modesti, di procedure di mobilità in atto alla data dell’entrata in vigore della L. n. 311 del 2004.

13. Il Collegio intende dare continuità all’orientamento giurisprudenziale espresso nelle decisioni sopra richiamate, che hanno ribadito le conclusioni alle quali questa Sezione era già pervenuta con le sentenze n. 165/2014, 1047/2014, 1324/2014, orientamento ripreso dalle recenti ordinanze nn. 16521, 12035, 12034, 12033 e 7620 del 2016.

14. Le argomentazioni sviluppate dalle Sezioni Unite resistono, infatti, alle difese svolte a corredo del motivo di censura che fanno leva sul dedotto carattere perequativo della disposizione contenuta nella L. n. n. 311 del 2004, richiamato art. 1, comma 49.

15. Non può essere invocato il processo in atto di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (Legge Delega 7 agosto 2015, n. 124, non seguita dal decreto delegato sulla dirigenza; emendamenti allo schema di decreto legislativo di modifica al T.U. n. 165 del 2001), che prevede una rilevante riorganizzazione dell’amministrazione statale centrale e periferica e, in particolare, interventi sia in materia di dirigenza pubblica sia sulla posizione dei segretari comunali e provinciali.

16. Il quadro normativo attualmente vigente non offre elementi che incidono sull’interpretazione seguita, trattandosi – alla luce dei principi di delega espressi – di modifica e rimodellazione di ampio respiro, che concerne tutti gli assetti del personale della P.A. (con eventuale delega a unificare, sopprimere ovvero istituire ruoli, gradi e qualifiche e rideterminare dotazioni organiche), secondo un criterio di semplificazione e di riconoscimento del merito e della professionalità.

17. Non è ravvisabile alcun contrasto della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 49 con l’art. 3 Cost., oltre che per le ragioni già indicate dalle Sezioni Unite (cfr punti 60-64 sentenza n. 784, 59-62 sentenza n. 785, 60-64 sentenza n. 786), per il principio costantemente affermato dalla Corte Costituzionale secondo cui “lo stesso naturale fluire del tempo è valido elemento diversificatore delle situazioni giuridiche” (cfr. fra le tante Corte Cost. nn. 61/2010, 170/2009, 94/2009, 341/2007) sicchè non è ipotizzabile ingiustificata disparità di trattamento a fronte di una disciplina differenziata applicata alla stessa categoria di soggetti in momenti temporali diversi.

18. Ragioni analoghe portano ad escludere qualsiasi contrasto con il principio di non discriminazione sancito dall’art. 14 della CEDU, giacchè, anche a voler prescindere dalla questione dell’applicabilità della norma nelle sole ipotesi in cui vengano in rilievo le altre norme sostanziali della Convenzione preposte a tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (fra le più recenti Corte EDU 7 gennaio 2014, Cusan e Fazzo contro Italia, p. 54; 7 febbraio 2013, Fabris contro Francia, p. 47; 22 marzo 2012, Konstantin Markin contro Russia), la giurisprudenza della Corte è costante nell’affermare che una disparità di trattamento è discriminatoria solo qualora “manchi di una giustificazione oggettiva e ragionevole”, “quando non persegua un fine legittimo” ovvero non sussista “un rapporto di ragionevole proporzionalità tra i mezzi impiegati ed il fine perseguito” (Corte EDU 7 gennaio 2014, Cusan e Fazzo contro Italia, p. 59; 25 ottobre 2005, Niedzwiecki contro Germania; 27 marzo 1998, Petrovic contro Austria, p. 30; 1 febbraio 2000, Mazurek contro Francia, p. 46 e 48).

19. Dette condizioni difettano nella fattispecie perchè l’inquadramento della controricorrente è stato disposto nel rispetto della normativa all’epoca vigente, in relazione alla quale il diritto di opzione era stato esercitato, per cui nessuna compromissione dei diritti riconosciuti dalla Carta può essere ravvisata, posto che il trattamento più favorevole per gli appartenenti alla categoria, invocato quale termine di comparazione, è sopravvenuto in un momento in cui la procedura di mobilità si era conclusa, il che esclude ogni profilo discriminatorio della disciplina.

20. Il motivo, nella parte in cui deduce vizio di omesso esame della certificazione rilasciata in data 24.3.2014 dal Dirigente del Ministero dell’Interno – Dipartimento degli affari interni e territoriali – Albo dei Segretari, e del Decreto del Presidente del ke Consiglio dei Ministri in data 18.4.2002, oltrechè inammissibile in quanto il ricorrente non ha specificato se ed in quale atto processuale la questione del completamento delle procedure di mobilità volontaria fosse stata sottoposta alla Corte territoriale (Cass. SSUU 22726/2011; Cass. 5543/2017, 5314/2017, 19157/2012, 6937/2010, 15808/2008, 12239/2007), è infondato alla luce delle argomentazioni motivazionali contenute nella sentenze delle SSUU di questa Corte n. 784 e 785 2016 (punti 41, 5558 della sentenza n. 784; punti 40, 54-57 della sentenza n. 7685; punti 40, 55-58 e 60-62 della sentenza n. 7865), dalle quali emerge la non decisività degli argomenti posti a fondamento del motivo di censura, tratti dalla documentazione che si imputa alla Corte territoriale di non avere valutato.

21. Non può trovare accoglimento la richiesta di rinvio del procedimento in attesa di interventi legislativi, che parte resistente prospetta essere in corso, intesi a definire la posizione dei segretari comunali interessati dal contenzioso in esame, poichè le circostanze dedotte a sostegno della richiesta non fanno apparire certa nè imminente la risoluzione della questione.

22. Al riguardo giova pure ricordare che il principio della ragionevole durata del processo, che ha rilievo costituzionale (art. 111 secondo comma, seconda parte, Cost.), impone al giudice, ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c., di evitare attività processuali non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto del principio del contraddittorio, da garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo, in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a esplicare i propri effetti (Cass. nn. 20422 e 3189 del 2012). Ne consegue che al giudice è impedita l’adozione di provvedimenti che, senza utilità per il diritto di difesa o per il rispetto del contraddittorio, ritardino inutilmente la definizione del giudizio, essendo imposto un particolare rigore nel bilanciamento delle opposte ragioni, soprattutto nel giudizio di cassazione, caratterizzato da impulso d’ufficio (Cass. n. 3189 del 2012).

23. Sulla scorta delle considerazioni svolte, il ricorso va rigettato.

24. Le ragioni che hanno portato all’intervento delle Sezioni unite, giustificano la compensazione delle spese dell’intero processo.

25. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte:

Rigetta il ricorso.

Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2017

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