Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19661 del 03/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 03/10/2016, (ud. 10/06/2016, dep. 03/10/2016), n.19661

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27059-2013 proposto da:

S.F., (OMISSIS), S.M., (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI, 27, presso

lo studio dell’avvocato ANDREA MELUCCO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato TROISI GIUSEPPE giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

HOSUR CORPORATION, in persona del suo legale rappresentante pro

tempore Direttore Sig. U.M., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GAVINANA 1, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

PECORA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato UMBERTO

STRADELLA giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

nonchè contro

E.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1959/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 15/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/05/2016 dal Consigliere Dott. PELLECCHIA Antonella;

udito l’Avvocato ANDREA MELUCCO;

udito l’AVVOCATO FRANCESCO PECORA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. I fatti da cui trae origine la presente controversia sono relativi ad un contratto di mandato che la Hosur ha sottoscritto con – S. Finarte per la vendita di un complesso di beni mobili di ingente valore, tra cui una consolle di grande pregio artistico. Per tale mandato le parti hanno espressamente concordato l’importo netto minimo che avrebbe dovuto essere riconosciuto alla mandante in caso di alienazione dei beni affidati e che in relazione alla consolle avrebbe dovuto essere pari a Euro 400.000. Dopo la conclusione dell’asta veneziana nonostante i numerosi solleciti inviati alla Finarte S., la Hosur non ha ottenuto nè il pagamento delle somme dovute, nè alcuna informazione circa le opere d’arte affidate. Pertanto, in relazione alla consolle, veniva instaurato il procedimento penale con cui veniva contestato ai S. il reato di truffa ed appropriazione indebita. Quindi la Corte di Cassazione, sezione seconda penale, con sentenza n. 46.586/2011 ha annullato la sentenza della Corte d’Appello di Milano contro M. e S.F., e E.A. accertando la sussistenza del reato di appropriazione indebita ma dichiarando la prescrizione dello stesso e rinviando al giudice civile competente per valore in grado di appello, per le statuizione civili.

2. La Corte di Appello di Milano, con la sentenza n. 1959 del 15 maggio 2013, ha condannato M. e S.F. ed E.A. a corrispondere alla Hosur Corporation la somma di Euro 150.464,00 nonchè a risarcire il danno morale liquidato in Euro 45.000 complessivi già attualizzati.

3. Avverso tale decisione, M. e S.F. propongono ricorso in Cassazione sulla base di 2 motivi, illustrati da memoria.

3.1 Resiste con controricorso, la Hosur Corporation.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono “sulla condanna dei sigg.ri M. e S.F. al risarcimento danni in favore di Hosur Corporation – Violazione del disposto di cui agli artt. 1326, 1362 e 1193 c.c.. – Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio Violazione art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.”. Lamentano che la Corte d’appello non ha tenuto conto di una serie di circostanze, comportamenti e documenti, tra cui: a) il fatto che l’oggetto del procedimento era circoscritto al solo diritto del risarcimento del danno a seguito della mancata corresponsione della somma ricavata dalla vendita della consolle; b) la proposta inviata da Finarte per definire la questione relativa alla vendita con il pagamento dell’importo di circa Euro 270.000, somma poi corrisposta con conseguente accettazione dell’assegno senza obiezioni e contestazioni.

Il motivo non è fondato. A parte i profili di autosufficienza del ricorso perchè omette di descrivere il fatto nella sua interezza limitandosi a riportare le conclusioni delle sentenze e delle domande degli atti precedenti, il motivo è comunque infondato. Nel caso di specie il giudice del merito ha effettuato una coerente e ineccepibile valutazione di tutte le circostanze e comportamenti delle parti. E’ principio consolidato di questa Corte che con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente. L’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 7921/2011).

4.2. Con il secondo motivo, denunciano “sulla condanna dei sigg.ri M. e S.F. al risarcimento del danno morale patito da Hosur – Violazione del disposto di cui agli artt. 2697 e 2059 – Violazione art. 360 c.p.c., n. 3”. I ricorrenti sostengono di essere stati ingiustamente condannati al risarcimento del danno morale perchè la Hosur non solo non ha provato la sussistenza di alcun concreto pregiudizio morale derivante dai fatti e dalle condotte di cui è causa, ma non ne ha nemmeno indicato sommariamente la natura nel suo atto di citazione in riassunzione. E nel caso di specie venendosi in tema di danno non patrimoniale subito da persona giuridica la prova della sussistenza di tale danno sarebbe stata tanto più necessaria. Tale motivo è fondato. E’ principio di questa Corte che anche quando il fatto illecito integra gli estremi del reato la sussistenza del danno non patrimoniale non può mai essere ritenuta in re ipsa, ma va sempre debitamente allegata e provata da chi lo invoca, anche attraverso presunzioni semplici (Cass. 8421/2011). Nel caso di specie dalla motivazione emerge solo che la condotta illecita è stata prolungata nel tempo ed attivata attraverso l’adozione di svariati e articolati artifizi tesi a mascherare l’appropriazione indebita ma non si evince in alcun modo in che cosa consista il danno subito, ne che esso sia stato allegato o documentato.

5. La Corte rigetta il primo e accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio.

PQM

La Corte rigetta il primo e accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2016

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