Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19660 del 16/09/2010

Cassazione civile sez. lav., 16/09/2010, (ud. 15/07/2010, dep. 16/09/2010), n.19660

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 21433-2009 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avv. LOJODICE OSCAR,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del

Presidente e legale rappresentante proti oc tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dall’avvocato CORETTI

ANTONIETTA, che lo rappresentano e difendono, giusta delega in calce

al ricorso notificato;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3686/2008 della CORTE D’APPELLO di BARI del

29.9.08, depositata il 06/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/07/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MASSIMO

FEDELI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Letta la sentenza del 6 ottobre 2008 con cui la Corte d’appello di Bari condannava l’Inps a pagare gli interessi anatocistici sulla differenza di indennità di disoccupazione agricola del 1984 a favore di C.M. e compensava le spese del giudizio di appello;

Letto il ricorso della C. con un unico motivo, mentre l’Inps ha depositato procura;

Rilevato che con l’unico mezzo si denunzia violazione degli artt. 24, 38 e 111 Cost., artt. 91 e 112 e 113 cod. proc. civ. e delle tariffe forensi nonchè difetto di motivazione;

Letta la relazione resa ex art. 380 bis cod. proc. civ. di inammissibilità del ricorso;

Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili perchè il motivo, concernente la violazione di legge, manca completamente dei quesiti di diritto; l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, (applicabile, ai sensi dell’art. 27, comma 2, di detto Decreto, ai ricorsi per cassazione proposti avverso sentenze rese pubbliche in data successiva all’entrata in vigore del decreto stesso, come nella specie) stabilisce che l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso proposto ai sensi del precedente art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3, e 4, debba concludersi, a pena d’inammissibilità del motivo, con la formulazione di un quesito di diritto. Attraverso questa specifica norma, in particolare, il legislatore si propone l’obiettivo di garantire meglio l’aderenza dei motivi di ricorso (per violazione di legge o per vizi del procedimento) allo schema legale cui essi debbono corrispondere. La formulazione del quesito funge da prova necessaria della corrispondenza delle ragioni del ricorso ai canoni indefettibili del giudizio di legittimità, inteso come giudizio d’impugnazione a motivi limitati. Inoltre la Corte, con la sentenza 26 marzo 2007 n. 7258 delle sezioni unite, ha affermato che la disposizione non può essere interpretata nel senso che il quesito di diritto si possa desumere implicitamente dalla formulazione del motivi di ricorso, perchè una tale interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma;

Rilevato che manca altresì, completamente, nella censura, il requisito richiesto dallo stesso art. 366 bis sul difetto di motivazione; al riguardo si è affermato che, nonostante la mancanza di riferimento alla conclusività (presente, invece, per il quesito di diritto), il requisito concernente il motivo di cui al precedente art. 360, n. 5 – cioè la “chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione della sentenza impugnata la rende inidonea a giustificare la decisione” – deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366-bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione (Cass. n. 16002 del 18/07/2007).

Ritenuto che il ricorso deve essere quindi dichiarato inammissibile e che non si devono liquidare spese, non avendo la controparte svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2010

 

 

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