Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19660 del 03/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 03/10/2016, (ud. 27/04/2016, dep. 03/10/2016), n.19660

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10025/2013 proposto da:

E.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO

INGHIRANI 24, presso lo studio dell’avvocato PAOLO FEDERICO, che lo

rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

BODY CAR SNC (OMISSIS), in persona dei legali rappresentanti p.t.

B.V. e L.P., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA BARGA 23, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPINA FORTINO,

rappresentata e difesa dall’avvocato GAETANO VIZZARI giusta procura

in calce al controricorso;

UNIPOL ASSICURAZIONI SPA già UGF ASSICURAZIONI SPA, in persona del

legale rappresentante pro tempore dott. A.P., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA LUDOVISI 36, presso lo studio dell’avvocato

ATTILIO COTRONEO, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato DOMENICO POLIMENI giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1497/2012 del TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA,

depositata il 28/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/04/2016 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito l’Avvocato SALVATORE MARINO per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

I FATTI

Nel 2009 la Body Car s.n.c., quale cessionaria di un credito per risarcimento danni alla vettura vantato da C.R., citava in giudizio il danneggiante E.E. e la compagnia assicuratrice per la r.c.a. di questi, Aurora Ass.ni s.p.a..

La causa veniva iscritta a ruolo dal convenuto E., atteso che l’attrice, avendo nelle more concluso una transazione con la compagnia di assicurazioni e ricevuto il pagamento non provvedeva alla iscrizione a ruolo. Il giudice di pace rigettava la domanda risarcitoria condannando la Body Car alla refusione delle spese.

La società cessionaria del credito, Body Car, proponeva appello denunciando che la sentenza fosse stata emessa a contraddittorio non integro non essendo stato notificato l’atto alla compagnia di assicurazioni con la quale aveva transatto e che la domanda risarcitoria non avrebbe potuto essere integralmente rigettata non avendo contestato l’ E. altro che la quantificazione dei danni.

Si costituivano in giudizio sia l’ E. affermando che la cessione del credito non gli era stata notificata e quindi era inopponibile nei suoi confronti, sia la UGF, già Aurora Ass.ni s.p.a., affermando di aver provveduto a pagare i danni prima dell’instaurazione del giudizio concludendo una transazione con la cessionaria appellante, e quindi che nessuna domanda avrebbe potuto essere giudizialmente rivolta nei suoi confronti.

Il Tribunale di Reggio Calabria, con la sentenza qui impugnata, in riforma della pronuncia di primo grado, accoglieva l’appello della Body Car affermando che il primo giudice si era pronunciato ultra petita laddove aveva statuito sull’an del sinistro, avendo il convenuto, costituitosi, contestato solo il quantum, quindi dichiarava l’intervenuta cessazione della materia del contendere avendo l’assicurazione dell’ E. corrisposto al danneggiante una somma a saldo del dovuto per il risarcimento dei danni prima dell’inizio del giudizio. Condannava l’ E. al pagamento delle spese del grado.

E.E. propone tre motivi di ricorso per cassazione nei confronti di Body Car s.n.c. e UGE Aurora Assicurazioni per la cassazione della sentenza n. 1497/2012, depositata dal Tribunale di Reggio Calabria il 28.9.2012.

Resistono con distinti controricorsi la Body Car s.n.c. e la Unipol Ass.ni s.p.a., già UGF Ass.ni s.p.a.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione della circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudiziari, lamentando che la sentenza di appello sia stata emessa da un giudice onorario, laddove la circolare prevede che ai magistrati onorari sia preclusa la possibilità di pronunciare in giudizi di appello.

Il motivo è infondato.

In assoluto, non costituisce motivo di nullità del procedimento e della sentenza la trattazione della causa da parte di un giudice diverso da quello individuato secondo le tabelle, determinata da esigenze di organizzazione interna al medesimo ufficio giudiziario, pur in mancanza di un formale provvedimento di sostituzione da parte del Presidente del Tribunale, perchè, ai sensi del primo comma dell’art. 156 c.p.c., la nullità di un atto per inosservanza di forme non può esser pronunciata se non e comminata dalla legge e pertanto è configurabile una meni irregolarità, inidonea a produrre alcuna conseguenza negativa sugli atti processuali o sulla sentenza (Cass. n. 6964 del 2011).

Quanto alla natura delle circolari, questa Corre ha già più volte affermato che le circolari con le quali il C.S.M. disciplina gli incarichi affidabili ai giudici onorari costituiscono fonti normative di secondo grado, e come tali non possono introdurre ipotesi di nullità processuali non previste dalla legge (Cass. n. 466 del 2016; Cass. n. 727 del 2013; Cass. n. 1376 del 2012).

Con particolare riguardo ai provvedimenti giudiziali pronunciati dai giudici onorari va quindi puntualizzato che:

– va escluso che le circolari del C.S.M. possano introdurre ipotesi di nullità processuali non previste dalla legge;

– il vizio di costituzione del giudice è ravvisabile solo quando gli atti giudiziali siano posti in essere da persona estranea all’ufficio, non investita della funzione esercitata; i giudici onorari appartengono all’ufficio giudiziario del quale fanno parte non diversamente dai magistrati ordinari;

– ad essi è legittimamente delegabile, con previsione tabellare, ogni attività svolta dall’ufficio di appartenenza tranne quelle espressamente escluse dalla legge ed in particolare, come nella specie, è ad essi delegabile lo svolgimento delle funzioni di appello: il R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 43 bis, (introdotto dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, art. 10), che disciplina le attività delegabili ai giudici onorari, esclude la delegabilità esclusivamente della competenza a trattare i procedimenti cautelari “ante causam” e quelli possessori (v. Cass. n. 18002 del 2012).

In riferimento alla questione sottoposta all’attenzione della Corte dal ricorrente, correttamente risolta dalla corte d’appello, va pertanto enunciato il seguente principio di diritto: “Laddove una causa venga decisa da un giudice onorario appartenente all’ufficio giudiziario in materia sottratta, nella ripartizione tabellare, alla competenza dei g.ot., ciò non è causa di nullità della sentenza a meno che egli non abbia adottato uno dei provvedimenti per legge riservati ai soli giudici togati (cautelati e possessori), in quanto ciò non incide sulla composizione dell’ufficio giudiziario, e non è prevista la sanzione di nullità da alcuna norma di legge, ma costituisce una semplice irregolarità”.

Con il secondo motivo, il ricorrente deduce l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 c.p.c., n. 5. Il motivo è inammissibile in quanto in relazione ad esso il ricorso si presenta assemblato, presentando la riproduzione successiva di diversi atti giudiziari delle fasi di merito senza una chiara indicazione in ordine al fatto decisivo non adeguatamente considerato la cui omessa considerazione minerebbe radicalmente l’esistenza stessa della motivazione, nella nuova e più ristretta accezione normativa di rilevanza del vizio di motivazione pro tempore vigente.

Con il terzo motivo denuncia poi la violazione di legge, in relazione all’art. 345 c.p.c., e la presenza di un error in procedendo. Sostiene che solo in appello sarebbe stato prodotto il documento, attestante l’intervenuta transazione, volto a dimostrare la cessazione della materia del contendere e comunque nei confronti di un solo dei due condebitori solidali evocati in giudizio (e cioè nei soli rapporti tra l’assicurazione e il cessionario del credito, nei cui confronti il credito era stato estinto tra la notifica del ricorso e l’iscrizione a ruolo, cosicchè l’attore – cessionario non provvedeva ad iscrivere) e che il giudice non avrebbe dovuto tenerne conto, nè tanto meno avrebbe potuto legittimamente dichiarare la cessazione della materia del contendere atteso che il secondo condebitore rimaneva ancora esposto alle eventuali pretese dell’attore.

Il motivo è del tutto infondato, avendo il giudice di appello implicitamente ritenuto indispensabile la produzione documentale, atta a far venir meno l’interesse alla pronuncia nel merito, atteso che l’avente diritto alla corresponsione della somma pari al dovuto a titolo di risarcimento del danno (la cessionaria del credito) era stato integralmente soddisfatto prima ancora dell’inizio del primo grado di giudizio dalla compagnia di assicurazioni, nè tanto meno il ricorrente, oltre a dolersi genericamente della pronuncia, evidenzia l’esistenza di una pretesa residua rispetto alla quale avrebbe potuto temere una condanna.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Atteso che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, ed in ragione della soccombenza del ricorrente, la Corte, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Liquida le spese in favore dei controricorrenti in Euro 1200,00 ciascuno, di cui 200,00 per esborsi, oltre accessori e contributo spese generali. e compensa le spese.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte di Cassazione, il 27 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2016

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