Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19659 del 21/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 21/09/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 21/09/2020), n.19659

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. NOCELLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Nella causa iscritta al N. 28172/2018 R.G. promossa da:

CLEANPOWER SOGLIO S.R.L., (già Cleanpower S.C.p.A.) rappresentata e

difesa dagli Avv.ti Riccardo Vianello del Foro di Venezia e Giuseppe

Marini del Foro di Roma, elett.te dom.ta presso lo studio del

secondo in Roma, Via di Villa Sacchetti n. 9, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, C.F. (OMISSIS), rappresentata e

difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania n. 1834/19/18, depositata il 22 febbraio 2018,

asseritamente non notificata.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 27 novembre 2019

dal Consigliere Dott. Nocella Luigi.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La s.c.p.a. Cleanpower proponeva innanzi alla CTP di Caserta ricorso avverso l’avviso di pagamento N. A5687/2014, notificato il 15.04.2014, con il quale l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Caserta, non riconoscendo alla contribuente il diritto all’esenzione prevista del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 52, comma 3, lett. b, aveva richiesto il pagamento della complessiva somma di Euro 12.876,11, oltre interessi, per accise su energia elettrica relative alle annualità dal 2004 al 2010; in particolare la Società ricorrente aveva dedotto di possedere i requisiti per beneficiare di detta agevolazione, in quanto autoproduttore, secondo la definizione contenuta nel D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 2, comma 2, dell’energia elettrica mediante fonti rinnovabili ceduta in parte ad altre società consorziate, come tale riconosciuta in molti provvedimenti della stessa Agenzia delle Dogane; sotto altro profilo aveva eccepito violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2 ed art. 11, poichè essa contribuente si era attenuta alle prescrizioni rese da diverse articolazioni dell’Agenzia in sede di rilascio delle licenze di esercizio di impianti diversi.

All’esito del giudizio di I grado, nel quale l’Agenzia si era costituita chiedendo il rigetto del ricorso, la CTP adita, con sentenza n. 5082/09/2016, respinte le questioni preliminari di merito, accoglieva il ricorso limitatamente alle annualità 2004 e 2005 siccome estinte per prescrizione.

Su appello principale dell’Agenzia ed incidentale della Società, la CTR della Campania, con la pronuncia oggetto della presente impugnazione, ha riformato la pronuncia della CTP accogliendo la domanda dell’Agenzia di pagamento degli interessi di mora per le annualità successive al 2005; ha invece respinto le censure di merito della ricorrente, confermando per la restante parte la sentenza appellata e compensando le spese di lite.

In particolare il giudice d’appello, per quanto di residuo rilievo in questo giudizio, sulle principali questioni sollevate dagli appellanti ha statuito: a) circa il diritto della Società all’esenzione dalle accise sull’energia elettrica fornita ai terzi consorziati, il Collegio, operato un rapido richiamo all’art. 52 TUA, ha dato atto che “La Cleanpower s.c.p.a. risulta carente sia del requisito collegato all’autoproduzione che a quello del consumo finale in proprio dell’energia elettrica da fonti rinnovabili. Le indagini della G.d.F. infatti consentivano di accertare come la Società in parola non avesse la proprietà degli impianti di produzione nè personale dipendente e mezzi necessari a svolgere tale attività in forma…. diretta, bensì la mera disponibilità di centrali elettriche, per lo più collocate all’estero, in virtù di altrettanti contratti di locazione Risulta dunque evidente come non ricorresse nel caso di specie il requisito necessario….dell’autoproduzione…”; proseguiva poi ad analizzare il rapporto tra la medesima Società e le imprese consorziate alle quali era stata ceduta in parte l’energia elettrica “prodotta” dalla Cleanpower, escludendo che i consumi di queste ultime potessero essere assimilati ad autoconsumo e comunque che fosse applicabile il c.d. Decreto Bersani, ribadendo la totale autonomia di questa normativa rispetto a quella tributaria in tema di accise; b) in ordine all’eccepita violazione dei principi di buona fede e di affidamento, ha ritenuto che “alla luce degli accertamenti della G.d.F., non risulta affatto che la Società possa invocare la buona fede ed il legittimo affidamento, in quanto, pur non essendo definibile, per le ragioni sopra esposte, autoproduttore nel senso delineato dalla norma che prevede l’esenzione…, essa ha continuato ad utilizzare tale veste giuridica nei propri rapporti con l’Ufficio, arrivando persino a simulare contratti di locazione delle officine….”; c) infine in merito alla pretesa sussistenza di risposte dell’Amm.ne Finanziaria ad interpelli efficaci ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 11, ha affermato che non è provato che “la medesima Società…..abbia avanzato veri e propri interpelli, nel senso delineato nello Statuto del Contribuente, art. 11 il quale richiede procedure e formalità, a pena d’inammissibilità per ottenere, in via preventiva, soluzioni dall’Ufficio preposto, da applicare a fattispecie concrete….”.

La S.c.p.A. Cleanpower Soglio ricorre per la cassazione di tale sentenza, con atto notificato il 28.09.2018 ed articolato su 2 motivi.

L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha notificato, in data 25.10.2018, e depositato controricorso.

Nella camera di consiglio del 27.11.2019 la causa, all’esito della relazione del Cons. Luigi Nocella, è stata decisa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Dalla lettura coordinata delle disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 504 del 1995, artt. 52 e 53 e del D.Lgs. n. 133 del 1999, art. 2, comma 2 si evince che tutte le officine di produzione di energia elettrica per uso proprio sono soggetti obbligati al pagamento delle accise e devono denunciare preventivamente la propria attività, ottenere il rilascio di una licenza di esercizio e depositare annualmente una dichiarazione di consumo.

1.1. Sono, dunque, soggetti obbligati al pagamento delle accise anche gli autoproduttori indicati dal D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 2, comma 2, e, specificamente, quei soggetti chè producono energia elettrica e la utilizzano in misura non inferiore al settanta per cento annuo per uso proprio ovvero per uso degli appartenenti ai consorzi o alle società consortili costituiti per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili.

2.2. Invece, sono esentati dal pagamento delle accise unicamente le officine di produzione che producono energia elettrica per uso proprio a condizione che: a) la produzione avvenga con impianti azionati da fonti rinnovabili; b) detti impianti abbiano una potenza disponibile superiore a 20 kw; c) l’energia autoprodotta venga anche autoconsumata per usi differenti da quello abitativo.

2. Con il primo motivo, concernente l’esatta individuazione ed interpretazione della disciplina invocata in tema di esenzione all’autoproduttore, la ricorrente, all’esito di una articolata disamina dell’evoluzione normativa in materia, deduce violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 52, comma 3, lett. b, in relazione al D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 2, comma 2 (c.d. decreto Bersani), per avere erroneamente affermato l’inapplicabilità alla fattispecie di esenzione invocata (art. 52 TUA) della nozione di autoproduttore fornita dal D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 2, definizione peraltro non contenuta nel medesimo TUA; evidenzia che tale interpretazione sarebbe coerente, oltre che con l’originaria sottrazione al monopolio ENEL delle imprese di autoproduzione con autoconsumo superiore al 70% di cui alla L. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 4, comma 6, e con la completa liberalizzazione del mercato dell’energia da fonti rinnovabili attuata con la L. 9 gennaio 1991, n. 9, artt. 22 e 23, anche con le finalità di riduzione dell’inquinamento perseguite dalla L. n. 133 del 1999 e che il convincimento dell’estensione dell’esenzione dall’addizionale erariale, poi trasformatasi in imposta di consumo ed infine in accisa, anche ai consumi delle imprese di autoproduzione era assolutamente condiviso da tutte le Agenzie delle Dogane ed era stato manifestato esplicitamente da diverse determinazioni delle Agenzie Regionali interpellate (che vengono richiamate a pagg.21-22 del ricorso).

3. Con il secondo motivo la Cleanpower Soglio ha denunciato

violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., della L. n. 212 del 2000, artt. 10 e 11: dopo aver enumerato gli atti delle diverse articolazioni dell’Agenzia che si erano pronunciate in tempi diversi sulla spettanza alla ricorrente della qualifica di autoproduttore e sulla conseguente spettanza dell’esenzione prevista dall’art. 52 TUA, comma 3, lett. b (pagg.28-30 del ricorso), evidenzia che la CTR avrebbe implicitamente ed erroneamente interpretato il combinato disposto degli artt. 10 ed 11: tutte le istanze presentate dalla Società invero avrebbero i requisiti oggettivi e soggettivi dell’interpello all’Amm.ne Finanziaria, la quale avrebbe fornito risposte che inequivocamente attribuivano alla Società la qualifica di autoproduttore e la esentavano dall’obbligo di pagamento delle accise sull’energia fornita ai consociati; donde la nullità D.M. n. 209 del 2001, ex art. 5 degli avvisi di pagamento emanati in difformità dalle risposte precedentemente fornite dalla medesima Amm.ne.

4. Il primo motivo e la parte del secondo motivo che ha ad

oggetto la corretta applicazione dello Statuto del Contribuente, art. 10, sono inammissibili.

Deve premettersi ancora che la CTR, sia pure con sintetico riferimento alle norme succitate, ha ben individuato contenuto e valenza del decreto Bersani, evidenziando che dal suo articolato non emerge alcun riferimento alla disciplina tributaria delle accise, ed ha correttamente affermato che il concetto di autoproduttore di cui al D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 2, comma 2 non è estensibile alla materia delle accise (in conformità quindi all’orientamento manifestato da questa Corte nella sentenza 16.10.2019 n. 26142, al quale si ritiene di dare continuità e che qui si riporta: “in tema di accise sull’energia elettrica, la società consortile che autoproduce energia elettrica da fonte rinnovabile, con impianti dalla potenza disponibile superiore a 20 kw, beneficia dell’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 52, comma 3, lett. b) (nella sua formulazione applicabile ratione temporis, successiva alle modifiche introdotte con il D.Lgs. n. 26 del 2007) limitatamente all’energia prodotta e consumata in proprio e non anche a quella prodotta e ceduta ai singoli consorziati”.

Tuttavia l’articolazione del motivo non investe la reale ratio decidendi che sostiene la motivazione della sentenza impugnata, nella parte riportata sub a) e b), della precedente narrativa), sia in punto di definizione del concetto di autoproduttore e di consumo rilevante ai fini dell’attribuzione dell’esenzione, sia in punto di presupposti per l’operatività dell’affidamento del contribuente in buona fede: per entrambi i profili la CTR ha manifestato il suo chiaro convincimento che la Cleanpower non fosse effettivo produttore di tutta o parte dell’energia elettrica da fonti rinnovabili che destinava sia all’autoconsumo che alla cessione ai terzi consorziati, individuando una vera e propria ipotesi di simulazione nella quale la Società assumeva, per il tramite di simulati contratti di locazione, la veste di consumatore-venditore di energia prodotta dai falsi locatori, ciò evincendo dagli elementi probatori raccolti dalla G.d.F. in sede di constatazione; residuando pertanto valenza secondaria e marginale la questione del consumo totale o parziale dell’energia autoprodotta e della cessione parziale a soggetti consorziati, giacchè la Cleanpower non potrebbe qualificarsi come soggetto autoproduttore di tutta l’energia consumata, in proprio o per il tramite di cessionari consorziati e non potendo perciò vantare la qualifica di autoproduttore neppure ai sensi del D.Lgs. n. 133 del 1999. Sotto altro profilo ha ritenuto che l’aver volontariamente simulato la reale carenza dei presupposti della qualifica di autoproduttore dell’energia rinnovabile consumata e ceduto non consentisse alla Società di invocare i principi della buona fede e dell’affidamento che sono alla base della disciplina espressa nella L. n. 212 del 2000, art. 10.

Ebbene, nessuno dei due motivi è diretto a censurare tale preliminare ratio decidendi, con il conseguente venir meno dell’interesse alla decisione delle questioni di diritto sollevate negli esaminati motivi di ricorso.

5. Anche la seconda parte del secondo motivo di ricorso è inammissibile.

Va infatti evidenziato che tutti i provvedimenti assunti dalla Amministrazione doganale, che avrebbero riconosciuto all’allora Cleanpower S.c.p.A. la qualifica di soggetto esente da accisa, sono semplici licenze di esercizio della produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, emesse non già all’esito di una regolare procedura di interpello per come disciplinata dalla L. n. 212 del 2000, art. 11, bensì di una mera domanda di autorizzazione a detta attività.

5.1. Nè vale addurre, come fa la Società ricorrente, che la procedura seguita avrebbe i requisiti “sostanziali e formali” dell’istanza di interpello (quelli soggettivi e di contenuto), poichè cosa diversa è, ai fini della distinzione che qui rileva, richiedere il rilascio di una licenza di esercizio, che comporta in capo all’Amm.ne l’esercizio di un normale potere di verifica dei presupposti di legittimità dell’attività, altra è proporre un’istanza di interpello in presenza di “obiettive condizioni di incertezza sull’interpretazione di una disposizione normativa di natura tributaria” (nella specie e per quanto riportato dalla ricorrente nel ricorso) per ottenere l’esplicitazione del parere dell’Amm.ne sul proprio orientamento interpretativo, che comporta l’esercizio di una sorta di attività consultiva che, come richiesto dal D.M. n. 209 del 2001, art. 1, comma 2 e come non incidentalmente evidenziato dalla CTR, dovrà essere preventiva, cioè attivata “prima di porre in essere il comportamento o di dare attuazione alla norma oggetto d’interpello”; in caso contrario, ogni istanza diretta ad ottenere un provvedimento autorizzativo avrebbe contestuale effetto di interpello.

In effetti, come puntualmente ancorchè succintamente evidenziato dalla CTR, nei procedimenti di richiesta di licenza difetta sia il carattere preventivo (valorizzato di recente anche da Cass. sez.V 17.07.2014 n. 16331, con riferimento oltre che al D.M. n. 209 del 2001, art. 1, comma 2, anche alla disposizione della legge, art. 11 comma 2, laddove si riferisce a “interpretazione o comportamento prospettato dal contribuente”); sia il presupposto di un’obiettiva incertezza della soluzione al problema, che evidentemente la contribuente non poneva, nel momento in cui chiedeva direttamente all’Amm.ne di dare risposta favorevole alla sua istanza, quale espressione di una prassi operativa ritenuta legittima.

Poichè la ricorrente nulla ha dedotto neppure con riferimento a tali specifiche caratteristiche, distintive, alla stregua della richiamata giurisprudenza di questa Corte, dell’interpello dai comuni atti di amministrazione attiva, e ritenute necessarie e qualificanti dal Giudice d’appello, anche in tale parte esso deve ritenersi estraneo al nucleo essenziale dell’ulteriore ratio decidendi, e deve ritenersi inammissibile.

E’ opportuno evidenziare che non è irragionevole, sotto il profilo costituzionale ed unionale, la diversità di disciplina degli effetti prevista dalla L. n. 212 del 2000, art. 10 e dalla medesima L. n. 212 del 2000, art. 11. Infatti, l’ipotesi prevista da quest’ultima disposizione, che comporta la grave conseguenza della nullità dell’atto impositivo, riguarda una situazione in cui l’Amministrazione finanziaria ha dato una risposta specifica nel merito di un formale quesito del contribuente, ingenerando nello stesso il ragionevole convincimento della correttezza della soluzione fornita; laddove negli altri casi si tratta di indicazioni di carattere generale o particolare formulate in via di prassi generale o applicativa, senza che la specifica problematica sia stata formalmente posta dal contribuente alla puntuale valutazione dell’Ufficio e sia stata da questo valutata con specifico riferimento alle condizioni soggettive ed operative dell’istante.

Ne consegue che, se l’Amministrazione finanziaria non ha fornito una corretta interpretazione del dato normativo, non per questo è possibile escludere il diritto alla riscossione dell’imposta, opportunamente temperato, nel caso di specie, dalla mancata applicazione di sanzioni ed interessi.

Alla soccombenza della ricorrente segue la condanna al pagamento in favore dell’Agenzia controricorrente delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo.

6. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni processuali per dare atto – ai sensi del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – della non sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la Società ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in, complessivi Euro 2.300,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2019

Depositato in cancelleria il 21 settembre 2020

 

 

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