Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19655 del 22/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 22/07/2019, (ud. 02/04/2019, dep. 22/07/2019), n.19655

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 955/2018 proposto da:

(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIVORNO 6, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCA TRAUZZOLA, rappresentata e difesa

dall’avvocato MARIO FLACCAVENTO, con procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) s.r.l. in persona del

curatore p.t.; PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE

D’APPELLO DI CATANIA; PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE

DI SIRACUSA; A.V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2015/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 06/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/04/2019 dal Consigliere relatore Dott. CAIAZZO

ROSARIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 28.6.17, il Tribunale di Siracusa, su istanza di Vincenzo A. e su richiesta del Pubblico Ministero, dichiarò il fallimento della (OMISSIS) s.r.l., che propose reclamo, adducendo: la violazione della L. Fall., art. 15, comma 3, per essere decorso, tra la data della notificazione del ricorso e quella dell’udienza di convocazione, un termine inferiore a gg. 15; l’insussistenza del credito fatto valere; l’erroneo riconoscimento dei debiti allegati dal Pubblico Ministero nella sua richiesta di fallimento.

Si costituì la Procura presso il Tribunale di Siracusa.

Con sentenza emessa il 6.11.17, la Corte d’appello di Catania rigettò il reclamo, osservando che: non sussisteva la violazione dell’art. 15, comma 3, L. Fall. e, dunque, del diritto di difesa in quanto la società fallita si era costituita senza nulla contestare, nè nella memoria difensiva, nè all’udienza prefallimentare, cui non aveva partecipato e in cui avrebbe almeno potuto opporre la mera riserva in ordine all’asserita violazione.

La (OMISSIS) s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Non si sono costituite le parti intimati alle quali il ricorso è stato notificato.

Diritto

FATTI DI CAUSA

Con il primo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 15, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, avendo la Corte d’appello erroneamente applicato la suddetta norma, nella versione riformata nel 2012, in ordine al termine difensivo di 15 gg., attribuendo rilevanza alla mancata contestazione e all’accesso al fascicolo, non tenendo invece conto del fatto che l’istanza presentata dal Pubblico Ministero, riguardo alla riduzione dei termini, era stata rigettata.

Con il secondo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 70 – cd. testo dell’Ordinamento Giudiziario- non avendo la Corte d’appello ritenuto irricevibile la memoria di costituzione del Sostituto Procuratore presso il Tribunale, e dunque rilevato la nullità derivata della sentenza in quanto motivata in accoglimento delle allegazioni contenute irritualmente nella medesima memoria del Pubblico Ministero costituito, atteso che il citato R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 70 legittima la costituzione del solo Pubblico Ministero presso la procura Generale della Corte d’appello, salva delega al PM originariamente istante (non rilasciata).

Il primo motivo è infondato poichè la Corte d’appello ha correttamente interpretato la L. Fall., art. 15, comma 3, in applicazione del seguente principio: “nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, il mancato rispetto del termine di quindici giorni che deve intercorrere tra la data di notifica del decreto di convocazione del debitore e la data dell’udienza (come previsto dalla nuova formulazione della L. Fall., art. 15, comma 3,) e la sua mancata abbreviazione nelle forme rituali del decreto motivato sottoscritto dal presidente del tribunale, previste dalla L. Fall., art. 15, comma 5, costituiscono cause di nullità astrattamente integranti la violazione del diritto di difesa, ma non determinano – ai sensi dell’art. 156 c.p.c., per il generale principio di raggiungimento dello scopo dell’atto – la nullità del decreto di convocazione se, il debitore, pur eccependo la nullità della notifica, abbia attivamente partecipato all’udienza, rendendo dichiarazioni in merito alle istanze di fallimento, senza formulare, in tale sede, rilievi o riserve in ordine alla ristrettezza del termine concessogli, nè fornendo specifiche indicazioni del pregiudizio eventualmente determinatosi, sul piano probatorio, in ragione del minor tempo disponibile (v. Cass., n. 2561/14; n. 14814/16).

Nella fattispecie, invero, la Corte d’appello ha rilevato che la società fallita non aveva contestato l’inosservanza del termine di cui alla L. Fall., art. 15, nè nella comparsa di risposta, nè nell’ambito dell’udienza prefallimentare, senza neppure formulare una riserva in ordine alla ristrettezza del termine concesso. Ne consegue che non si configura l’invocata nullità, avendo l’atto di convocazione innanzi al Tribunale, per la discussione dell’istanza di fallimento, raggiunto lo scopo, a norma dell’art. 156 c.p.c..

Il secondo motivo è manifestamente infondato in applicazione del consolidato orientamento secondo cui “nel procedimento di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento la costituzione in appello del Procuratore della Repubblica, in luogo del Procuratore Generale, non determina la nullità della sentenza di secondo grado, ma soltanto la nullità della costituzione del Pubblico Ministero, della quale può dolersi esclusivamente il soggetto che avrebbe dovuto presenziare al giudizio, con la conseguente carenza di interesse dell’appellante a far valere il predetto vizio” (Cass., n. 19214/09; n. 9260/11; n. 19797/15).

Inoltre, dalla sentenza impugnata si evince che i documenti utilizzati dalla Corte d’appello per la decisione erano quelli prodotti in primo grado dal P.M. presso il Tribunale, che aveva presentato istanza di fallimento, e non i documenti prodotti nel procedimento di reclamo.

A tale consolidato orientamento giurisprudenziale il collegio intende dare continuità, non essendo stati allegati fatti tali da indurne la revisione.

Nulla per le spese, attesa la mancata costituzioni degli intimati.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2019

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