Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19655 del 21/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 21/09/2020, (ud. 26/11/2019, dep. 21/09/2020), n.19655

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – rel. Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15176/16 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore

pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma alla Via dei Portoghesi

n. 12.

– ricorrente –

contro

HERA COMM S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avv. Marco Annecchino ed elettivamente

domiciliata presso il suo studio in Roma, Via Cassiodoro n. 1/A.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1196 della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia-Romagna, depositata il 9 giugno 2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26 novembre 2019 dal Consigliere Gianluca Grasso.

 

Fatto

RITENUTO

che:

– la Hera Comm s.r.l. ha impugnato un atto di contestazione di sanzioni amministrative con il quale era stata dedotta l’inesatta compilazione della dichiarazione di consumo per l’anno 2007 e l’omesso pagamento delle rate di acconto di accisa e addizionali, determinando a carico della società contribuente sanzioni per complessivi Euro 437,58. L’atto scaturiva da una verifica amministrativa e contabile eseguita da funzionari dell’Ufficio delle Dogane di Bologna all’esito della quale era stato redatto, in data 20 giugno 2008, un processo verbale di constatazione con il quale si era rilevata l’inesatta compilazione della dichiarazione annuale di consumo per l’anno 2007, l’omesso pagamento delle rate di acconto di accisa sul consumo di energia elettrica ed addizionali relative per i mesi da aprile a dicembre 2007 (importo complessivo di Euro 361,50), nonchè l’omesso pagamento delle rate di acconto di accisa sul consumo di energia elettrica e relative addizionali per i mesi da gennaio a giugno 2008 (importo complessivo di Euro 197,10). Secondo quanto dedotto dall’Amministrazione, la società contribuente non aveva eseguito i pagamenti in questione utilizzando in compensazione il credito residuo maturato in sede di liquidazione della dichiarazione annuale di consumo relativa all’anno 2004 e presentata il 28 febbraio 2005 in asserita violazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 14, comma 2. Conseguentemente, era stato emesso sia un avviso di pagamento con il quale era stato intimato alla contribuente il pagamento della somma complessiva di Euro 623,59, contestato con separato ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Bologna (n. RG 1074/09), e il successivo atto di contestazione di sanzioni amministrative, oggetto del presente procedimento;

– la Commissione tributaria provinciale di Bologna, con sentenza n. 49/05/11 del 24 marzo 2011, ha accolto il ricorso;

– la Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna ha respinto l’appello, ritenendo che ogni rapporto relativo all’imposta di consumo si concluda con la dichiarazione annuale e solo con questa si realizzi il fatto costitutivo rappresentato dal pagamento di indebito, con conseguente diritto azionabile al rimborso. Di conseguenza, secondo quanto apprezzato dal giudice d’appello, il “riporto a nuovo” del credito maturato a conclusione di ciascuno dei periodi fissati dalla legge per la sua contabilizzazione ne determina la sua attualizzazione, anche ai fini dell’esercizio del diritto al rimborso nei termini stabiliti dal D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 14. E ciò in quanto “proprio le particolari modalità di pagamento dell’accisa in esame, incentrata sul meccanismo degli acconti calcolati sui consumi del corrispondente periodo precedente fa sì che alla chiusura annuale di ciascun periodo si determina un nuovo saldo creditorio o debitorio che, come affermato dalla società contribuente, va a costituire un nuovo credito o debito rispetto a quelli precedentemente maturati”;

– l’Agenzia delle dogane ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi;

– la Hera Comm s.r.l. si è costituita con controricorso e in prossimità dell’adunanza ha depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso si prospetta la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 14, comma 2, in relazione al cit. atto normativo, art. 56, e al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 19 e 21. Parte ricorrente, assumendo la violazione delle norme richiamate, deduce che la sentenza avrebbe disatteso il principio di diritto, enunciato da Cass. 16 novembre 2011, n. 24056, secondo cui il rimborso dell’accisa sul gas metano indebitamente versata va richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento, che segna il momento dal quale indefettibilmente decorre il termine decadenziale per l’esercizio del diritto alla restituizione;

– il motivo è infondato e deve essere respinto;

– secondo la prevalente giurisprudenza di questa Corte, in tema di accise sull’energia elettrica, il saldo creditorio che matura al momento della presentazione della dichiarazione annuale costituendo una modalità di pagamento dell’imposta, in quanto detratto ex lege dai successivi versamenti di acconto – non è reclamabile prima della chiusura del rapporto tributario, con conseguente decorrenza del termine biennale di decadenza del D.Lgs. n. 504 del 1995, ex art. 14, comma 2, (TUA), per il rimborso dell’eventuale credito di imposta dal momento della presentazione dell’ultima dichiarazione (Cass. 18 giugno 2019, n. 16261; Cass. 1 febbraio 2019, n. 3051; Cass. 17 aprile 2013, n. 9283);

– tale ultimo orientamento, valorizza la peculiarità del sistema di liquidazione dell’accisa per cui, ai sensi del TUA n. 504 del 1995, art. 26, comma 8, “l’accertamento dell’accisa viene effettuato sulla base delle dichiarazioni annuali, contenenti tutti gli elementi necessari per la determinazione del debito d’imposta. Il pagamento dell’accisa deve essere effettuato in rate mensili di acconto calcolate sulla base dei consumi dell’anno precedente, con eventuale conguaglio in fase di successiva dichiarazione di consumo”. Ed infatti, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 26, comma 8, il pagamento dell’accisa deve essere effettuato in rate di acconto mensili entro la fine di ciascun mese, calcolate sulla base dei consumi dell’anno precedente e il versamento a conguaglio è effettuato entro il mese di febbraio dell’anno successivo a quello cui si riferisce, per cui le rate mensili di versamento dell’accisa non corrispondono ad autonomi adempimenti di autonomi debiti, bensì a modalità di adempimento di un unico debito, frazionato, appunto, in più rate (Cass. n. 3051 del 2019; Cass. 12 febbraio 2014, n. 3100);

– tale impostazione risulta condivisibile in quanto rispetta anche quello che è il meccanismo di compensazione prescritto ai sensi del TUA, art. 56, comma 1, – secondo cui “le somme eventualmente versate in più del dovuto sono detratte dai successivi versamenti di acconto”, operante fino all’esaurimento del rapporto tributario medesimo. Invero, l’accredito – in quanto detratto ex lege dai successivi versamenti di acconto – risulta una modalità di pagamento dell’accisa sui consumi di energia elettrica (come di gas metano), per cui, in corso di rapporto tributario, non è configurabile come “pagamento indebito”, con conseguente inapplicabilità del termine di decadenza biennale TUA, ex art. 14, comma 2;

– il versamento in più dell’accisa diventa indebito nel momento in cui – terminata la somministrazione – rimane a conguaglio una maggiore somma versata che il contribuente non è più obbligato ad utilizzare in compensazione. Dunque, solo alla fine del rapporto tributario, nel caso in cui emerga dall’ultima dichiarazione di consumo, un conguaglio a credito, quest’ultimo darà luogo a un “pagamento indebito” e il contribuente – proprio come nel c/c ordinario ex art. 1823 c.c., al momento della chiusura del conto – potrà esigere il credito medesimo con decorrenza del termine biennale di decadenza TUA, ex art. 14, comma 2, dalla data del pagamento in eccesso che, in sostanza, coincide con il momento di presentazione dell’ultima dichiarazione annuale dalla quale sia risultato il credito di imposta;

– con il secondo motivo di ricorso si prospetta un error in procedendo/Nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c., in combinato disposto con il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2, per aver la Commissione tributaria regionale omesso di pronunciare sul motivo di appello dedicato alla legittimità dell’irrogazione delle sanzioni;

– il motivo è infondato poichè la questione è stata implicitamente ritenuta assorbita a seguito della pronuncia sulla legittimità della detrazione;

– stante la peculiarità e le oscillazioni giurisprudenziali in materia, si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta Sezione civile, il 26 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2020

 

 

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