Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19653 del 16/09/2010

Cassazione civile sez. I, 16/09/2010, (ud. 22/04/2010, dep. 16/09/2010), n.19653

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

R.D., elettivamente domiciliato in Roma, via Quintino

Sella 41 presso l’avv. Burragato Rosalba, che lo rappresenta e

difende, insieme con l’avv. Claudio Defilippi del Foro di Milano, per

procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto della Corte d’appello di Torino in data 2 luglio

2008, nella causa iscritta al n. 1087/07 R.G.V.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22 aprile 2010 dal relatore, cons. Dr. Stefano Schirò;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, dott. PRATIS Pierfelice che nulla ha osservato.

 

Fatto

LA CORTE

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico Ministero e notificata al difensore del ricorrente:

Il consigliere relatore, letti gli atti depositati;

Ritenuto Che:

1. R.D. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte di appello di Torino in data 2 luglio 2008 in materia di equa riparazione della L. 89 del 2001, ex art. 2;

1.1. il Ministro della Giustizia intimato non ha svolto difese;

Osserva:

2. il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, in quanto deve ritenersi che il diritto all’equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata del processo sorge con la costituzione in giudizio dell’interessato e quindi con la sua assunzione della qualità di parte in senso formale; infatti il sistema sanzionatorio delineato dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e tradotto in norme nazionali dalle L. n. 89 del 2001 non si fonda sull’automatismo di una pena pecuniaria a carico dello Stato, ma sulla somministrazione di sanzioni riparatorie a beneficio di chi dal ritardo abbia subito danni, patrimoniali e non patrimoniali, e in relazione a indennizzi modulabili in base al concreto patema subito da una parte processuale attiva che sia stata in concreto danneggiata dal superamento del termine ragionevole di durata del processo (Cass. 2006/26686; 2008/2983; 2009/16284);

2.1. anche il secondo motivo appare manifestamente infondato, in quanto è vincolante per il giudice nazionale, il disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a) ai sensi del quale è influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole di durata del processo (Cass. 2005/21597; 2008/14);

2.2. il terzo e quarto motivo appaiono inammissibili, in quanto i quesiti di diritto formulati ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c, applicabile alla fattispecie ratione temporis, sono del tutto generici, attengono a censure di merito sull’apprezzamento delle risultanze processuali da parte della Corte di appello e si risolvono comunque nel mero interpello della Corte di legittimità sul contenuto della censura così come illustrata, ma non contengono la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal giudice di merito e della diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Cass. S.U. 2008/2658; Cass. 2008/19769; 208/24339); inoltre il ricorrente non ha illustrato – ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. – i motivi di censura attinenti al dedotto vizio di motivazione (v. il riferimento nel quarto motivo all’art. 360, n. 5, c.p.c.) con la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, attraverso un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità e da evitare che all’individuazione di detto fatto controverso possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore (Cass. S.U. 2007/20603; Cass. 2007/16002; 2008/8897);

3. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilievi formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione;

ritenuto pertanto che, in base alle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato e che nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo il Ministero intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 22 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2010

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