Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19651 del 16/09/2010

Cassazione civile sez. I, 16/09/2010, (ud. 21/04/2010, dep. 16/09/2010), n.19651

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.G., C.E., FI.PI., S.

A., D.C.F. e P.B., domiciliati in Roma,

via Andrea Doria 48, presso l’avv. Abbate Ferdinando Emilio, che li

rappresenta e difende per procura in atti;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore;

– intimata –

avverso il decreto della Corte d’appello di Roma in data 8 febbraio

2008, nella causa iscritta al n. 52169/06 Ruolo affari diversi, alla

quale sono state riunite quelle iscritte ai nn. 52171, 52172, 52173,

52174 e 52175 dell’anno 2006;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21 aprile 2010 dal relatore, cons. Dr. Stefano Schirò;

udito per i ricorrenti l’avv. Roda Raineri;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, dott. RUSSO Rosario Giovanni, che nulla ha

osservato.

 

Fatto

LA CORTE

Rilevato che:

1. è stata depositata in cancelleria relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comunicata al Pubblico Ministero e notificata all’avvocato dei ricorrenti; F.G., C. E., Fi.Pi., S.A., D.C.F. e P. B., hanno proposto ricorso per cassazione avverso il decreto in data 8 febbraio 2008, con il quale la Corte di appello di Roma ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore di ciascuno dei menzionati ricorrenti della somma di Euro 4.000,00, a titolo di indennizzo per il superamento del termine di ragionevole durata di un processo instaurato davanti al Tar del Lazio con ricorso del maggio 1997 e definito con sentenza di rigetto del 5 ottobre 2004;

la Presidenza intimata non ha svolto difese e i ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

la Corte di appello di Roma ha accolto la domanda nella misura di Euro 4.000,00 per ciascun ricorrente, a titolo di indennizzo del solo danno non patrimoniale, avendo accertato una durata del processo superiore di quattro anni al termine ragionevole;

2. i ricorrenti censurano il decreto impugnato, proponendo due motivi con i quali lamentano:

la determinazione della durata non ragionevole nella misura di quattro anni, mentre la durata complessiva del giudizio (sette anni e cinque mesi) e il computo in tre anni del termine ragionevole di durata avrebbero dovuto indurre la Corte di merito a stabilire un periodo di durata non ragionevole pari a quattro anni e cinque mesi (primo motivo); l’insufficiente liquidazione delle spese processuali, con erronea applicazione delle tariffe professionali vigenti e con liquidazione di un onorario unico, malgrado la pluralità di cause riunite soltanto all’udienza in cui il giudizio è stato trattenuto in decisione (secondo motivo);

3. il primo motivo è manifestamente fondato; infatti il giudizio presupposto si è protratto dal maggio 1997 al 5 ottobre 2004 e, avendo la Corte di merito fissato in tre anni la durata ragionevole del giudizio, in conformità al parametro stabilito dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, la durata superiore al termine ragionevole avrebbe dovuto essere determinata in quattro anni e cinque mesi;

restano assorbite le censure in ordine alla liquidazione delle spese del giudizio di merito, dovendosi comunque procedere alla loro riliquidazione in ragione dell’accoglimento del ricorso sotto il profilo in precedenza rilevato;

4. le argomentazioni che precedono conducono all’accoglimento del ricorso, con conseguente annullamento del decreto impugnato in ordine alla censura accolta;

non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2; in particolare, determinato in quattro anni e cinque mesi il periodo di durata non ragionevole e fissato in Euro 1.000,00 per anno di ritardo, come stabilito dal giudice di merito con decisione sul punto non censurata, il parametro per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito nel processo presupposto, deve essere riconosciuto a ciascun ricorrente l’indennizzo di Euro 4.415,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, al cui pagamento deve essere condannata la Presidenza del Consiglio dei Ministri;

5. le spese del giudizio di merito – liquidate per ciascun ricorrente, essendo state le cause riunite nell’udienza in cui la causa è stata trattenuta in decisione (D.M. n. 127 del 2004, art. 5, comma 4; Cass. 2001/197; 2001/7908; 2003/4960; 2005/26089;

2006/15954) – e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397;

2008/25352), con distrazione delle stesse in favore del difensore dei ricorrenti dichiaratosi antistatuario.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo. Cassa il decreto impugnato in ordine alla censura accolta e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma di Euro 4.415,00, oltre agli interessi legali a decorrere dalla domanda.

Condanna inoltre la Presidenza soccombente al pagamento delle spese del giudizio di merito, che si liquidano per ciascun ricorrente in Euro 873,00, di cui Euro 378,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonchè di quelle del giudizio di cassazione, che si liquidano per tutti i ricorrenti complessivamente in Euro 505,00 di cui Euro 405,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione, per le spese di entrambi i giudizi, in favore del difensore dei ricorrenti, avv. Ferdinando Emilio Abbate, dichiaratosi antistatario.

Così deciso in Roma, il 21 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2010

 

 

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