Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1965 del 25/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 25/01/2017, (ud. 07/12/2016, dep.25/01/2017),  n. 1965

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6188-2014 proposto da:

Z.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIORGIO SCALIA

12, presso lo studio dell’avvocato VALERIO GALLO, rappresentato e

difeso dagli avvocati GIUSEPPINA PIGLIONICA ed ANDREA MIGLIAVACCA

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 101/24/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI MILANO, emessa il 25/09/2012 e depositata il

22/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI ROBERTO GIOVANNI;

udito l’Avvocato Andrea Migliavacca, per il ricorrente, che si

riporta agli scritti.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

Z.A. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, contro la sentenza della CTR Lombardia indicata in epigrafe, che ha rigettato il ricorso della parte contribuente avverso la cartella emessa dall’ufficio per il mancato pagamento di IVA per l’anno 2007.

L’Agenzia delle entrate, costituita con controricorso, ha chiesto il rigetto del ricorso.

I primi due motivi di ricorso sono inammissibili, riguardando censure mosse per la prima volta dalla parte contribuente nel corso del giudizio di legittimità.

Il terzo motivo, con il quale si prospetta la violazione di legge e l’omessa motivazione circa un fatto controverso per il giudizio in relazione alla possibilità di emendare la dichiarazione annuale, è fondato.

Ed invero, le sezioni unite di questa Corte – sent. n. 13378/2016 – pronunziando in tema di emenda delle dichiarazioni fiscali, hanno ritenuto che: “La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’Indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta odi un minor credito, mediante la dichiarazione integrativa di cui all’art. 2, comma 8 bis, è esercitabile non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’Imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante. La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi conseguente ad errori od omissioni in grado di determinare un danno per l’amministrazione, è esercitabile non oltre i termini stabiliti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43. Il rimborso dei versamenti diretti di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 è esercitabile entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento, indipendentemente dai termini e modalità della dichiarazione integrativa di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis. Il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, e dall’istanza di rimborso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria.

Orbene, a tali principi non si è conformato il giudice di appello, ritenendo di non potere esaminare, all’interno del procedimento giurisdizionale innescato dalla parte ricorrente per sostenere l’illegittimità della pretesa fiscale indicata in cartella, in relazione all’esistenza di IVA erroneamente calcolata nella dichiarazione dell’anno 2006, e poi emendata con dichiarazione integrativa del 15.4.2011, l’esistenza degli elementi idonei a determinare in modo corretto il volume di vendite e di IVA originariamente quantificato in misura eccessiva e rideterminando nella dichiarazione integrativa in modo da generare un credito d’imposta. L’omesso esame, in fase giudiziale, di tali elementi, che la CTR ha ritenuto di non potere considerare in relazione alla presentazione della dichiarazione integrativa oltre il termine di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2 commi 8 e 8 bis, integra, dunque, la violazione di legge ed il vizio motivazionale prospettati dalla parte ricorrente.

Il ricorso, in accoglimento del terzo motivo, inammissibili i primi due, va accolto e la sentenza cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR della Lombardia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Dichiara inammissibili i primi due motivi di ricorso, accoglie il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Lombardia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sesta sezione civile, il 7 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2017

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