Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19646 del 21/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 21/09/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 21/09/2020), n.19646

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. XXXXXX – Presidente –

Dott. XXXXXX – Consigliere –

Dott. XXXX – Consigliere –

Dott. XXXX – Consigliere –

Dott. XXXX – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12774-2015 proposto da:

DIAMOND CAR SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE TUPINI 113, presso lo

studio dell’avvocato RAMELLI CLAUDIO, rappresentato e difeso

dall’avvocato SILTI ROBERTO giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6738/2014 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 11/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/11/2019 dal Consigliere Dott. LOCATELLI GIUSEPPE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato SILTI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato ROCCHITTA che ha chiesto il

rigetto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con processo verbale di constatazione del 28.6.2005, i verificatori rilevavano che la società Diamond Car srl aveva acquistato autovetture di provenienza comunitaria attraverso soggetti interposti (quali Eurocars srl unipersonale, Automaxx srl e Atlantic srl società unipersonale e altre), che agivano in frode all’Iva comunitaria. Pertanto l’Agenzia delle Entrate notificava alla società un avviso di accertamento per l’anno di imposta 2004, con il quale considerava indeducibile il costo per l’acquisto delle autovetture dai predetti soggetti interposti per l’importo di Euro 459.041, determinando una maggiore Ires di Euro 151.484, una maggiore Irap di Euro 19.828 ed Iva indebitamente detratta per Euro 91.808.

Contro l’avviso di accertamento la società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Roma che lo accoglieva con sentenza n. 390 del 2012.

L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso alla Commissione tributaria regionale che lo accoglieva con sentenza n. 6738 del 11.11.2014. Il giudice di appello riteneva provato il meccanismo di interposizione fittizia descritto nel verbale di contestazione, di cui richiamava l’efficacia fidefaciente, osservando in particolare che le autovetture apparentemente acquistate dalla società interposta venivano in realtà recapitate direttamente dal cedente estero comunitario alla società interponente Diamond e che “il pagamento del corrispettivo era stato effettuato, come normalmente accade in questi casi, prima della consegna del mezzo oggetto dell’acquisto”.

Contro la sentenza di appello la società Diamond Car srl propone ricorso per cassazione sulla base di sei motivi. Deposita memoria.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.II primo motivo denuncia:”Violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, commi 1 e 2 (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – Omessa allegazione di atti posti a fondamento dell’avviso originariamente impugnato”, nella parte in cui la C.T.R. non ha ritenuto che l’omessa allegazione dei verbali di verifica redatti a carico delle società interposte, e semplicemente richiamati nel p.v.c. notificato alla Diamond srl, integri una violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7.

Il motivo è infondato. Premesso che la comminatoria della nullità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione è prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, art. 42, e non dalla L. n. 212 del 2000, art. 7 che non contiene previsioni sanzionatorie, non ricorre il vizio di legge denunciato. Il citato art. 42, comma 2, ult. periodo, dopo avere stabilito l’obbligo di allegazione degli atti menzionati nell’avviso che non siano già noti al contribuente, prevede, quale forma equipollente alla allegazione, la riproduzione nell’avviso del contenuto essenziale dell’atto richiamato. Nel caso in esame, dal processo verbale di constatazione notificato alla Diamond srl, trascritto dalle parti, risulta che in esso sono state trasfuse le ragioni per cui l’Ufficio ha ritenuto che taluni fornitori della Diamond fossero meri soggetti interposti con finalità di evasione dell’Iva intra-UE; attraverso il p.v.c. richiamato nell’avviso di accertamento, la società Diamond ha avuto conoscenza del contenuto essenziale delle verifiche effettuate a carico dei soggetti interposti, senza necessità di ulteriormente allegare i verbali di verifica notificati alle società interposte.

2.11 secondo motivo denuncia: “Violazione dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4, per omessa pronuncia sulla applicabilità alla fattispecie concreta in esame del D.L. 2 marzo 2012 n. 16, art. 8, comma 1, eccepita dall’odierna parte ricorrente nell’atto di costituzione del precedente giudizio”.

Il motivo è fondato. La ricorrente ha trascritto le proprie controdeduzioni con le quali ha richiesto al giudice di appello di considerare comunque deducibili, ai fini delle imposte dirette (Ires ed Irap) i costi documentati da fatture soggettivamente inesistenti. Ciò in applicazione del D.L. 2 marzo 2012 n. 16, art. 8, convertito nella L. 26 aprile 2012 n. 44, secondo cui, ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap, la indeducibilità dei costi e delle spese è limitata a quelli “direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo”, disposizione che, secondo la Relazione di accompagnamento al testo normativo, si traduce nella deducibilità, ai fini delle imposte dirette, dei costi e delle spese che riguardano operazioni commerciali di per sè lecite, ma in cui la fattura riferisce l’operazione economica a soggetto diverso da quelli che ha realizzato effettivamente la cessione del bene o la prestazione del servizio, fermo restando la necessaria verifica della sussistenza dei requisiti di certezza, inerenza e determinazione richiesti in via generale dall’art. 109, secondo l’interpretazione avallata dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez. 5, Sentenza n. 24426 del 30/10/2013; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17788 del 06/07/2018) La questione, dedotta nelle controdeduzioni depositate dalla società nel giudizio di appello, è stata ignorata dalla Commissione tributaria regionale che perciò è incorso nel denunciato vizio di omessa pronuncia.

3.11 terzo motivo denuncia: “Violazione e falsa applicazione della L. n. 537 del 1997, art. 14, comma 4-bis (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), come modificato dal D.L. 2 marzo 212 n. 16, art. 8 comma 1 – Deducibilità dei costi in questione poichè non derivanti da reato”, motivo dedotto in via subordinato nell’ipotesi in cui la precedente censura di omessa pronuncia venga ritenuta infondata in quanto il giudice di appello si sarebbe pronunciato implicitamente.

Il terzo motivo è assorbito dall’accoglimento del secondo.

4. Il quarto motivo denuncia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2700 c.c. -erronea estensione della pubblica fede ad elementi del PVC diversi dalla provenienza del medesimo dal pubblico ufficiale che l’ha formato, dalle dichiarazione al medesimo rese e dagli altri fatti dal medesimo compiuti o che questi attesti essere avvenuti in sua presenza”.

5.11 quinto motivo denuncia:”Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – Effettuazione dell’acquisto di autovetture a prezzi non inferiori al valore normale D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 60-bis “.

6.11 sesto motivo denuncia: “Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4). Omessa concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, in relazione alla circostanza, debitamente provata dalla ricorrente, della congruità dei prezzi di acquisto dei veicoli rispetto al valore normale degli stessi”, in quanto la sentenza impugnata ha adempiuto in maniera meramente formale ed apparente all’obbligo di motivazione.

I motivi da esaminare congiuntamente sono infondati.

Il novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile alla sentenza impugnata pubblicata dopo la data del 11.9.2012, preclude di dedurre l’insufficienza della motivazione quale motivo di ricorso per cassazione. Il vizio di motivazione apparente, deducibile a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 4 quale causa di nullità della sentenza per radicale mancanza dell’elemento essenziale della motivazione, può essere ravvisato esclusivamente nei caso in cui la motivazione, pur graficamente esistente, non rende percepibile quali siano le concrete ragioni per cui il giudice ha adottato quella determinata decisione (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016). Nel caso in esame il giudice di appello, sia pur sinteticamente, ha indicato le ragioni per cui ha ritenuto sussistente il meccanismo della interposizione (a titolo esemplificativo nella sentenza si afferma che le autovetture non transitavano dal soggetto interposto ma venivano spedite direttamente dal fornitore comunitario alla società Diamond; il soggetto interposto riceveva anticipatamente da Diamond la provvista finanziaria necessaria per effettuare l’acquisto presso il fornitore comunitario; i pagamenti della Diamond ai soggetti interposti erano effettuati per la maggior parte in contanti; la società Diamond non poteva ignorare il ruolo delle società “cartiere” perchè negli anni di imposta accertati aveva avuto molteplici contatti con più società interposte). Il riferimento alla efficacia fidefaciente del p.v.c. è da intendersi limitata alle circostanze specificamente indicate nell’art. 2700, tant’è che lo stesso giudice di merito esamina in concreto la rilevanza delle prove risultanti dal verbale, senza assegnarvi una aprioristica efficacia probatoria legale.

Con riferimento la regolarità formale della contabilità e dei pagamenti, ed alla circostanza della avvenuta vendita dei beni a prezzi in linea con il mercato, questa Corte ha ritenuti che si tratta di elementi privi di rilevanza ai fini della valutazione della sussistenza della “buona fede” del contribuente; infatti la regolarità formale dei pagamenti è connaturato alla fattispecie di evasione dell’Iva mediante fatture false in senso soggettivo, implicante ordinariamente la predisposizione di regolari modalità di pagamento delle fatture; la cessione dei beni a prezzi di mercato costituisce un elemento esterno alla fattispecie tipica, di per sè neutro rispetto all’apprezzamento della consapevolezza, in capo all’utilizzatore delle fatture soggettivamente false, circa l’esistenza di una frode Iva. (conformi Sez. 5, Sentenza n. 428 del 14/01/2015; Sez. 6 5, Ordinanza n. 11873 del 15/05/2018).

In accoglimento del secondo motivo di ricorso la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale in diversa composizione, la quale, ferma restando la ritenuta indetraibilità dell’Iva, valuterà la sussistenza delle condizioni per la deducibilità, ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap, dei costi documentati con fatture soggettivamente inesistenti, nei termini indicati nell’esame del secondo motivo di ricorso.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo, rigetta i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2020

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