Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19645 del 22/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 22/07/2019, (ud. 17/04/2019, dep. 22/07/2019), n.19645

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6329/2018 R.G. proposto da:

R.R., in proprio e quale legale rappresentante della

ASSOCIAZIONE R.R. CORSE, rappresentato e difeso, per procura

speciale in calce al ricorso, dall’avv. Giuseppe FEVOLA, presso il

cui studio legale sito in Latina, alla piazza della Libertà, n. 21,

è elettivamente domiciliato;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4318/18/2017 della Commissione tributaria

regionale del LAZIO, Sezione staccata di LATINA, depositata il

14/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/04/2019 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

Fatto

RILEVATO

che:

– in controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento di un maggior reddito d’impresa ai fini IVA, IRES ed IRAP per l’anno d’imposta 2007, con la sentenza impugnata la CTR rigettava l’appello proposto dal contribuente sostenendo che nel caso di specie non si applicava il termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, trattandosi di accertamento condotto a tavolino, che il motivo incentrato sull’illegittimità dell’avviso di accertamento perchè sottoscritto da funzionario privo di qualifica era inammissibile perchè nuovo, che nel merito la pretesa erariale era fondata su una serie di riscontri oggettivi e presunzioni discendenti da fatti circostanziati, gravi e concordanti;

– avverso tale statuizione il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui replica l’intimata con controricorso;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso viene dedotta la nullità della sentenza impugnata per difetto assoluto di motivazione, sub specie di motivazione apparente. Sostiene il ricorrente che la CTR si sarebbe “limitata a richiamare le motivazioni della sentenza di primo grado” e che avrebbe “inteso anche pronunciarsi su fattispecie non evidenziata dal ricorrente durante il primo grado di giudizio”, ovvero sulla mancata presentazione da parte dell’associazione della dichiarazione reddituale.

1.1. Il motivo, con riferimento al primo rilievo, è manifestamente infondato in quanto la sentenza impugnata ha un contenuto motivazionale del tutto autonomo ed originale, senza alcun richiamo alla sentenza di primo grado se non nella parte conclusiva dell’esposizione delle ragioni della decisione, in cui i giudici di appello affermano che “Da quanto premesso la sentenza impugnata non merita censura e in totale conferma della stessa si respinge l’appello del contribuente e si conferma la validità dell’avviso di accertamento”.

1.2. Il motivo è invece inammissibile con riferimento al secondo rilievo in quanto la pronuncia della CTR su questione non introdotta dalla parte avrebbe dovuta essere censurata per ultrapetizione, in violazione dell’art. 112 c.p.c..

2. Il secondo motivo, con cui viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 1 e 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 1, e art. 2697 c.c., è inammissibile in quanto, essendo incentrato sulla nullità assoluta dell’avviso di accertamento per difetto di delega al funzionario che l’ha sottoscritto, non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha dichiarato inammissibile il motivo d’appello perchè proposto in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, ovvero solo in grado di appello, come ammette lo stesso ricorrente affermando che “la doglianza” era stata “debitamente sollevata nel corso del giudizio di appello” (ricorso, pag. 6).

3. Con il terzo motivo il ricorrente censura la statuizione d’appello per violazione del principio della necessaria corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, sancito dall’art. 112 c.p.c., nonchè per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, e della L. n. 212 del 2000, art. 7, nonchè la “nullità della sentenza nella parte in cui considera tale eccezione come nuova”, intendendo, per “tale eccezione”, quella sollevata con riferimento alla violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, commi 3 e 4, per non avere l’amministrazione finanziaria informato il contribuente dell’inutilizzabilità della documentazione non esibita su richiesta.

4. Il motivo è inammissibile in ogni suo profilo di censura. Invero, quanto alla censura di nullità dell’eccezione di cui sopra si è detto, è appena il caso di rilevare che la sentenza impugnata non contiene alcuna statuizione di inutilizzabilità della documentazione prodotta dal contribuente. Invero, i giudici di appello hanno dichiarato l’inammissibilità della “seconda questione” esaminata, che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, la CTR ha individuato nella “illegittimità dell’avviso di accertamento perchè sottoscritto da funzionario privo di qualifica”.

5. Quanto, invece, alla violazione dell’art. 112 c.p.c., il motivo è inammissibile per difetto di specificità ed autosufficienza. E’ noto, infatti, il principio giurisprudenziale secondo cui “laddove sia stata denunciata la falsa applicazione della regola del “tantum devolutum quantum appelatum”, è necessario, ai fini del rispetto del principio di specificità e autosufficienza del ricorso per cassazione, che nel ricorso stesso siano riportati, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, i passi del ricorso introduttivo con i quali la questione controversa è stata dedotta in giudizio e quelli dell’atto d’appello con cui le censure ritenute inammissibili per la loro novità sono state formulate” (Cass. n. 11738 del 2016). Nella specie il ricorrente non ha specificato nel ricorso in cosa sarebbe consistita la dedotta violazione, ma anche a voler presumere che volesse riferirsi alla violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comunque non ha trascritto i passi dell’atto di appello in cui avrebbe riproposto la questione posta in primo grado, essendo insufficiente l’affermazione che “Tale eccezione veniva reiterata nel giudizio di secondo grado dinanzi la Commissione Tributaria Regionale” (penultima pagina del ricorso).

6. Deve, altresì, rilevarsi che nella rubrica del motivo il ricorrente deduce anche la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, e della L. n. 212 del 2000, art. 7. Anche tale censura è inammissibile perchè di essa il ricorso non contiene alcuno sviluppo argomentativo. Anche in questo caso, se si volesse ritenere che il ricorrente intendesse censurare la statuizione d’appello là dove aveva dichiarato inammissibile, perchè nuova, la censura di nullità dell’avviso di accertamento per difetto di delega al funzionario che l’ha sottoscritto, il motivo sarebbe inammissibile per difetto di specificità ed autosufficienza della censura, alla stregua del principio giurisprudenziale citato al precedente punto 5.

6. Conclusivamente, quindi, il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2019

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