Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19643 del 04/08/2017


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Cassazione civile, sez. II, 04/08/2017, (ud. 11/04/2017, dep.04/08/2017),  n. 19643

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8279-2013 proposto da:

P.F., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZALE CLODIO 14, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA ROMANA

GRAZIANI, rappresentato e difeso dagli avvocati MARIA DONATA MAMUSA,

MARCO PIBIRI;

– ricorrente –

contro

D.S., ((OMISSIS)), + ALTRI OMESSI

– controricorrenti –

e contro

B.F., DO.FR.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 378/2012 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI

SASSARI, depositata il 18/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/04/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso della

richiesta ex art. 96 c.p.c.;

udito l’Avvocato ANDREA GRAZIANI, con delega dell’Avvocato MARCO

PIBIRI difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

D.S. ed altri condomini del Condominio sito in (OMISSIS) convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di quella Città P.F. ed altri.

L’adito Tribunale, con sentenza n. 24/2005, dichiarava vigenti nel suddetto Condominio le tabelle millesimali predisposte dal CTU e di cui in atti, con condanna dei convenuti alla refusione delle spese di lite ed esclusione dagli atti di causa di una scrittura privata in data 25.6.1966 prodotta dal convenuto P. all’udienza del 13.5.2005.

Avverso la decisione del Tribunale il medesimo P.F. interponeva appello resistito dalle altre parti appellate eccetto quelle ( A. e M.A., M.A. e M.) rimaste contumaci.

L’adita Corte di Appello di Cagliari – Sezione Distaccata di Sassari, con sentenza n. 378/2012, rigettava l’appello, confermata la gravata decisione e condannava il P. al pagamento delle spese del giudizio in favore degli appellati. Per la cassazione della suddetta decisione della Corte territoriale ricorre il P. con atto affidato a cinque ordini di motivi, tutti – testualmente – denuncianti “il pronunciamento impugnato” e resistito dalle parti intimate di cui in epigrafe. Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di carenza motivazionale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 nonchè il vizio, ai sensi del n. 3 del medesimo articolo, di violazione e falsa applicazione dell’art. 69 disp. att. c.c.

Il motivo, quanto alla censura inerente la pretta carenza motivazionale, è inammissibile.

Con lo stesso si tende ad ottenere in questa sede una rivalutazione nel merito dell’apprezzamento dei fatti già congruamente svolto e motivato dal Giudice del merito.

Si è pertanto al cospetto di una impropria istanza di revisione della valutazione in fatto, giacchè “il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 non pùò equivalere e risolversi nella revisione del “ragionamento decisorio” (Cass. civ., Sez. L., Sent. 14 novembre 2013, n. 25608).

Deve, al riguardo, riaffermarsi il principio per cui “la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito emerga una totale obliterazione di elementi” (Cass. civ., S.U., Sent. 25 ottobre 2013 n. 24148).

Inoltre, ancora (ed il discorso varrà anche a proposito delle analoghe censure di tipo motivazionale di cui ai motivi seguenti), nella fattispecie trova applicazione il nuovo n. 5 dell’art. 360 c.p.c., attesa la data di deposito – 10 dicembre 2012 – della sentenza gravata.

Va, quindi, evidenziato che quanto alla doglianza relativa alla pretesa carenza motivazionale della gravata decisione il motivo è, altresì, inammissibile poichè presuppone come ancora esistente (ed applicabile nella concreta fattispecie) il controllo di legittimità sulla motivazione della sentenza nei termini in cui esso era possibile prima della modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, convertito nella L. n. 134 del 2012, essendo viceversa denunciabile soltanto l’omesso esame di uno specifico fatto decisivo che sia stato oggetto di discussione tra le parti, rimanendo – alla stregua della detta novella legislativa – esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. civ., SS.UU., Sent. n. 8053/2014).

“Parte ricorrente avrebbe dovuto far riferimento al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 applicabile ai ricorsi per cassazione proposti contro sentenze pubblicate a partire dall’11.9.2012 (D.L. n. 83 del 2012, conv. in L. n. 134 del 2012).

In quest’ottica, non si sarebbe potuto limitare a denunciare la insufficienza o contraddittorietà della motivazione, bensì avrebbe dovuto dolersi dell’omesso esame circa un fatto decisivo che fosse stato oggetto di discussione tra le parti. Invero, nel vigore del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non è più configurabile il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo, come detto, solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del medesimo art. 360 c.p.c., n. 4 (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13928 del 06/07/2015). Inoltre, l’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformato, va inteso, in applicazione dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, tenendo conto della prospettiva della novella, mirata ad evitare l’abuso dei ricorsi basati sul vizio di motivazione, non strettamente necessitati dai precetti costituzionali, supportando la generale funzione nomofilattica della Corte di cassazione.

Ne consegue che: a) l'”omesso esame” non può intendersi che “omessa motivazione”, perchè l’accertamento se l’esame del fatto è avvenuto o è stato omesso non può che risultare dalla motivazione; b) i fatti decisivi e oggetto di discussione, la cui omessa valutazione è deducibile come vizio della sentenza impugnata, sono non solo quelli principali ma anche quelli secondari; c) è deducibile come vizio della sentenza soltanto l’omissione e non più l’insufficienza o la contraddittorietà della motivazione, salvo che tali aspetti, consistendo nell’estrinsecazione di argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi, si risolvano (ma non è il caso di s’Ade) in una sostanziale mancanza di motivazione (Sez. 1, Sentenza n. 7983 del 04/04/2014).

Da ultimo, va ricordato che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie – (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

In definitiva, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza”della motivazione. In ordine all’invocata violazione di legge (art. 69 disp. att. c.c.) deve ritenersi l’infondatezza del motivo.

Parte ricorrente non esplicita quale principio sarebbe stato violato dal (per così dire, secondo l’affermazione della medesima parte) “il pronunciamento” della Corte distrettuale.

La censura, apparentemente in diritto, finisce – infatti – col sostanziarsi in tutto e per tutto (anche ove richiama impropriamente Cass. n.ri 7182/2012 e 7730/2000) in una contestazione di valutazioni in fatto (attribuzione in proprietà comune, adeguatezza dell’impianto, ecc…) già congruamente svolte nella competente farse del giudizio di merito.

Il motivo – nel suo complesso – non può, dunque, accogliersi.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di carenza motivazionale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 nonchè il vizio, ai sensi del n. 3 del medesimo articolo, di violazione e falsa applicazione dell’art. 69 disp. att. c.c.

Il motivo va rigettato per lo stesso ordine di argomentazioni innanzi già svolte sub 1.

3.- Con il terzo motivo parti ricorrente deduce il vizio di carenza motivazionale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 nonchè il vizio, ai sensi del n. 3 medesimo articolo, di violazione e falsa applicazione dell’art. 69 disp. att. c.c.

Il motivo, quanto alla censura ex art. 360 c.p.c., n. 5, va ritenuto inammissibile per il medesimo ordine di argomentazioni già svolte sub 1. In relazione alla censura di carenza motivazionale.

Quanto, poi, alla censura – apparentemente in punto di violazione di legge – deve osservarsi quanto segue.

Parte ricorrente lamenta, nella sostanza, l’invalidità delle tabelle millesimali relativamente a cantine e posti macchine ed alla possibilità di incremento del valore millesimale.

La censura, per molti versi attingente alla valutazione nel merito, difetta comunque in punto di autosufficienza mancando ogni opportuno specifico riferimento alle relazioni tecniche alla cui stregua si sarebbe potuta ritenere fondata la censura.

Il motivo va, pertanto, rigettato nel suo complesso.

4.- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di carenza motivazionale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 nonchè il vizio, ai sensi del n. 3 medesimo articolo, di violazione e falsa applicazione dell’art. 69 disp. att. c.c.

Il motivo deve essere rigettato nel suo complesso per il medesimo ordine di argomentazioni già innanzi svolte sub 1.

Per di più l’aspetto della censura relativo alla pretesa differenziazione ingiustificata dei coefficienti globali appare come censura nuova mai svolta in precedenza o documentata come non tale.

5.- Con il quinto motivo si denuncia il vizio di carenza motivazionale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 nonchè il vizio, ai sensi del n. 3 medesimo articolo, di violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c.

Trattasi di censure generiche e prive di fondamento.

Il motivo va, dunque, rigettato.

6.- va, altresì, disattesa la pur formulata istanza di condanna aggravata della parte ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c. non sussistendone gli estremi.

7.- le spese del giudizio vanno poste a carico della parte soccombente e liquidate così come in dispositivo.

8.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

PQM

 

LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore delle parti contro ricorrenti delle spese del giudizio, determinate in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2017

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