Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19643 del 03/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 03/10/2016, (ud. 31/03/2016, dep. 03/10/2016), n.19643

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2438/2014 proposto da:

DOUBLE V TRANSPORT SRL, (OMISSIS), in persona del suo legale

rappresentante p.t. Sig.ra V.G., considerata domiciliata

ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato NICOLA LA ROCCA, giusta procura

speciale notarile;

– ricorrente –

contro

SILT SISTEMI INTEGRATI DI LOGISTICA E TRASPORTI SRL, in persona del

legale rappresentante pro tempore Sig. S.P., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA LUTEZIA 5, presso lo studio dell’avvocato

RODOLFO ROMEO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MARCO TURCI giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 761/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 10/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

31/03/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato NICOLA LA ROCCA;

udito l’Avvocato RODOLFO ROMEO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 10/6/2013 la Corte d’Appello di Genova ha respinto il gravame interposto dalla società Double V Transport s.r.l. in relazione alla pronunzia Trib. Genova 28/1/2009, di rigetto della domanda proposta nei confronti della società S.I.L.T. s.r.l. di pagamento della differenza tra la tariffa di trasporto “a forcella” (TAF) e quanto effettivamente ricevuto in relazione a trasporti di containers effettuati tra il (OMISSIS).

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società Double V Transport s.r.l. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi.

Resiste con controricorso la società s.r.l., che ha presentato anche memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 164 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “nullità del procedimento”, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il 2 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” degli artt. 159 e 274 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 3 motivo denunzia “omissione e mancata valutazione di un fatto decisivo ai fini del giudizio”, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 4 motivo denunzia violazione dell’art. 91 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorso è inammissibile.

Esso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che la ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (es., all'”atto di citazione notificato in data 22.7.2005″, alla comparsa di costituzione e risposta di controparte, alla sentenza del giudice di prime cure, all’atto di appello, all’atto di costituzione e risposta nel giudizio di 2^ grado di controparte) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso nè fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 6/11/2012, n. 19157; Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/8/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente viceversa porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la pronunzia impugnata (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

Non può d’altro canto sottacersi che a fronte di generiche ed apodittiche denunzie di violazione di legge, non risultano invero sviluppati argomenti in diritto con i contenuti richiesti dal combinato disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, essendosi la ricorrente limitata a muovere apodittiche doglianze.

Ne consegue che i motivi sono nulli per inidoneità al raggiungimento dello scopo, e quanto dedotto dalla ricorrente si risolve nella proposizione in realtà di un “non motivo” (cfr. Cass., 8/7/2014, n. 15475; Cass., 1/10/2012, n. 17318; Cass., 17/1/2012, n. 537).

Vale in ogni caso ribadirsi che nel caso in cui si sia fatta valere avanti al giudice d’appello una nullità non sanata dell’atto di citazione del giudizio di primo grado, tale giudice non deve rimettere la causa al giudice di primo grado, nè deve porre termine all’intero giudizio a causa di detta nullità, ma – dopo aver dichiarato la nullità del procedimento di primo grado e avere consentito le attività dalla stessa impedite – deve decidere nel merito (salvo che nessuna delle parti gli abbia richiesto una pronuncia di merito, assumendo rilievo in tal caso il principio della necessaria corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato), considerata la mancanza di una garanzia costituzionale del principio del doppio grado di giurisdizione e il carattere eccezionale del potere del giudice di appello di rimettere la causa al primo giudice (v. Cass., 15/9/2004, n. 18571, ove si sottolinea che, concretandosi in una deroga al principio per il quale i motivi di nullità si convertono in motivi di gravame, tale potere può essere esercitato solo nei casi tassativamente previsti dagli artt. 353 e 354 c.p.c.).

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni della ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via, infatti, come sì è sopra osservato, lungi dal censurare la sentenza per uno dei tassativi motivi indicati nell’art. 360 c.p.c., in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 31 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2016

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