Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19641 del 16/09/2010

Cassazione civile sez. I, 16/09/2010, (ud. 27/10/2009, dep. 16/09/2010), n.19641

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – est. Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

R.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

MARRA ALFONSO LUIGI, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 870/06 R.G.A.D. della CORTE D’APPELLO di NAPOLI

del 29/06/06, depositato il 21/09/2006;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/10/2009 dal Consigliere e Relatore Dott. ONOFRIO FITTIPALDI;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

La corte d’appello di Napoli, con decreto del 21 settembre 2006 ha parzialmente accolto la domanda di condanna al pagamento di un’equa riparazione dei danni derivanti dall’irragionevole durata di un giudizio (avente ad oggetto il ricalcolo del t.f.r.) promosso da R.C. davanti al tar Campania con ricorso del 20 giugno 1998 non ancora deciso, liquidando, per un ritardo di cinque anni, la somma di Euro 2.500,00 oltre ad Euro 271,00 per spese. La R. ha proposto ricorso per cassazione al quale resiste la Presidenza del Consiglio con controricorso. E’ stata depositata relazione ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Deducendo diversi profili di violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001 e dell’art. 6 della convenzione europea dei diritti dell’uomo, cosi’ come interpretata dalla giurisprudenza di Strasburgo il ricorrente lamenta che la corte territoriale:

1) abbia erroneamente determinato in tre anni la durata ragionevole del giudizio presupposto;

2) abbia omesso di applicare i parametri di liquidazione normalmente seguiti dalla corte di Strasburgo per la liquidazione dell’indennizzo che deve essere rapportato alla durata dell’intero giudizio e non a quella parte dello stesso che eccede la durata ragionevole;

3) abbia omesso di liquidare il bonus di Euro 2.000,00.

2. Il ricorso e’ fondato nei limiti di cui alla motivazione che segue.

Nel determinare in tre anni la durata ragionevole del giudizio di merito la corte territoriale si e’ attenuta ai parametri normalmente seguiti dalla corte di Strasburgo.

Ai fini della liquidazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo l’ambito della valutazione equitativa, affidato al giudice del merito, e’ segnato dal rispetto della convenzione europea dei diritti dell’uomo, per come essa vive nelle decisioni, da parte della corte europea dei diritti dell’uomo, di casi simili a quello portato all’esame del giudice nazionale, di tal che e’ configurabile, in capo al giudice del merito, un obbligo di tener conto dei criteri di determinazione della riparazione applicati dalla corte europea, pur conservando egli un margine di valutazione che gli consente di discostarsi, purche’ in misura ragionevole, dalle liquidazioni effettuate dalla corte europea, la quale (con decisioni recentemente adottate a carico dell’Italia) ha individuato nell’importo compreso fra Euro mille/00 ed Euro millecinquecento/00 per anno la base di partenza per la quantificazione di tale indennizzo, ferma restando la possibilita’ di superare tali limiti, minimo e massimo, in relazione alla particolarita’ delle fattispecie (Cass. n. 8714/2006).

Peraltro, con la stessa decisione si e’ osservato che il rispetto della convenzione, per come e’ interpretata dalla corte di Strasburgo non concerne anche il profilo relativo al moltiplicatore di detta base di calcolo: mentre, infatti, per la convenzione europea per i diritti dell’uomo l’importo come sopra quantificato va moltiplicato per ogni anno di durata del procedimento (e non per ogni anno di ritardo), per il giudice nazionale e’, sul punto, vincolante la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a ai sensi del quale e’ influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole, ne’ tale diversita’ di calcolo tocca la complessiva attitudine della citata L. n. 89 del 2001 ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, e, dunque, non autorizza dubbi sulla compatibilita’ di tale norma con gli impegni internazionali assunti dalla repubblica italiana mediante la ratifica della convenzione europea e con il pieno riconoscimento, anche a livello costituzionale, del canone di cui all’art. 6, par. 1, della convenzione medesima (art. 111 Cost., comma 2, nel testo fissato dalla L. Cost. 23 novembre 1999, n. 2).

Quanto alla domanda di attribuzione di una somma forfettaria di Euro 2.000,00 in relazione alla natura previdenziale della controversia, non appare decisivo il richiamo alla sentenza della corte europea dei diritti dell’uomo 10 novembre 2004, Zullo, perche’ se la decisione richiamata ha ritenuto di riconoscere tale somma in caso di violazione del termine di durata ragionevole nei giudizi aventi particolare importanza, tra le quali ha annoverato le cause previdenziali, non ne deriva automaticamente che tutte le cause previdenziali debbano essere considerate di particolare importanza.

Spetta infatti al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa previdenziale abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, tale da giustificare l’attribuzione del bonus. Tale valutazione discrezionale non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, in caso di diniego di detta attribuzione, una motivazione implicita.

Liquidando una somma di Euro 500,00 per anno di ritardo il giudice del merito non si e’ attenuto ai parametri seguiti dalla corte di Strasburgo e pertanto la decisione deve essere entro questi limiti cassata.

3. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa puo’ essere decisa nel merito, liquidando per un ritardo di cinque anni la somma di Euro 4.250,00 sulla base del parametro di Euro 750,00 per i primi tre anni, in considerazione della minore entita’ dell’ansia e del patema d’animo nella prima parte del periodo di ritardo, e di Euro 1.000,00 per l’eventuale periodo successivo. Le spese vanno liquidate per intero quanto al giudizio di merito e per la meta’ per il giudizio di cassazione, previa compensazione dell’altra meta’, attesa la reciproca soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il provvedimento impugnato e decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere alla parte ricorrente la somma di Euro 4.250,00 per indennizzo oltre agli interessi legali su detta somma dalla data della domanda e le spese del giudizio che determina, per il giudizio di merito, nella somma di Euro 100,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti, Euro 490,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge e per il giudizio di cassazione, previa compensazione della meta’, in Euro 500,00 per onorari ed Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Dispone che le spese siano distratte in favore dell’avv. MARRA Alfonso Luigi che si e’ dichiarato antistatario.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della struttura unificata per l’esame preliminare dei ricorsi sezione prima civile, il 27 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2010

 

 

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